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Monti Annibale. Borgotrebbia dedica una via all’artista sordo

Alla presenza di numerose autorità e con l’attestazione di stima da parte del Consulente dell’E.N.S., prof. Cesare Magarotto, il 21 giugno 1997 si è svolta nella nuova Borgotrebbia (Piacenza) una commemorazione in onore dello scultore sordo Annibale Monti.

L’importanza della figura Annibale Monti, quale grande rappresentante dell’arte figurativa vissuto nella prima metà del secolo, è stata oggetto di studio ed argomento di tesi di laurea.

Annibale Monti
Annibale Monti

La figura di Annibale Monti, scultore piacentino d’inizio secolo, risulta imprescindibile nel necessario processo di recupero che andrebbe effettuato nei confronti di molti artisti che per destino si trovarono ad operare in cittadine di provincia o in luoghi non tradizionalmente destinati alla fruizione dell’opera d’arte quali cimiteri, ad esempio, o le case di riposo. Questo scultore merita una particolare attenzione, dopo inspiegabili decenni di silenzio avvenuti a seguito di una brillante carriera che lo aveva portato, ancora in vita, al successo ed alla fama a livello nazionale. Discendente da una famiglia di scultori viggiutesi (il nonno Antonio e gli zii Alessandro e Silvio avevano operato con discreto successo in varie città lombarde nella seconda metà dell’ottocento).

Annibale Monti nacque a Codogno il 27 novembre 1875 da Giuseppe, il quale, a differenza del padre e dei fratelli, non aveva intrapreso alcuna attività artistica. All’età di soli tre anni Annibale venne colpito da meningite, che lo rese sordomuto. La straordinaria intelligenza e numerose altre qualità del suo carattere fecero sì che questo handicap non risultasse mai un problema, né per la carriera artistica né per la vita sociale (pare del resto che con l’andare del tempo avesse acquistato una personalissima capacità di comunicare).

Frequentò l’Istituto per Sordomuti di Milano e successivamente si affermò all’Accademia di Belle arti di Brera quale valente allievo dello scultore lombardo Enrico Butti. L’artista visse a periodi a Codogno, Cremona e Piacenza, anche se, sposando nel 1907 la contessa Irene Arcelli Fontana, si trasferì nella città emiliana, dove ebbe quattro figli: Elena, Gabriella, Giuseppe e Ernani. Questo matrimonio naturalmente suscitò un certo scalpore, anche se in passato, all’inizio dell’ottocento, un’altra rappresentante della nobile piacentina, la contessa Teresa, aveva sposato un artista, il pittore Lorenzo Toncini.

Annibale Monti non è tanto da ricordarsi per le lapidi commemorative o per i busti ritratto, che pure rivestono un ruolo importante all’interno della sua produzione, quanto per i suoi eleganti ed originali monumenti funebri per opere di notevoli respiro e pregio, per squisiti ritratti di fanciulli, che poco hanno di retorico, vicini come sono alla suggestione di un’istantanea fotografica.

La sua produzione si estende per un arco di tempo tale da permettergli, in un primo tempo, di assumere ancora punti di tangenza con gli ultimi momenti della poetica ottocentesca, con certo descrittivismo di stampa naturalista, che aveva ad esempio caratterizzato l’opera dello zio Silvio. Anche se in scultura il manifesto del Verismo sociale è da sempre considerato il monumento “Le vittime del Lavoro” di Vincenzo Vela, del 1880, nelle cittadine di provincia la tematica sociale riesce a prendere piede, e con una certa difficoltà, solo a partire dai primi anni del novecento ostacolata in gran parte dalla critica più reazionaria che non tollerava l’inserimento di un tema laico, quello del lavoro, in contesti abitualmente destinati ad ospitare soggetti religiosi quali appunto cimiteri. Annibale Monti, che aveva sempre mantenuto assidui contatti con gli esponenti della cultura artistica lombarda di quegli anni, affrontò a più riprese i temi sociali, ora nella rappresentazione di figure di operai, ora in quella più simbolica degli strumenti da lavoro, a corredo di ritratti o di immagini devozionali.

Tuttavia fondamentale risulterà in questo senso la vittoria conseguita dall’artista al concorso bandito 1904 dalla società Operaia di San Gioacchino a Roma per esternare, attraverso una scultura i principi dell’Encicla “Rerum Novarum” che Papa Leone XIII aveva voluto promulgare proprio sulla questione operaia.

L’opera, attualmente collocata nel chiostro di S. Giovanni Laterano rappresenta un operaio che sostiene una croce e lo strumento di lavoro conciliando in questo modo sia l’istanza religiosa che quella sociale. Gli anni che seguirono il primo conflitto mondiale portarono l’artista ad eseguire numerosi ed imponenti monumenti ai caduti quali quello di Ferriere di Bettola o di Fontanafredda di Cadeo. L’autore risulta qui impegnato nel recupero di forme classicheggianti, influenzato dalle istanze di “ritorno all’ordine” che si andavano imponendo in Italia negli anni Venti. Per queste e altre opere, lo scultore venne spesso insignito di premi e riconoscimenti ufficiali; ad esempio, dalla rivista “Parla”, un periodico mensile dell’Istituto Nazionale per Sordomuti di Firenze, del gennaio 1930, si apprende che alla Mostra Nazionale Artistico – artigiana di Genova, il Monti presentò due graziose testine di putti che gli fecero aggiudicare una medaglia d’oro raffigurante un S. Giorgio e una galea ligure. Altre importantissime opere, sempre in territorio piacentino, sono da considerare le due collocate alla galleria d’arte Ricci – Oddi, donate dalla figlia Gabriella nel 1991.

Si tratta di “Monumento ad Elena”, del 1930, e de “Il dolore” del 1910. Nel primo caso, la splendida fanciulla raffigurata distesa su un letto, è la figlia dello scultore, morta improvvisamente a soli diciotto anni. La seconda opera rappresenta invece un busto di donna straordinariamente modellato, sul viso della quale leggiamo il sopraggiungere dell’angoscia, resa perfettamente dall’artista che fornisce anche in questo caso prova di notevole raffinatezza nel cogliere i moti dell’animo e nell’immortalarli. Annibale venne colpito da infarto nell’ottobre 1940. La figlia Gabriella si prese cura di lui per un intero anno, in quanto al malore seguì una paralisi che lo trattenne immobile a metto per un intero anno. Morì l’undici ottobre 1941.  I giornali non parlarono più di lui se non nell’occasione del necrologio.

Anche in seguito non gli venne prestata, purtroppo, la dovuta attenzione: solo coloro che lo avevano amato ed apprezzato seppero mantenere viva la memoria della sua opera (da La Settimana del Sordo).         ps019 (1997)

PER SAPERE DI PIU’

Famiglia degli scultori Monti

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«La storia non è utile perché in essa si legge il passato, ma perché vi si legge l’avvenire» (M.D’Azeglio)
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“Storia dei Sordi. Di Tutto e di Tutti circa il mondo della Sordità”, ideato, fondato e diretto da Franco Zatini

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