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Ipoacusie infantili ed acquisizione del linguaggio

Ipoacusie infantili ed acquisizione del linguaggio.
Il problema
Se dai rapporti basilari della vita di relazione si togliesse la possibilità di recepire il messaggio sonoro ci potremmo trovare nelle condizioni del sordo come definito da Louise Trenque: come lo spettatore, cioè, di un film permanentemente sonoro per tutti e muto solo per il sordo stesso.
Se consideriamo inoltre che nell’ambito del messaggio sonoro il linguaggio parlato svolge il ruolo più importante per la comunicazione interpersonale, possiamo ben rilevare come la mancata acquisizione del linguaggio stesso, con la impossibilità a recepirlo, venga a costituire una tremenda barriera fra gli uomini, sia che si consideri l’uomo come individuo inserito in un vasto contesto socio-culturale, sia che lo si consideri singolarmente sotto il profilo del suo sviluppo psico-intellettivo.
Il linguaggio non lo si acquisisce spontaneamente senza normali potenzialita’ psico-fisiche, essendo esso l’espressione di molteplici funzioni che, solo se tutte integre, permettono all’individuo lo sviluppo del patrimonio linguistico. La prima di queste funzioni e’ proprio quella uditiva.
L’iter che lo sviluppo del linguaggio segue, comincia con la recezione del linguaggio parlato, della parola, prende forma con la sua acquisizione, codificazione e decodificazione e si concretizza nella sua riproduzione.
Se a questa catena togliamo proprio il primo anello ben si comprende come il rimanente “iter” diventi impossibile da percorrere fisiologicamente.
Alla luce di questi concetti appare chiarissima quindi la stretta relazione fra udito e linguaggio tanto che (d’accordo con Charachon), possiamo affermare che se un bambino presenta una ipocusia grave o gravissima,congenita, o acquisita prima dello sviluppo del linguaggio, non potra’ sviluppare correttamente lo stesso in maniera spontanea. Verranno infatti a mancare a questo bambino tutti quegli stimoli sonori, assimilando i quali invece egli stesso sara’ in grado, riproducendoli, di realizzare il linguaggio parlato.
Ma la grave sordita’ infantile e’ ancora altro. La sensazione di isolamento che questa condizione causa porta ad emarginazione, porta a deficit dello sviluppo globale della personalita’ del bambino, porta alla formazione di un individuo incompleto, incapace di comunicare con gli altri, frustrato, in quanto non gratificato, gia’ dalla piu’ tenera eta’, da uno dei primi i conforti che aiuta l’uomo e che e’ la voce materna. Da non trascurare inoltre il fatto che l’espressione del pensiero dipende molto dalle parole: e’ difficile pensare compiutamente senza l’aiuto delle parole e senza queste e’ difficile per il bambino sordo partecipare ai pensieri ed alle esperienze esterne in modo da aiutare il suo sviluppo intellettuale.

Le cause
Molteplici sono le condizioni patologiche che possono tradursi in una grave ipoacusia nei bambini e in relazione all’epoca di insorgenza delle cause che producono tali condizioni possiamo riferirci ad una classificazione che ruota intorno al momento della nascita. Possiamo quindi trovare eventi patologici che si realizzano prima del parto, al momento del parto e dopo il parto. Tra le cause prenatali dobbiamo comprendere sia i fattori ereditari su base genetica, sia le “noxae” che vanno a danneggiare l’embrione o il feto, dando esito a ipoacusia congenita.
Nel gruppo perinatale comprenderemo tutti i fattori che possono creare “incidenti” al momento stesso del parto e nelle ore subito seguenti. Nelle cause che intervengono dopo il parto bisogna considerare tutta la varia patologia acquisita che puo’ danneggiare l’udito dei piccoli soggetti prima dell’acquisizione del linguaggio.
La maggior parte di questa patologia e’ caratterizzata da lesioni a carico dell’apparato neuro-sensoriale dell’orecchio interno dovuto o al mancato sviluppo prima della nascita o al danno a carico della coclea o del nervo acustico nell’intorno del parto oppure a lesioni dell’organo del Corti dovute a malattie che intercorrono nella primissima infanzia.
L’incidenza della ipoacusia congenita su base ereditaria di tipo percettivo e’ regolata dalle leggi di Mendel e varia a seconda che la trasmissione avvenga con caratteristiche di dominanza o di recessivita’. In caso di gene dominante, in cui un solo genitore possiede il gene “patoforo”, il 50% dei figli presentera’ alterazioni. In caso di recessivita’, in cui entrambi i genitori possiedono il gene “patoforo”, l’incidenza e’ del 25%.
E’ noto ormai da tempo il fatto che la sordita’ congenita ricorre fortemente in particolari famiglie, e che la sordita’ stessa puo’ essere associata ad altre alterazioni congenite. Ricorderemo fra queste patologie complesse la Sindrome di Waandemburg che, oltre alla sordita’, puo’ presentare alterazioni a carico degli occhi e dei capelli, la Sindrome di Usher, in cui la sordita’ e’ associata a una retinite pigmentosa, la Sindrome di Tietz, in cui troviamo sordita’ ed albinismo con una particolare colorazione blu dell’iride ed un difetto nel metabolismo della tirosina, la Sindrome di Pendred, con sordita’ associata a gozzo e ancora le sindromi di Hurler, di Tay-Sachs, di Alport, per citare le piu’ note.
Nel gruppo delle cause pre-natali con danno embrionale dobbiamo ricordare la rosolia, malattia esantematica di non particolare patogenicita’ se contratta nell’infanzia, ma che se contratta da una donna entro i primi 3-4 mesi di gravidanza, puo’ produrre, fra altri gravi danni, una profonda ipoacusia percettiva danneggiando le strutture nervose della coclea embrionale. Ma anche altre cause possono provocare danni all’embrione, come altre forme di virosi, compresa l’influenza, intossicazioni esogene o endogene, come il diabete materno, l’assunzione di farmaci o stupefacenti, la sifilide congenita, il toxoplasma,le droghe pesanti.
Le cause perinatali che agiscono in un tempo che va da poco prima della nascita, compreso il momento del parto, a un breve periodo subito dopo la nascita, si manifestano con tossiemia nell’ultimo stadio della gravidanza, con il parto prematuro, con i traumi da parto, con l’anossia o ipossia e con l’ittero neonatale da incompatibilita’ materno-fetale per il fattore Rh. Se una madre con il fattore Rh negativo ha concepito un bambino Rh positivo, il fattore Rh del feto (antigene) puo’ trasferirsi nel sangue della attraverso la circolazione placentare. La madre quindi forma anticorpi anti Rh. che circolano tra madre e feto.
Tuttavia durante la prima gravidanza la concentrazione di questi anticorpi e’ piuttosto bassa, mentre aumenta nelle successive, fino a superare un punto critico e dar luogo a una reazione antigene-anticorpo. Questo tipo di reazione distrugge i globuli rossi del feto per emolisi producendo liberazione di bilirubina nel sangue del feto stesso. Prima della nascita queste sostanze vengono eliminate dal fegato della madre, ma subito dopo, il fegato del bambino, ancora immaturo, non e’ in grado di farlo, per cui la bilirubina in circolo aumenta provocando sia un ittero cutaneo sia, superando la barriera ematoencefalica, la pigmentazione di cellule nervose fra cui i nuclei cocleari, il cui danno esita quindi in sordita’. Questo danno puo’ essere evitato programmando ed effettuando sul neonato tempestivamente una sostituzione totale del suo sangue.
Purtroppo non e’ sempre possibile, nei bambini nati sordi determinare la causa della sordita’: dal 20 al 40% dei casi l’eziologia rimane sconosciuta.
Fra le cause che intervengono dopo la nascita ricorderemo infine che ipoacusie di tipo percettivo con danno cocleare o a carico dell’ VIII paio di nervi cranici possono derivare da alcune comuni malattie infettive, come morbillo o parotite, che si manifestino in forme particolarmente virulente, o anche per gravi forme meningitiche, nonche’ per fatti otitici di particolare gravita’ che compromettono anche e soprattutto l’apparato di trasmissione.

Aspetti audiometrici
I quadri audiologici che rispecchiano i tipi di patologia descritta sono vari e si configurano in diagrammi a curva piatta, o in discesa verso destra, o a corda molle in salita verso destra, o con pochi residui sulle basse frequenze, per le ipoacusie da ereditarieta’; si visualizzano nelle curve piatte da cause prenatali con danno embrionale; si concretizzano in una netta caduta sulle frequenze acute per le cause prenatali. Le curve da cause post-natali si presentano in genere in discesa verso destra.
Quando sussiste il minimo dubbio che il bambino abbia un deficit uditivo e’ di basilare importanza procedere a quegli accertamenti che conducano a una diagnosi non solo precoce ma la piu’ accurata possibile.
Diagnostica
Quando una madre sospetta che il suo bambino sia sordo e’ molto difficile che si sbagli ed e’ imperdonabile liquidarla dicendole che si sbaglia senza aver praticato uno o piu’ accuratissimi esami dell’udito del bambino.
Nell’era attuale mezzi tecnici molto avanzati ci permettono di esplorare le capacita’ uditive addirittura sul feto e molto accurati sono gli studi dell’audiologia in campo neonatale. Abbiamo a disposizione sofisticate apparecchiature di audiometria obiettiva che vanno dall’ E.R.A. all’ E.Co.G. alla Impedenzometria all’A.B.R. che ci consentono di appurare, senza la collaborazione dei piccoli pazienti,le loro capacita’ uditive.Apparecchiature altrettanto avenzate abbiamo a disposizione per le indagini su bambini piu’ grandi e vanno dalla audiometria comportamentale,all’uso dei riflessi condizionati per il Peep-Show, all’audiometria vocale, alla normale audiometria tonale effettuata con i piu’ perfezionati audiometri e in ambienti insonorizzati.

Trattamento
L’obiettivo principale rimane quindi la diagnosi precoce. Precocita’ che va sempre tenuta presente in ordine all’acquisizione del linguaggio, onde provvedere, se necessario, a una tempestiva e corretta protesizzazione acustica dei piccoli pazienti. Protesizzazione che, insieme alla precoce istituzione di un programma rieducativo, costituisce l’altro cardine per il recupero al linguaggio dei bambini ipoacusici. Questa rieducazione e’ nella maggior parte dei casi realizzabile da personale altamente qualificato e preparato, nonche’ affettivamente disponibile, e in istituzioni con attrezzature idonee ad attuare questo particolarissimo e delicatissimo compito sociale che costituisce il fulcro per il reinserimento nella famiglia e nella societa’ del sordo grave.
Nei tempi passati i sordi venivano considerati idioti. Non avevano posto nella societa’ e costituivano un ingombro. Ma anche nei tempi passati il problema del linguaggio nei sordi e’ sempre stato oggetto di attenzione da parte di studiosi, soprattutto religiosi.
Il Venerabile Beda (673 d. C.) parla di un ragazzo muto che, guidato e istruito da S. Giovanni di Beverly, imparo’ a ripetere prima lettere e sillabe, poi parole e frasi: ma a quell’epoca questo fenomeno era considerato un miracolo.
L’educazione del sordo, erroneamente definito sordomuto, fu iniziata in maniera sistematica in Spagna, nel sec. XVI, dal padre benedettino Pedro Ponce de Leon e continuata da un altro benedettino, Juan Pablo Bonet, che usava un metodo soprattutto orale, teso cioe’ soprattutto a insegnare ai sordi a parlare.
Nel 1644, Sir K. Digby parla di un nobile spagnolo, nato sordo, che aveva imparato a parlare sotto la guida di un prete. Non poteva pero’ governare il tono della voce e finiva la frase con lo stesso tono con cui l’aveva cominciata. Guardava, inoltre, attentamente la faccia di chi gli parlava e nel buio non riusciva a capire nulla. Era gia’ realizzata quindi la lettura labiale, che ancora oggi costituisce parte preponderante nel sistema comunicativo degli ipoacusici gravi.
Ma ancora a monte dei programmi di rieducazione e di reinserimento e’ importante un serio protocollo di prevenzione: se parliamo infatti di recupero e’ chiaro che il danno e’ ormai fatto e che si sta correndo ai ripari. Se la medicina di oggi e’ tesa non a curare i malati ma a non far ammalare i sani, appare importante la realizzazione del piu’ vasto e ponderato programma preventivo.
Prevenzione a tutti i livelli: dalla sensibilizzazione ad evitare matrimoni fra consanguinei per le malattie ereditarie, alla profilassi anti-rosolia e anti-Rh, alla istituzione di consultori prematrimoniali e della famiglia, allo screening audiometrico di routine nell’ambito scolastico.
Ed e’ verso la famiglia che va orientata un’altra particolare cura in quanto i genitori di bambini sordi possono trovarsi ad affrontare particolarissimi problemi psicologici. Alcuni di questi genitori nutrono rancore, altri un senso di colpa. Alcuni vedono buio il futuro, altri rifiutano di credere alle condizioni del loro congiunto e affrontano l’inutile ricerca di un qualcuno che gli dica che cio’ che sanno non e’ vero. Con questi atteggiamenti, nessuno puo’ aiutare il bambino sordo.
Non esiste colpa, non deve esserci paura. Il problema va affrontato senza risentimenti e l’ attenzione deve essere continua, l’ impegno incessante, fino agli anni della scuola, dell’ adolescenza, dell’ eta’ adulta, perche’ infine questi soggetti possano restituire alla societa’ quelle energie e quelle forze produttive che la societa’ stessa investe sulla loro persona.
La sordita’ e’ un male tremendo: “E’ il senso di solitudine, di isolamento che la fa sembrare cosi’, e’ la mancanza di comprensione da parte di coloro che sentono. Il problema del bambino con una sordita’ congenita e’ diverso da quello dell’uomo o della donna con una ipoacusia acquisita dopo gli anni attivi della scuola e della adolescenza. Il duro d’ udito che con gli anni ha una ipoacusia progressiva e’ un altro problema ancora. Ma per tutti l’handicap e’ uguale: e’ l’ handicap del mondo del silenzio, la difficolta’ di comunicazione con il mondo che sente e che parla”.
Sono parole di Scott-Stevenson. E’ questo il nodo del problema della sordita’.Quale sia la causa, l’eta’, l’ entita’ del deficit, il problema piu’ grave e’ la difficolta’ di comunicazione del sordo con chi sente, e viceversa.
Ed ancora Gesell scrisse nel 1956: “Non e’ normale essere sordo, ma i sordi invece sono individui perfettamente normali se noi li aiutiamo a superare i vari problemi del loro handicap. Il nostro scopo dovrebbe essere quello di fare del bambino sordo un individuo equilibrato, capace di affrontare i limiti e i problemi del proprio handicap, e non una brutta copia di un individuo normoudente”.
Fonte: Salus.it (2005) in012 (2006)

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