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A scuola dal cappellano Silvestri l’educatore illuminista dei sordomuti

A scuola dal cappellano Silvestri l’educatore illuminista dei sordomuti. Goya era sordo, anche Pinturicchio e l’attore Lou Ferrigno (quello che interpreta l’incredibile Hulk), Hemingway e Beethoven lo diventarono da anziani. La sordità, nella nostra cultura, non è certo uno stigma, non viene associata neanche per spregio alla goffaggine mentale. Viene considerata una difficoltà del corpo,e in certi casi quasi un dono che favorisce altri sensi, quasi una veggenza.

Ma non è sempre stato così.

I sordi, murati nel mistero del silenzio irraccontabile, sono stati perseguitati, uccisi, condannati. Facevano paura e suscitavano rabbia.

La loro specialità, che li rende apparentemente inaccessibili, è la più difficile da accettare tra le complessità fisiche. Per capire chi fossero, serviva abbattere il muro, incontrarli in un punto di reciproca comprensione. Soltanto nel XVI secolo, un medico di nome Girolamo Cardano, a Pavia, cominciò a sperimentare per i sordi possibilità di apprendimento alternative. Tramite lettura, o altri linguaggi visivi. Cardano aveva un figlio sordo.

Dovettero passare altri due secoli prima che l’abate Charles Michel de l’Epèe si dedicasse con tanta passione alla materia, fino a creare la prima vera scuola per sordomuti. Fu anche per lui un caso personale a risvegliare l’interesse: conobbe infatti due sorelle gemelle sorde dalla nascita, la cui educazione era stata affidata a un prete, che morì improvvisamente. L’abate de l’Epèe decise di subentrare come loro insegnante, per non abbandonarle di nuovo a un destino di solitudine, e in questo modo, con la pratica, inventò quello che noi conosciamo come il linguaggio gestuale. Si fece guidare da un manuale, scritto nel 1620 da un monaco benedettino: Juan Pablo Bonet, L’arte di insegnare a parlare ai muti. Bonet, che con questo metodo aveva insegnato a esprimersi al fratello del contabile di Castiglia (ancora una volta è un incontro ad accendere l’attenzione), è inventore dell’alfabeto manuale a una mano. Che consiste nel riprodurre le lettere con una rapida digitalizzazione, una rappresentazione mimica delle dita, sostituendo invece la punteggiatura con piccoli gesti disegnati nell’aria. A questo alfabeto, l’abate de l’Epèe aggiunse un vocabolario di gesti, partendo dai pochi segnali che le due bambine sue allieve avevano l’abitudine di scambiarsi per comunicare tra di loro. Il diaframma, quello dietro il quale i sordomuti avevano vissuto fino ad allora sospettati di ritardi psichici, si stava finalmente rompendo. Allievo dell’abate de l’Epeè fu l’italiano Tommaso Silvestri.

Una lapide in via dei Barbieri ricorda il luogo nel quale nacque, sotto la guida di Silvestri e grazie all’interessamento dell’avvocato Pasquale di Pietro, la prima scuola italiana per sordomuti. Silvestri era nato a Trevignano Romano il 2 aprile 1744, aveva frequentato il seminario di Sustri e ricevette l’ordinazione sacerdotale nel 1767. Decise presto di dedicare la sua vita ai sordomuti e, grazie all’amico Pasquale di Pietro, partì per Parigi. Il suo viaggio, nel pieno dell’inverno, durò quaranta giorni. Era il 1783 e a Parigi rimase sei mesi, durante i quali frequentò la scuola dell’abate de l’Epeè. Il 5 gennaio 1784, tornato in Italia, aprì la sua scuola, al terzo piano del Palazzo del suo amico avvocato di Pietro, in via dei Barbieri, appunto. La sua prima classe era composta da otto allievi, tra maschi e femmine. Il metodo adottato, non era però identico a quello appreso in Francia.

Un altro educatore, Samuel Heinicke, a Nautschütz in Sassonia, negli stessi anni si stava interessando alla didattica per bambini sordomuti. Le sue conclusioni, il suo insegnamento andarono a costituire l’altra scuola di pensiero che per anni, e fino a oggi, si è contrapposta a quella dei segni: la cosidetta scuola dell’oralismo. Tentare con ogni mezzo di insegnare nona esprimersi, ma a parlare. Ai bambini Heinicke imponeva la fatica di trovare una «parola artificiale». Inventava esercizi, allenamenti, attraverso i quali riusciva a far in modo che dalla bocca di quei bambini uscissero suoni il più possibile vicini a quelli di una lingua parlata.

Riteneva infatti che la lingua dei gesti fosse troppo lenta rispetto al pensieroe alla lingua della comunità, e che, kantianamente, non potesse esistere pensiero dentro una lingua non detta. Ribatteva l’abate de l’Epèe che, per quanto sforzi i bambini potessero fare, la lingua, la «fonè», con la quale si sarebbero espressi sarebbe stata molto rudimentale rispetto a quella delle persone con un udito normale, e anche troppo goffa.

Tommaso Silvestri decise di non scegliere una delle due teorie, ma di sperimentarle entrambe. Raccolse le sue idee e le esperienze della scuola in un manoscritto, che scomparve. Nel 1789 Silvestri morì, e fu seppellito nella chiesa di Santa Caterina a Trevignano Romano dove era stato Cappellano. Solo nel 1889, alcuni frammenti del suo testo “Maniera di far parlare e d’istruire speditamentei sordie muti dalla nascita” furono trovati nell’archivio dell’Istituto di via Nomentana 54, dove la sua scuola si era ormai trasferita, e dove è ancora. Nel frattempo, il “Congresso internazionale per il miglioramento della sorte dei sordomuti”, riunitosi a Milano dal 6 all’11 settembre 1880, imprime una svolta nella storia dell’educazione dei sordi.

Approvando una risoluzione che esaltava la lingua orale e che bandiva la lingua dei segni. Questa decisione fu molto contestata. Si disse che i pochi sordi presenti al convegno si erano schierati tutti per la lingua dei segni, che questa risoluzione – cosa che infatti si verificò – avrebbe escluso tutti gli insegnanti sordi dalle scuole.

Ma si è dovuto aspettare il convegno di Vancouver del 2010, 130 anni dopo, per rigettare finalmente il metodo oralista, citando le gravissime conseguenze che avrebbe avuto per le persone sorde in ambito sociale, lavorativo e scolastico. E tornare finalmente al linguaggio gestuale, amato e teorizzato da l’abate de l’Epeè.

Elena Stancanelli.
Fonte: la repubblica Cronaca Roma 18 settembre 2011

L’inaugurazione del monumento di Tommaso Silvestri a Trevignano Romano (Roma) in presenza del Papa Giovanni Paolo II.

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