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Il computer studia il cervello umano e diventa cognitivo (Newsletter della Storia dei Sordi n. 626 del 16 gennaio 2009)

Il computer studia il cervello umano e diventa cognitivo. Un progetto da 5 milioni di dollari patrocinato dalla difesa americana sta lavorando per realizzare un modello di intelligenza artificiale capace di imparare dall’esperienza. Decisivo l’apporto delle nanotecnologie

Con vera o presunta modestia, i produttori del mondo informatico lo hanno sempre ammesso: i computer sono macchine tutto sommato ignoranti, almeno se paragonate al cervello umano. D’accordo, riescono a fare la scansione dell’intero genoma umano in pochi secondi, possono giocare a scacchi e battere chiunque, ma restano comunque distanti anni luce da quei capolavori fatti di sinapsi e materia grigia che sono i nostri encefali.

In futuro, però, il divario potrebbe ridursi. Qualcuno sta infatti studiando il modo di rendere l’intelligenza artificiale più simile a quella umana, o se non altro a quella dei mammiferi. L’Agenzia degli Stati Uniti per i progetti di ricerca avanzata per la difesa (Darpa) sta infatti finanziando un progetto dell’Università del Wisconsin che ha come oggetto la possibilità di realizzare un vero e proprio computer cognitivo, una macchina capace di combinare capacità sensoriali, percettive, d’azione e interazione simili a quelle del nostro cervello. Il tutto, naturalmente, senza superare gli ingombri di una scatola cranica e con consumi non superiori a quelli di una lampadina da 100 watt. “Il nostro cervello c’è riuscito, dunque abbiamo la prova che tutto ciò è possibile”, spiega Giulio Tononi il ricercatore-psichiatra a capo della ricerca.

Per vincere la sfida, il responsabile ha chiesto aiuto ai massimi esperti di nanotecnologie e supercomputing provenienti dalle Università di Cornell, Stanford e California-Merced, e sta collaborando con le menti più raffinate dalla Columbia University e di Ibm per realizzare uno strato di software “pensante”.

Va detto che il progetto non ha la pretesa di replicare l’intera struttura del cervello. Buona parte del lavoro – fa notare Science Daily – sarà quello di determinare quali tipologie di neuroni sono cruciali soprattutto per ciò che riguarda l’apprendimento dall’esperienza. “Un gatto che passa sopra la piastra rovente di un fornello non si limiterà a fare un balzo all’indietro ma imparerà anche a riconoscere quel pericolo in futuro evitando di avvicinarsi ancora”, chiarisce Tononi. “Ogni neurone sa che qualcosa è cambiato, comunica al cervello che è successo qualcosa, e che se desidera che non si verifichi più quello è il momento di agire”.

Allo stesso modo – fa notare il ricercatore – anche il cervello artificiale dovrà essere flessibile, in grado cioè di modificare il proprio “comportamento” in base all’esperienza. Per questo dovrà trasmettere le informazioni utilizzando impulsi elettrici proprio come fanno i neuroni presenti nel cervello dei mammiferi. I progressi nel mondo delle nanotecnologie fanno ben sperare, ma basteranno per avvicinarsi alla complessità umana?

Scritto da Roberto Catania – Fonte: mytech.it

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Newsletter della Storia dei Sordi n. 626 del 16 gennaio 2009

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