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Documento della Commissione Falcucci sugli interventi a favore degli alunni disabili (1975)

Interventi a favore degli alunni handicappati. Circolare del Ministero della Pubblica Istruzione 8 agosto 1975, n.227.
Sulla scorta delle indicazioni emerse dalle analisi ed elaborazioni recentemente svolte sui vari problemi educativi e scolastici degli alunni handicappati, in uniformità ad analoghi criteri seguiti dal legislatore con riguardo ai mutilati ed invalidi civili (art. 28, L.30/3/71, n.118), si è ritenuto di proporre l’adozione di misure e modalità organizzativi utili e applicabili per facilitare, per quanto possibile, un sempre più ampio inserimento di detti alunni nelle scuole aperte a tutti gli allievi. Tale obiettivo, che non è incompatibile con la necessaria continuità dell’opera degli istituti speciali e delle strutture specializzate oggi esistenti, sarà reso possibile dalla stessa trasformazione e dal rinnovamento delle scuole comuni, che dovranno essere progressivamente messe in grado di accogliere anche i discenti che, nell’età dell’obbligo scolastico, presentino particolari difficoltà di apprendimento e di adattamento.
Non ci si nasconde la complessità e la gravità dei problemi di natura strutturale ed organizzativa da risolvere, per conseguire risultati apprezzabili, nell’azione volta all’integrazione scolastica e sociale dei suddetti allievi, ma, proprio per questo vanno studiati tempi e forme concreti di interventi significativi sui quali occorrerà richiamare l’attenzione e cercare il consenso degli organi collegiali di governo delle istituzioni scolastiche, per l’alto valore democratico che l’integrazione scolastica degli alunni handicappati riveste. Integrazione che richiede certamente un nuovo modo di essere della scuola – come sottolinea una sezione, qui allegata, del documento conclusivo di una Commissione di esperti che ha affrontato la tematica in oggetto – ma che sollecita e impone anche decisioni graduali e coerenti sul piano dell’azione amministrativa.
Anche in questa materia il Distretto scolastico, con la determinazione sul piano del territorio dei bisogni formativi, potrà costituire la condizione di più agevole superamento delle difficoltà di cui si è detto.
La dimensione territoriale dovrà, quindi, essere sin da ora considerata, per misurare la validità del programma che qui di seguito si espone.

RAGGRUPPAMENTI DI SCUOLE
In ciascuna provincia le SS.LL. individueranno, nel l’ambito territoriale che le coinvolga per competenza, uno o due gruppi di scuole – per le province più grandi si può pensare anche a più di due gruppi – presso le quali promuovere le forme organizzatile che si indicano.
Tali gruppi, costituiti da una scuola materna, una scuola elementare e una scuola media, dovranno essere individuati considerando come parametri ottimali un minimo di dieci classi (con una punta possibilmente non superiore alle quindici) per la scuola elementare, un minimo di nove classi (con una punta possibilmente non superiore alle ventiquattro) per la scuola media.
Le scuole saranno prescelte tenendo conto altresì della necessità che le medesime dispongano di qualche aula in più per prevedibili espansioni e per lo svolgimento di attività speciali ed extracurriculari, di palestra o salone, di apposito locale per il servizio medico e di sufficiente spazio all’aperto. Naturalmente gli accessi agli edifici e alle aule non dovranno presentare impedimenti rilevanti per gli alunni che abbiano difficoltà motorie.

REPERIMENTO ED INSERIMENTO DEGLI ALLIEVI
Presso le dette scuole dovrà essere attuato l’inserimento di allievi aventi disturbi o difetti fisici, psichici o sensoriali, compresi nella giurisdizione territoriale delle tre scuole, che non le frequentino per vari handicaps oppure che siano inseriti in scuole speciali o in classi sperimentali (ex differenziali), o siano ancora ricoverati in istituti funzionanti altrove.
L’inserimento dei soggetti reperiti, in un primo avvio sperimentale, dovrà essere graduale, realizzato anche in corso d’anno, con eventuale sdoppiamento di quelle classi o sezioni che, per effetto dell’aggregazione di nuovi iscritti, si rivelassero troppo numerose.
Si reputa pedagogicamente e didatticamente opportuno non superare di norma i venti allievi per classe o per sezione di scuola materna.
Le tre scuole dovranno poter disporre di una o più equipes (a seconda del numero delle classi o sezioni) per il reperimento degli allievi, per l’esame dei casi e per l’assistenza psico-socio-pedagogica. Il servizio dovrebbe poter essere svolto dalle stesse equipes per le tre scuole in modo da consentire i necessari collegamenti e omogeneità di interventi.
Le SS.LL. metteranno a disposizione delle scuole tali servizi stipulando le convenzioni disciplinate dalla C.M. n. 191/17 del 19/8/74, Direzione Generale istruzione secondaria di 1° grado-Servizio scuola materna e dalle istruzioni che saranno ulteriormente e prossimamente fornite nell’anno scolastico 1975/76.
Per l’inserimento degli alunni handicappati non si faranno distinzioni di minorazioni purché l’immissione sia possibile e positiva per i soggetti. Non sono neppure da escludersi alcuni minorati della vista e dell’udito sempre che abbiano acquisito un grado di capacità strumentale di comunicazione attiva e passiva con gli altri, tale da consentir loro di fruire in modo pieno dell’attività educativa svolta dai docenti e dafl’ambiente scolastico nel suo complesso.
Come si detto prima, l’inserimento degli allievi in difficoltà nelle scuole comuni dovrà essere favorito dall’opera e dall’impegno dei nuovi organi collegiali di governo delle istituzioni scolastiche. I Consigli di istituto e di circolo, i consigli di classe e interclasse, svolgeranno certamente un’opera opportuna di sensibilizzazione a favore di una convinta accettazione di fanciulli svantaggiati nella scuola, per ottenere che quest’ultima attui realmente le sue finalità sociali e i principi richiamati nel documento chi si unisce.

CRITERI ORGANIZZATIVI
Questo Ministero disporrà ogni possibile intervento che sia richiesto e che venga ritenuto utile e necessario, in termini di organizzazione di tempo pieno e di disponibilità di sussidi didattici di cui potrà essere chiesta la acquisizione in relazione a particolari attività formative ed a necessità individuali di qualche soggetto.
A titolo sperimentale, per i fini che interessano, in tutte le tre scuole, fermi restando gli obblighi di orario e di servizio previsti per i docenti, potrà essere consentita una maggiore flessibilità organizzativa in termini di orario giornaliero e settimanale degli allievi e in termini di raggruppamento dei discenti in classi “aperte” o per livelli di apprendimento secondo le proposte che saranno formulate dai corpi docenti e trasmesse dalle SS.LL. a questo Ministero – Ufficio Studi e Programmazione – Ufficio speciale per il coordinamento delle attività a favore degli alunni handicappati, alle due Direzioni generali competenti e al servizio scuola materna.
Il lavoro proposto potrà essere avvalorato dalla disponibilità di dirigenti e di docenti adeguatamente preparati, professionalmente capaci di affrontare le particolari condizioni di lavoro che saranno determinate dall’inserimento di ragazzi minorati nelle scuole comuni e motivati a svolgere un lavoro di tanto impegno e delicatezza.
Sulla base delle segnalazioni che le SS.LL. riceveranno dai Presidi e dai Direttori Didattici, saranno utilizzati presso le scuole individuate, con priorità, docenti di ruolo e non di ruolo già in servizio presso le scuole nelle quali si pensa di avviare tali iniziative. Qualora non fosse possibile utilizzare questo personale, le SS.LL. d’intesa con il Direttore Didattico o con il Preside, disporranno l’utilizzazione di docenti di ruolo in servizio presso altre scuole della stessa Provincia o conferiranno incarichi a tempo indeterminato a docenti compresi nella graduatoria provinciale e che siano da nominare in relazione al numero dei posti effettivamente disponibili nella Provincia. Nel conferimento di detti incarichi verrà data la precedenza a coloro che, all’atto della presentazione della domanda di cui all’annuale ordinanza ministeriale sul conferimento degli incarichi, abbiano documentato di aver seguito corsi universitari di specializzazione, di aver frequentato corsi o seminari di aggiornamento in materia di educazione speciale organizzati o riconosciuti dall’Amministrazione scolastica. A parità di titoli, sarà seguito l’ordine di graduatoria.

GRUPPO DI LAVORO PRESSO I PROVVEDITORATI AGLI STUDI
Per affrontare i vari problemi connessi con l’attuazione della proposta illustrata, le SS.LL. costituiranno presso l’Ufficio di Provveditorato un gruppo di lavoro composto almeno da un Ispettore tecnico periferico, un Preside, un Direttore Didattico e tre docenti esperti in educazione speciale (uno di scuola materna, uno di scuola elementare, uno di scuola media) con il compito di assistere le SS.LL. nella scelta delle scuole e di seguirne l’attività.
Il Gruppo di lavoro vaglierà le proposte dei Presidi, dei Direttori e dei consigli di istituto e di circolo in ordine alle iniziative per il tempo pieno, ai corsi di sostegno e agli insegnamenti speciali; terrà gli opportuni contatti con le equipes e con le associazioni dei genitori. Esso raccoglierà tutti i dati relativi al funzionamento delle scuole, ai risultati via via raggiunti, alle difficoltà incontrate e ne farà oggetto di una relazione finale, nella quale saranno pure espresse osservazioni e proposte per l’eventuale estensione dell’iniziativa in altre scuole della Provincia.
IL MINISTRO MALFATTI


 

DOCUMENTO FALCUCCI 1975.
Relazione presentata al Parlamento italiano dalla Commissione presieduta dal Sen. Franca Falcucci nel 1975, cosiddetto il “documento Falcucci”.

PREMESSA
La preliminare considerazione che la Commissione ha ritenuto di fare è che la possibilità di attuazione di una struttura scolastica idonea ad affrontare il problema dei ragazzi handicappati presuppone il convincimento che anche i soggetti con difficoltà di sviluppo, di apprendimento e di adattamento devono essere considerati protagonisti della propria crescita. In essi infatti esistono potenzialità conoscitive, operative e relazionali spesso bloccate dagli schemi e dalle richieste della cultura corrente e del costume sociale. Favorire lo sviluppo di queste potenzialità è un impegno peculiare della scuola, considerando che la funzione di questa è appunto quella di portare a maturazione, sotto il profilo culturale, sociale, civile, le possibilità di sviluppo di ogni bambino e di ogni giovane.

La scuola proprio perché deve rapportare l’azione educativa alle potenzialità individuali di ogni allievo, appare la struttura più appropriata per far superare la condizione di emarginazione in cui altrimenti sarebbero condannati i bambini handicappati, anche se deve considerarsi coessenziale un’organizzazione dei servizi sanitari e sociali finalizzati all’identico obiettivo. Questo impegno convergente si impone preliminarmente sotto il profilo della prevenzione anche in senso diagnostico, terapeutico ed educativo da realizzarsi fin dalla nascita ed in tutto l’arco prescolare, specialmente nei confronti del bambino che abbia particolari difficoltà; sia per circoscriverne, ridurre od eliminare le cause, ove possibile, nonché gli effetti di esse; sia per evitare l’instaurarsi di disturbi secondari.

La scuola può contribuire a quest’opera di prevenzione e di recupero precoce, con la generalizzazione della scuola materna (anche se non obbligatoria) che oltre ad offrire al bambino l’occasione di un più articolato processo di socializzazione, può favorire la tempestiva prevenzione ed il superamento delle difficoltà che possono ostacolare lo sviluppo psico-fisico.

Ma oltre alla generalizzazione della scuola materna, è tutta la struttura scolastica, particolarmente quella della fascia dell’obbligo, che può e deve contribuire in modo decisivo al superamento di ogni situazione di emarginazione umana culturale e sociale che abbia la sua radice nel mancato sviluppo delle potenzialità del soggetto. Fatta questa premessa, la Commissione ha cercato di individuare una strategia di attuazione di questo fondamentale obiettivo.

scuola

1) UN NUOVO MODO DI ESSERE DELLA SCUOLA, CONDIZIONE DELLA PIENA INTEGRAZIONE SCOLASTICA
Il superamento di qualsiasi forma di emarginazione degli handicappati passa attraverso un nuovo modo di concepire e di attuare la scuola, così da poter veramente accogliere ogni bambino ed ogni adolescente per favorirne lo sviluppo personale, precisando peraltro che la frequenza di scuole comuni da parte di bambini handicappati non implica il raggiungimento di mete culturali minime comuni.

Lo stesso criterio di valutazione dell’esito scolastico, deve perciò fare riferimento al grado di maturazione raggiunto dall’alunno sia globalmente sia a livello degli apprendimenti realizzati, superando il concetto rigido del voto e della pagella.

Fondamentale è l’affermazione di un più articolato concetto di apprendimento, che valorizzi tutte le forme espressive attraverso le quali l’alunno realizza e sviluppa le proprie potenzialità e che sino ad ora sono stati lasciati prevalentemente in ombra.

L’ingresso di nuovi linguaggi nella scuola, se costituisce infatti un arricchimento per tutti, risulta essenziale per gli alunni che non rispondono alle richieste di un lavoro formale, in quanto offre loro reali possibilità di azione e di affermazione.

Si dovrebbe giungere per questa via ad allargare il concetto di apprendimento affinché, accanto ai livelli di intelligenza logico-astrattiva, venga considerata anche l’intelligenza sensorio-motrice e pratica e siano soprattutto tenuti presenti i processi di socializzazione.

Questa più articolata esperienza scolastica è possibile solo nell’attuazione del “tempo pieno”, da intendersi non come somma dei momenti antimeridiano e pomeridiano non coordinati fra di loro, ma come successione organica ed unitaria di diversi momenti educativi programmati e condotti unitariamente dal gruppo degli operatori scolastici (culturale, artistico-espressivo, ricreativo o ludico, aperto anche ad agenti culturali esterni alla scuola, di ricerca e di esperienza personale e di gruppo, di attività socializzante).

In una scuola che, organizzandosi organicamente in forme operative più ricche e più varie di quelle offerte dall’insegnamento tradizionale, offre agli alunni una possibilità di maturazione attraverso una pluralità di linguaggi e di esperienze, è difficile ed artificioso distinguere tra attività “didattiche”, da intendersi come insegnamento delle “materie principali”, ed attività “integrative”, tra l’insegnamento “normale” ed attività di recupero e di sostegno.

Le diverse attività scolastiche non sono di per sé “primarie” o “integrative”, “normali” e di “recupero”, ma lo diventano quando un progetto didattico le valuta in rapporto al livello di maturazione o alle esigenze di un singolo o di un gruppo.

Di qui la necessità che tutte siano riportate, attraverso una chiara ed univoca interpretazione dei decreti delegati ad una unitaria ed organica impostazione; diversamente, si avrebbe una sovrapposizione di momenti diversi nel tempo scolastico dell’alunno. Il contrasto disorienta l’alunno ed ostacola l’avvio della collaborazione tra gli insegnanti che sarebbe, al contrario, favorita da una programmazione unitaria del tempo scolastico.

La programmazione e la conduzione unitaria della vita scolastica eviterebbe, inoltre, il crearsi nei genitori, dell’equivoca distinzione tra “insegnanti del mattino”, al quale spetta di dare giudizi sulle capacità del figlio, e “l’insegnante del pomeriggio”, (educatori, animatori, ecc.) che lo fa giocare.

Si va affermando, inoltre, la tendenza a separare il meno possibile le iniziative di recupero e di sostegno dalla normale attività scolastica, alla cui ricca articolazione si affida il compito di offrire a tutti, nell’ambito dei gruppi comuni, possibilità di azione e di sviluppo. Si cerca in questo modo di non legare i vantaggi dell’intervento individualizzato, agli svantaggi della separazione dal gruppo più stimolante degli alunni “normali”. Anche per il sostegno ed il recupero quindi, la ricercata connessione con la normale attività scolastica impedisce di concepire un livello distinto di programmazione e di verifica.

Non ci si nascondono le difficoltà di tradurre, i termini di azione scolastica valida per tutti, l’esigenza di fare operare gli alunni in difficoltà con gli altri. Una vita scolastica perfettamente articolata, nella quale le attività integrative e di recupero non abbiano un posto separato dalla normale azione didattica, può essere ancora, per molte situazioni, più una meta ed un criterio di riferimento nel processo di crescita dalla scuola che non una piena realizzazione, per le difficoltà legate alla preparazione degli insegnanti ed alle concrete possibilità organizzative che la scuola oggi offre. Si ritiene, tuttavia, indispensabile inserire nella prospettiva di sviluppo della vita scolastica la dimensione dell’integrazione, affinché ad ogni livello di programmazione della scuola a tempo pieno venga adeguatamente affrontato il problema degli alunni in difficoltà.

Tali criteri debbono ritenersi estesi anche alla scuola ordinaria non ancora a tempo pieno, perché rappresentano una struttura operativa che facilita la prevenzione del disadattamento o ne riduce la gravità.

Al contrario, una programmazione duplice riportata ad organi diversi, oltre a costituire una difficoltà ulteriore o gratuita che si aggiunge alle ineliminabili difficoltà legate al costume scolastico, costituisce un incentivo a deviare dalla meta sin dall’inizio.

Risultano infine favorevoli agli alunni in difficoltà altre due caratteristiche della scuola a “tempo pieno”; i modi più vari e meno rigidi di organizzare i gruppi di lavoro, superando la struttura rigida delle classi, e la possibilità soprattutto nella scuola elementare di avere rapporti con più insegnanti. Dovrebbe essere possibile in questo contesto, modulare i rapporti interpersonali secondo le necessità di ciascuno (dal rapporto duale al rapporto polivalente in modo graduale e non rigido).

La Commissione mentre considera la realizzazione di un nuovo modo di essere della scuola, un obiettivo fondamentale, generale e irrinunciabile, ritiene che esso costituisca il punto di arrivo di un processo necessariamente graduale e realistico che deve però partire da una concreta ipotesi, quali ad esempio quella qui appresso indicata.

2) PROTOTIPO DI SCUOLA COMUNE PER L’INTEGRAZIONE
Popolazione scolastica: quella di competenza territoriale senza alcuna esclusione.
Essa non dovrebbe superare le 500 unità (tranne che per la scuola materna).
Gruppi di alunni: dovrebbero essere costituiti entro un limite medio di 15-20 alunni.
Il numero di eventuali minori handicappati dovrà essere deciso dall’équipe formata dai docenti della classe e dagli specialisti. Si intendono per handicappati: “minori che in seguito ad evento morboso o traumatico intervenuto in epoca pre-peri-post natale presentino una menomazione delle proprie condizioni, fisiche, psichiche e/o sensoriali, che li mettano in difficoltà di apprendimento o di relazione”.
Orario: tempo pieno (inteso come precisato nella Premessa).
Progetto educativo: un nuovo modo di essere della scuola postula il superamento del concetto dell’unità del rapporto insegnante-classe con l’attribuzione, ad un gruppo di insegnanti interagenti, della responsabilità globale verso un gruppo di alunni, con la conseguente necessità di programmare, attuare e verificare il progetto educativo, in associazione con gli specialisti. Resta ferma la responsabilità giuridica, nei confronti dei singoli alunni, di quegli insegnanti ai quali essi sono affidati nei diversi tempi scolastici. Il superamento del rapporto dualistico prevede, per la scuola elementare, un insegnante in più (di ruolo e particolarmente esperto) ogni tre gruppi di allievi. Considerando che nella scuola a tempo pieno bisogna disporre, per l’arco della giornata, di due insegnanti per ogni gruppo di allievi, ne deriva che per tre gruppi di allievi occorrono otto insegnanti.
Va prevista anche la possibilità di un insegnante specializzato, capace di svolgere un’azione di recupero con i nuclei di handicappati gravi; in tal caso il rapporto numerico flessibile adulto-allievo dovrà oscillare da 1/1 ad 1/3.

Va prevista altresì la presenza di insegnanti specializzati capaci di svolgere per soggetti medio-gravi interventi alternati sia in senso riabilitativo, sia in senso specializzante. In tale caso il rapporto flessibile può anche indicarsi con la proposizione 1/4-1/5, e può pure verificarsi l’opportunità di un servizio itinerante. Ovviamente, tale prestazione deve svolgersi in una scuola aperta e fornita del servizio di un’équipe che abbia almeno la seguente composizione: assistenti sociali, psicologo, pedagogista specializzato; tecnici riabilitativi e specialisti clinici adatti a seguire le dinamiche dei singoli casi (diagnosi, trattamento, verifica).

Questa più articolata vita scolastica, promuovendo la maturazione e la socializzazione degli alunni, può prevenire le difficoltà e può affrontarle in misura adeguata ove si siano manifestate. I modi di formazione e di funzionamento dei gruppi di attività possono essere vari, in relazione alle diversità delle situazioni, in corrispondenza al tipo di attività scelte, alle esigenze dei singoli alunni e dei gruppi etc.

Tutto ciò sembra essere particolarmente valido per gli alunni in difficoltà, in quanto consente di modulare in modo graduale e non rigido i rapporti interpersonali.

OPERATORI SCOLASTICI
Docenti – La possibilità di realizzazione di un nuovo modo di essere della scuola è legata alla preparazione e all’aggiornamento permanente degli insegnanti. Essi devono conoscere ed usare i nuovi mezzi operativi che devono essere introdotti ad arricchimento e rinnovamento dell’insegnamento tradizionale.

Alla scuola dovrebbero essere assicurati insegnanti di ruolo, di cui bisognerebbe favorire la stabilità, essendo la continuità del rapporto educativo un obiettivo fondamentale per il positivo funzionamento di essa. Nella convinzione che tale stabilità sia comunque auspicabile in ogni caso, la Commissione tuttavia non può non sottolineare che essa, in una scuola che vede la presenza di handicappati, si configura come una più puntuale e incisiva esigenza, che deve proporsi di non interrompere la razionale continuità del dialogo fra il docente e l’allievo. Pertanto, la Commissione richiama l’attenzione del Ministero sulla necessità di studiare per ciò che concerne modalità di trasferimenti e di assegnazioni provvisorie, già a partire dal prossimo anno scolastico 1975/76, la maggiore possibile stabilità nella sede del personale docente di ruolo.

L’aggiornamento permanente dei docenti, dei direttori didattici e dei presidi costituisce un punto qualificante di tutta la politica scolastica ed una condizione fondamentale per l’esercizio della funzione docente, la quale esige non solo un solido fondamento scientifico-teorico, ma la continua riflessione sull’esperienza pedagogica.

L’aggiornamento dei docenti deve farsi perciò prevalentemente “sul loro campo operativo”, cioè nella scuola e attraverso la scuola.

Una particolare attenzione deve essere dedicata all’aggiornamento dei dirigenti scolastici, anche in considerazione della funzione di coordinamento ad essi richiesta in rapporto alla definizione dei progetti educativi.

Si sottolinea la necessità che, nell’ambito degli Istituti regionali per la ricerca, la sperimentazione e l’aggiornamento culturale e professionale degli insegnanti, sia previsto, in conformità all’ultimo comma dell’art. 10 dell’apposito decreto delegato, che le sezioni relative ai vari ordini di scuola, operino unitariamente, per l’approfondimento della problematica psico-pedagogica e didattica relativa ai disturbi della struttura psicologica dei minori.

SPECIALISTI
Il pieno sviluppo delle potenzialità di ciascun alunno esige che gli operatori scolastici abbiano un’organica visione delle dimensioni psicologiche e relazionali del fatto scolastico e degli ambienti nei quali l’alunno vive ed i fenomeni scolastici si maturano. Ciò rende necessario che l’azione dei docenti sia integrata da altri operatori che possano offrire l’apporto di specifiche competenze.
La collaborazione di detti specialisti deve realizzarsi in ordine al duplice piano di sviluppo della scuola:

2.1 – promozione di una vita scolastica comune, ricca, articolata, flessibile che si proponga di educare tramite esperienze cognitive e di socializzazione qualitativamente adeguate;

2.2. – risoluzione dei problemi relativi all’accoglimento nella scuola di allievi handicappati.

Condizione essenziale è che tutti gli operatori, docenti e specialisti, lavorino in équipe per l’attuazione dei fini indicati, e per tutti gli interventi ritenuti necessari onde evitare che il loro apporto si vanifichi in generiche ed unilaterali iniziative.

E’ necessario dunque chiarire e ricercare le condizioni che, stabilendo tra operatori diversi, comuni riferimenti di linguaggio, di prospettive e di finalità rendano possibile il necessario lavoro interdisciplinare, volto alla definizione ed alla realizzazione di progetti educativi comuni.

Questa impostazione appare più che mai necessaria in relazione ai gruppi in cui gli allievi handicappati sono inseriti. Una visione realistica delle risorse disponibili (anche come numero di specialisti), fa considerare come prioritaria, sì, la collaborazione degli specialisti per soddisfare i bisogni di detti gruppi, ma con un preciso impegno nei riguardi dei singoli handicappati che abbiano necessità di particolari interventi che diano all’allievo la possibilità di inserirsi nel gruppo e, in genere, ad aprirsi ad attività in comune. Va peraltro precisato che per eventuali trattamenti specialistici la scuola deve poter utilizzare strutture esterne (centri medico-psico-pedagogici; centri di igiene mentale; trattamenti riabilitativi, e tutti i servizi funzionanti nel distretto).

La Commissione ha quindi affrontato il problema del rapporto giuridico-amministrativo tra specialisti e scuola ed ha espresso l’opinione che si debba considerare come soluzione ottimale in prospettiva, il poter disporre della prestazione degli specialisti di cui dovranno essere a suo tempo fornite le unità sanitarie locali.

In via temporanea, la Commissione ha concordato sulla necessità di dover impiegare gli specialisti che, attraverso lo strumento della convenzione, possono essere messi a disposizione sia da Enti pubblici che privati, secondo i criteri già indicati nello schema di convenzione allegato all’apposita circolare.

Quanto alle figure degli specialisti, si ritiene di dover fare riferimento agli assistenti sociali: psicologo, pedagogista specializzato; tecnici riabilitativi e specialisti clinici adatti a seguire le dinamiche dei singoli gruppi.

Strutture edilizie, attrezzature, personale assistente: oltre a definire una precisa normativa per la nuova edilizia scolastica, occorre favorire quelle soluzioni edilizie (anche con accorgimenti provvisori) che consentano l’accesso a tutti gli allievi, quali che siano le loro difficoltà motorie.
E’ altresì necessario prevedere che la scuola abbia a sua disposizione un numero di assistenti proporzionato ai bambini che hanno bisogno di particolare assistenza per carenza di autonomia fisica. (Si potrebbe fare riferimento agli organici delle assistenti previsti per la scuola materna, e di cui però occorre precisare le mansioni). Una particolare attenzione va dedicata ai servizi di trasporto (brevi percorsi, assistenza a bordo, ecc.) e di refezione (assistenza ai bambini in difficoltà).

Tutte queste condizioni, servizi e strutture rendono possibile la positiva integrazione degli handicappati nella scuola.

3) STRATEGIA DI ATTUAZIONE
Considerando che inevitabilmente il tipo di scuola sin qui descritto non può che trovare una graduale generalizzazione nel territorio, la Commissione ritiene che in ciascun Distretto sia assicurato il pieno ed organico funzionamento di almeno una scuola, strutturata in modo da corrispondere alle finalità educative sopraindicate e quindi in grado di integrare tutti i soggetti compresi nel territorio.

In tale fase di transizione, si può prevedere che i bambini che le scuole territoriali di competenza non siano ancora in grado di sollecitare adeguatamente nel loro sviluppo, possano essere accolti in quelle distrettuali così attrezzate, fermo restando che non si può alterare con un numero troppo elevato di handicappati il carattere proprio della scuola per tutti.

Tale scuola non deve essere configurata in nessun modo come un nuovo tipo di scuola speciale o differenziata, ma essere un prototipo per tutte le scuole comuni, quali dovranno risultare al termine del processo globale di ristrutturazione dell’ordinamento scolastico di cui essa può costituire l’iniziale attuazione.

La dimensione distrettuale, oltre ad essere un comprensorio territoriale adeguato a garantire l’aggiornato accertamento delle varie realtà locali ed ambientali, è ritenuta la dimensione più valida e realistica per l’avvio di un processo innovativo, ma è soprattutto il luogo dove tale processo può avviarsi concretamente con quelle motivazioni politiche derivanti dalla diretta e responsabile partecipazione delle forze sociali. A tale proposito la Commissione ritiene che si dovrebbe fare in modo che le costituende unità sanitarie e le unità locali socio-assistenziali coincidano con i comprensori territoriali dei distretti scolastici.

Ciò permetterà l’insediamento coordinato di tutte le strutture e i servizi previsti dalle singole legislazioni regionali; la conservazione o l’istituzione di strutture garanti dell’ininterrotta e potenziata erogazione di servizi altamente specialistici per gli utenti, per i quali si dimostrassero inadeguati i servizi comuni.

La Commissione ritiene che si debbano valorizzare al massimo le competenze di programmazione attribuite ai consigli distrettuali scolastici anche ai fini dell’integrazione degli handicappati e per assicurare che le soluzioni da adottare siano sottratte al rischio di rigide e precostituite schematizzazioni.

3.1 Centro per i servizi Socio-Psico-Pedagogici del Provveditorato
Si propone la costituzione presso il Provveditorato agli Studi di un “servizio Socio-Psico-Pedagogico”, sotto la diretta responsabilità del Provveditore o di persona da lui delegata, che deve essere preferibilmente un docente che abbia realizzato una consolidata esperienza dei servizi socio-psico-pedagogici e che per questo impegno deve essere esonerato dall’insegnamento.

Tale Centro deve valutare e tenere conto delle proposte e degli obiettivi programmatici che in ordine ai servizi socio-psico-pedagogici formulano i consigli provinciali scolastici. Deve predisporre i relativi strumenti di intervento e la loro organizzazione, avvalendosi, nelle forme più opportune, dell’esperienza e della collaborazione degli operatori scolastici (docenti e specialisti) al fine di garantire le più adeguate scelte operative.

Lo stesso Centro dovrebbe avere competenza anche in materia di stipula delle convenzioni e di controllo della loro applicazione.

In ordine alle convenzioni la Commissione ritiene che esse debbano assicurare serie condizioni per l’erogazione delle prestazioni. Al fine sembra che la preferenza dovrebbe essere data ad Enti che abbiano centri medico-psico-pedagogici e che possano assicurare od abbiano assicurato la maggiore stabilità, continuità di lavoro e qualificazione degli specialisti, nonché la loro collaborazione con gli organi scolastici.

In ogni caso deve essere precisato nelle convenzioni che l’Ente accetterà di impegnare gli specialisti nella scuola o nelle scuole che il servizio socio-psico-pedagogico scolastico del Provveditorato indicherà, con riferimento alle priorità programmate. Il Centro dovrà inoltre vigilare sull’andamento delle scuole speciali.

3.2 Coordinamento e programmazione a livello nazionale dei servizi socio-psico-pedagogici

Da quanto esposto sin qui appare evidente la complessità del problema dell’Integrazione scolastica degli handicappati, e la conseguente necessità di prevedere a livello nazionale un servizio (ad es. un Ispettorato centrale con compiti eminentemente tecnici), o un reparto dell’Ufficio studi e programmazione del Ministero che ne segua e ne sostenga l’evoluzione e assicuri il continuo coordinamento con gli altri Ministeri interessati, e programmi le risorse finanziarie disponibili, in modo da garantire, in una visione organica, l’attuazione degli obiettivi prioritari indicati, per ogni ordine di scuola. In ogni caso si ritiene necessaria l’immediata unificazione amministrativo-contabile dei capitoli che stanziano fondi relativi ai servizi socio-psico-pedagogici.

4) CONSIDERAZIONI PER LA SCUOLA MATERNA
Premesso che le indicazioni generali sulle finalità e sulle caratteristiche della scuola per l’integrazione valgono anche per la scuola materna, si ritiene opportuno per quest’ultima fare alcune precisazioni specifiche.

La Commissione ha espresso parere contrario all’istituzione sia di scuole materne speciali, che di sezioni speciali nelle scuole materne comuni. I bambini con particolari difficoltà devono avere un diritto di priorità nell’iscrizione, in considerazione della funzione essenziale che la scuola materna può svolgere in favore del loro sviluppo.

Essi non possono essere esclusi dalla frequenza di detta scuola al burocratico compimento del sesto anno di età, dovendosi valutare l’opportunità o meno di un’ulteriore permanenza nella scuola materna per un periodo non superiore ad 1 o 2 anni.

L’integrazione dei bambini handicappati nella scuola materna esige che essa sia adeguatamente strutturata. Essa deve essere costituita da un minimo di tre sezioni. Ogni sezione dovrebbe avere un numero di bambini compreso tra i 15-20. L’équipe scolastica composta dai docenti e dagli specialisti della scuola fisserà il numero di handicappati da inserire nelle classi. La scuola dovrebbe essere organizzata per il tempo pieno senza però l’obbligo di frequenza considerata la tenera età dei bambini.

Per il personale docente e per gli specialisti, valgono le considerazioni generali.

Per le assistenti, occorre precisarne i compiti, stabilendo che esse sono tenute a svolgere le mansioni connesse all’eventuale mancanza di autonomia fisica dei bambini.

5) CONSIDERAZIONI PER LA SCUOLA MEDIA
Si richiedono tutte le considerazioni di carattere generale fatte a proposito delle condizioni indicate per la piena integrazione scolastica dei bambini handicappati e sulle sue finalità e caratteristiche.

5.1 L’interdisciplinarità
Il riferimento delle considerazioni generali già citata alla scuola media esige di sottolineare la particolare importanza che ha per questo tipo di scuola il modo di intendere l’interdisciplinarietà. Essa deve risultare dall’impegno dei docenti ad elaborare un comune progetto educativo, promozionale e di orientamento, avvalendosi del contributo degli specialisti per l’apporto delle loro specifiche competenze professionali, evitando però ogni altra presenza aggiuntiva (“vedasi animatori”), che non è finalizzata a realizzare un unitario progetto didattico (si invia alle considerazioni precedentemente fatte “sul tempo pieno” nella premessa).

5.2 Flessibilità degli orari
Tenendo conto di quanto definito dallo stato giuridico in materia di “orario di insegnamento” per i docenti nella scuola media di 1° grado, è necessario che si precisi per la scuola prototipo a livello di scuola secondaria di 1° grado che le prestazioni dell’insegnante nell’orario di lezione si concretizzano come attività educativa sia in ordine alle attività curricolari che in ordine alle attività di integrazione e di animazione necessarie allo sviluppo dell’alunno.

Si ritiene che ciò potrà essere particolarmente favorito da una maggiore flessibilità di orari, di programmi e di formazione delle classi.

Si osserva che, sotto il profilo finanziario, l’ipotesi proposta non implica aggravio di spesa, se posta in rapporto al costo attuale delle scuole medie integrate già funzionanti.

La Commissione ritiene che si debbano assolutamente abolire le cosiddette “classi di aggiornamento”.

6) I PROBLEMI DEL DISADATTAMENTO GIOVANILE CON RIFERIMENTO ALLA SCUOLA SECONDARIA SUPERIORE
La Commissione, avendo un compito ben definito, non è entrata nel merito della problematica del disadattamento dei giovani frequentanti le scuole secondarie superiori, e che tende ad assumere dimensioni qualitative e quantitative sempre più serie e preoccupanti.

La Commissione ritiene tuttavia che le indicazioni offerte nel documento, nelle loro motivazioni di fondo e nelle ipotesi di intervento prospettato (soprattutto per quanto riguarda l’opera degli specialisti nella scuola e l’utilizzazione di strutture adeguate quali i Centri medico-psico-pedagogici, i Centri di igiene mentale, ecc.) possano essere utilmente presi in considerazione come base per un approfondito esame, da fare in altra sede, del fenomeno.

7) IL SUPERAMENTO DELL’EMARGINAZIONE SCOLASTICA COME IMPEGNO DI UNA PIÙ DIFFUSA COSCIENZA EDUCATIVA
E’ appena superfluo sottolineare che le necessarie e profonde modificazioni strutturali della scuola non sono per sé sufficienti a superare i rischi dell’emarginazione scolastica e sociale dei bambini handicappati.
Occorre coinvolgere la società in questo impegno, giacché l’emarginazione sociale nasce oltre che da condizioni strutturali, da modelli culturali e di costume.
L’attuazione dei decreti delegati in materia di governo scolastico offre una seria possibilità di operare per un mutamento di sensibilità, di mentalità, di comportamento.
Famiglia, forze sociali, enti locali, sono chiamati a sentire come propria la complessa problematica educativa, prevedendo una serie articolata di interventi, di competenze, non sempre decisionali, ma non per questo prive di significato e di incidenza.
Il Ministero della Pubblica Istruzione, nella sua funzione di programmazione e di definizione della politica scolastica, ha il primario dovere di rendere partecipi, ai vari livelli di organi collegiali di governo della scuola della linea operativa che intende perseguire per liquidare ogni possibile forma di emarginazione scolastica e sociale, precisando in modo univoco gli indirizzi da sviluppare con riferimento all’articolato sistema di competenze definite dai decreti delegati, evitando così i rischi di comportamenti contraddittori e contrastanti l’obiettivo di integrazione scolastica.
Un’attenzione particolare va rivolta nei confronti dei docenti e delle famiglie, perché solo un loro positivo atteggiamento di collaborazione può garantire il successo della svolta operata in favore dell’integrazione.
A questo riguardo la competenza del distretto in materia di educazione permanente in materia di educazione permanente va sottolineata come particolarmente utile per una diffusa azione di sensibilizzazione sociale e culturale.

ALLEGATO 1
STRUTTURE SPECIALIZZATE
Premesso che, in conformità agli obiettivi educativi sin qui indicati, si deve tendere al superamento di strutture scolastiche specializzate, si conviene tuttavia che ciò potrà realizzarsi solo attraverso un processo graduale, sviluppato con realismo e serietà. Sin da adesso le strutture scolastiche specializzate devono essere messe a disposizione solo dei bambini che abbiano menomazioni sensoriali o psichiche particolarmente gravi.
Si deve tener presente la gamma dei soggetti in particolare difficoltà, in genere per esiti di cerebropatia, per lo più acquisita, a volte congenita, ad esempio:

– soggetti affetti da disturbi neuromotori gravi, associati ad altri handicaps;
– soggetti affetti da ipoacusia profonda associata spesso a disturbi disfasici;
– soggetti affetti da psicosi secondarie a danno cerebrale;
– soggetti affetti da sindrome comiziale con frequenti manifestazioni critiche, non riducibili farmacologicamente, e che spesso induce un deterioramento mentale.

Tra essi si distinguono quelli il cui deficit con trattamenti adeguati ed intensivi possono essere portati vicino alla norma e comunque essere messi nella condizione di affrontare positivamente un inserimento scolastico che non divenga emarginante, soggetti il cui deficit è poco modificabile da interventi riabilitativi, che sono tuttavia pur sempre doverosi anche per ottenere un minimo miglioramento.

Per i primi si rende necessario, anzi si impone, un periodo più o meno lungo, il più precoce possibile nell’età, di trattamento in una struttura speciale ottimalmente dotata, in vista di un inserimento scolastico, il più precoce possibile.

Per i secondi le possibilità sono due:
– inserimento in una scuola normale, malgrado la gravità della loro minorazione, quando non sono più necessari strumenti e strutture di recupero, di cui ovviamente non può essere fornita ogni scuola normale;
– permanenza in strutture speciali fino al raggiungimento di una sufficiente autonomia, per quei soggetti il cui nucleo familiare è gravemente carente di capacità assistenziali ed educative.
Se più minorazioni si associano, l’handicap diviene complesso. Per tali soggetti si richiedono trattamenti riabilitativi e di recupero prevalentemente di ordine sanitario.

Ovviamente ciò non esclude per essi l’intervento scolastico. Anche per essi, tuttavia, si devono prevedere e favorire soluzioni che facilitino, in tutti i modi possibili, i rapporti con la famiglia, l’ambiente di origine e le altre strutture educative; esse devono avere una dimensione al massimo regionale e devono essere impegnate prevalentemente per un’azione di recupero precoce delle menomazioni e di sostegno, via via che il bambino viene inserito nelle strutture scolastiche comuni.

Ancora proposte, per facilitare l’attuale compito delle linee evolutive sopra esposte, potrebbero essere il trasferimento di strutture speciali negli edifici delle scuole comuni e l’apertura, ai bambini normali, delle scuole speciali che dispongono di spazi verdi.

La soluzione prospettata offrirebbe la possibilità di promuovere, con la guida di un’unica direzione didattica, esperimenti di integrazione in particolare momenti della vita scolastica.

Considerate le molteplici necessità delle attuali strutture speciali, occorre realizzare obbligatoriamente per esse la scuola a tempo pieno, eliminando l’attuale sistema della protrazione orario, assicurando la prestazione degli specialisti e di tutti i necessari sussidi, attrezzature nonché del personale assistente.

Considerazioni sul problema dei minorati sensoriali. Vanno tenuti presenti i seguenti punti:

– non v’è dubbio circa la necessità e l’urgenza di procedere alla revisione delle attuali disposizioni legislative che regolano la scuola dei minorati sensoriali (ciechi e sordomuti);
– la scuola dei minorati sensoriali deve ispirarsi ai principi costituzionali assicurando la libertà della scuola, della scienza di sperimentare tecniche e metodologie senza prevenzioni;
– lo Stato deve assicurare le strutture necessarie atte a garantire detta libertà;
– esistono gradi e tipi diversi delle minorazioni sensoriali in parola: vi sono bimbi che dopo un breve periodo di educazione acustico-ortofonica riescono a poter udire la parola parlata e devono quindi essere immessi nelle scuole comuni. Analogamente fanciulli minorati della vista, conseguita un’iniziale condizione di autonomia con le didattiche speciali, cioè l’orientamento sensoriale, l’apprendimento della scrittura e della lettura in Braille e di altre tecniche di espressione, possono inserirsi utilmente nelle stesse scuole comuni. Per contro, ci sono minorati sensoriali, soprattutto se affetti anche da altre mutilazioni o tare psichiche, che presentano una specifica problematica;
– i Paesi del Nord Europa hanno leggi generali che riguardano l’istruzione dei ragazzi che presentano difficoltà o difetti di varia natura tendenti ad un metodo di lavoro che possa fornire corsi di studi adatti alle attitudini dei singoli allievi per dar loro la possibilità di riuscire secondo le proprie abilità ed esperienze. In questi Paesi, dopo periodi diagnostici in particolare unità socio-medico-educative, i bimbi vengono avviati in accordo con i genitori o alle normali scuole o in classi speciali presso i normali plessi scolastici o presso scuole speciali per alunni con gravi difetti sensoriali. Come si vede è stato rispettato il principio della pluralità di interventi educativi rendendo effettiva la possibilità di scelte con l’istituzione delle diverse strutture scolastiche pubbliche.
Tanto premesso, la nuova legislazione per l’istruzione dei minorati sensoriali dovrebbe:

– assicurare le strutture necessarie affinché sia possibile ai bimbi ciechi o sordi di adempiere all’obbligo scolastico sia nelle normali scuole statali, sia presso classi particolari nei plessi scolastici normali, sia presso le prime due soluzioni;
– abrogare tutte le vigenti disposizioni che siano in contrasto o ostacolino la realizzazione del punto 1);
– ristrutturare le attuali istituzioni scolastiche per i minorati sensoriali secondo le necessità delle diverse Regioni e Province in modo di garantire una gradualità rispondente alle situazioni socio-economiche delle varie zone.
Per quanto riguarda gli audiolesi è necessario inoltre prevedere:

– l’istituzione di scuole materne statali per sordi (già funzionano da molti anni, con personale specializzato, presso tutte le attuali scuole dell’obbligo per sordi);
– l’obbligatorietà della scuola ai sordi e l’istituzione di scuole medie statali per sordi gravi (esistono già scuole medie parificate per sordi gravi con personale specializzato e abilitato, nonché classi per sordastri presso scuole medie comuni);
– l’istituzione della scuola materna elementare e media per sordi presso plessi scolastici normali, assegnando secondo le necessità il personale specializzato necessario e assicurando le attrezzature tecniche adeguate;
– l’immediata applicazione del criterio della “scuola a tempo pieno” sia per la materna ed elementare, sia per quella media;
l’abrogazione contemporanea degli articoli del Testo Unico sulla scuola dell’obbligo del 1928 che sono in contrasto con quanto sopra richiesto.
In tal modo verrebbe assicurata la richiesta pluralità di strutture che lo Stato deve assicurare per garantire l’istruzione e l’educazione dei sordi in un’azione comune e costante tesa ad affrontare e superare tutte le difficoltà che possono presentare i singoli casi in modo di inserire – in accordo con le previste équipes polispecialistiche – i bambini sordi nelle strutture scolastiche comuni, il più presto e fin dove possibile.

ALLEGATO 2
CONSIDERAZIONI SUL PROBLEMA DEL DISADATTAMENTO SOCIALE DEI MINORI
Una considerazioni particolare merita il problema dei caratteriali con note di devianza di natura socio-ambientale, che rischiano, per carenza di corrette terapie di trattamento, di alimentare, come di fatto alimentano, il vivaio della delinquenza minorile, tanto preoccupante oggi per il suo graduale incremento.

La Commissione ritiene che gli attuali Istituti di rieducazione debbano avviarsi in misura sempre più ampia a trasformarsi in centri di promozione socio-culturale. In tal modo, per un verso questi centri potranno contribuire a prevenire con i loro interventi educativi, il disadattamento socio-ambientale e dall’altro, a porre in essere o a servirsi di tutti i possibili strumenti educativi, primi fra tutti le istituzioni scolastiche. Ciò potrà realizzarsi con una più accentuata realizzazione delle attività integrative e, per i giovani che abbiano superato l’età dell’obbligo, con l’avvio ad un tipo di attività lavorativa, che motivatamente scelta, gratifichi il soggetto e ne concretizzi le aspirazioni all’autosufficienza.

Organismi del genere, nella loro apertura all’estero, dovrebbero accogliere sia soggetti nella fascia dell’obbligo che utilizzino normali strutture scolastiche all’interno e all’esterno, sia altri soggetti che non necessariamente siano scolarizzati e ai quali, nell’offerta di attività di tempo libero di tipo espressivo creativo, si dia la possibilità di superare le proprie personali difficoltà.

In questa prospettiva, gli Istituti di rieducazione andrebbero via via perdendo la loro connotazione di struttura rigida, che accoglie soggetti che sono inevitabilmente etichettati come disadattati e diventerebbero sempre più utili, nell’ambito di un quartiere, per il recupero umano e sociale di giovani che, abbandonati a se stessi e isolati in un istituto, al solo scopo di liberare la società di un elemento scomodo, sono fatalmente avviati sulla strada della delinquenza.

Ciò non esclude, anzi postula in maniera prioritaria la funzione di recupero che in questo campo può esercitare la scuola, per la stessa peculiarità del suo compito e per la più ampia diffusione delle sue strutture, sia attraverso le normali attività scolastiche che attraverso l’organizzazione di attività integrative, che valgano ad interessare e gratificare il ragazzo, non più considerato come elemento deviante, ma come utente d’un servizio educativo ricco di stimolazioni.

sp017 (1975 – 2007)


 

STORIA DEI SORDI: SCUOLA – FORMAZIONE PROFESSIONALE E LAVORO.

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