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Lingua dei segni o linguaggio mimico gestuale…

Lis. Gitti: “Un’associazione per superare la questione e far imparare ai sordi la lingua di tutti”

Il professore del Centro rieducazione ortofonica in merito alla querelle sul riconoscimento della lingua dei segni. “Falso obiettivo. Le lobby dei sordi vogliono che la sordità sia considerata uno status, non un deficit”

ROMA – Un valore identitario indiscusso è quello che le persone sorde attribuiscono alla lingua dei segni. Un valore che la proposta di legge attualmente al vaglio della commissione Affari sociali della Camera dei deputati svilirebbe, secondo la comunità dei sordi e secondo alcuni esperti, neurologi, linguisti, ricercatori del Cnr. Il 27 settembre un articolo sul Corriere della sera a firma di Massimo Piattelli Palmarini aveva fatto il punto, andando a interpellare esperti italiani e internazionali, su queste posizioni. Il professor Giuseppe Gitti del Cro, Centro rieducazione ortofonica (istituto privato di diagnosi e riabilitazione), ha inviato a Superabile.it un contributo per fare alcune precisazioni a quell’articolo. La questione è complessa e chiama in campo le sfere della cultura e dell’appartenenza, dell’educazione, dell’apprendimento e dell’inclusione nella comunità in cui si vive. Perché – si chiede Gitti nel suo intervento che titola ‘Lis: mito o realtà?’ – si dovrebbe puntare al riconoscimento della Lis come lingua? E argomenta: “Il riconoscimento della lingua dei segni che per la verità non spetta allo Stato, ma alle autorità scientifiche, comporta implicitamente il riconoscimento della minoranza sorda obiettivo vero di tutte le lobby dei sordi nel mondo. Su questo punto nessuno fa chiarezza, eppure è l’aspetto più importante: le persone faranno parte di una minoranza in base a un deficit!… Possiamo accettare che un gruppo di italiani si dichiarino minoranza in base a un deficit?”.

Gitti non fa giri di parole: “Le lobby dei sordi vogliono che la sordità sia considerata uno status e non un deficit, vogliono che venga riconosciuto il diritto di essere Sordo (con la S maiuscola), di essere considerati una minoranza linguistica con una propria cultura e una propria lingua, vogliono essere considerati un popolo. Questo – prosegue Gitti – è ciò che sta dietro al riconoscimento della lingua dei segni! Il riconoscimento della lingua dei segni è un falso obiettivo perché nessuno vuole togliere ai sordi la possibilità di usare in caso di necessità il linguaggio mimico gestuale. Dietro al riconoscimento della lingua dei segni c’è il riconoscimento della minoranza e della cultura sorda”. “Credo che il Parlamento abbia un compito estremamente difficile e culturalmente molto impegnativo – prosegue il professore citando il testo di legge in Commissione alla Camera -. In una società civile è difficile sostenere che un gruppo di persone possano autodeterminarsi, possano decidere di costituirsi in minoranza linguistica in base a un deficit, a una difficoltà a raggiungere determinati obiettivi. Sarebbe il riconoscimento della mancanza di solidarietà, del diritto/dovere all’inclusione e un precedente per l’auto-determinazione di altri gruppi”. Da qui la proposta che Gitti avanza: “La persona sorda con tutto ciò che è già previsto delle attuali Leggi, con la diagnosi precoce, l’abilitazione, l’educazione e l’utilizzo della moderna tecnologia, può raggiungere una adeguata competenza linguistica nella lingua italiana. Se è così perché non uniamo gli sforzi, le competenze, le risorse, perché non promuoviamo una unica grande associazione affinché tutti i sordi possano imparare la lingua di tutti e possano disporre di tutte le tecnologie sanitarie e sociali possibili per vivere con tutti insieme a tutti, senza interpreti.

Certo ci saranno alcuni, non certo a causa della sordità, che avranno difficoltà a parlare, per loro, abbiamo sempre a disposizione l’antico e utilissimo linguaggio mimico gestuale che nessuno vuole abolire”. Perché, dice Gitti citando don Milano, “è solo la lingua che ci fa uguali”. (ep)


Lis: mito o realtà?

Con un contributo inviato alla nostra redazione Giuseppe Gitti, logopedista e docente dell’Università di Firenze fa alcune precisazioni in merito a un articolo uscito qualche giorno fa sul Corriere della sera. E ribadisce la “povertà” della lingua dei segni

ROMA – In merito all’articolo del Prof. Massimo Piattelli Palmarini Parlare con i segni, ora è una lingua, pubblicato su Corriere della sera il 26 settembre scorso, gradirei fare alcune precisazioni. Certo non ho l’autorità scientifica per contestare le sue affermazioni. Posso solo riferire la mia esperienza: 6 anni di vita in comune con i sordi e 8 anni di insegnamento nelle scuole speciali per sordi mi hanno convinto che con la lingua dei segni si può parlare solo di argomenti quotidiani e di cose concrete. Potrei non essere “portato” per le lingue! Per la verità non sono solo a sostenere la “povertà” della lingua dei segni. Per oltre tre secoli tutti gli educatori che i sordi li conoscevano non perché li avevano studiati sui libri, ma perché vivevano con loro tutti i giorni, hanno sempre sostenuto la mia opinione. D’altra parte i vocabolari della lingua dei segni contano al massimo 800 vocaboli, effettivamente un numero ridicolo per poter parlare di tutto. Molti sostengono che con la lingua dei segni si può parlare di ogni argomento e che gli interpreti possono tradurre tutto. Ma è stato verificato che cosa che cosa traducono e che cosa comprendono i sordi che conoscono solo la lingua dei segni?

Lingua dei segni o linguaggio mimico gestuale. Contrariamente a quanto si pensa, la lingua dei segni non è stata ri-scoperta dai sordi, ma dagli scienziati. Sono stati gli psicologi sperimentali intorno agli anni’70 ad interessarsi del linguaggio mimico gestuale dei sordi per approfondire i normali processi di acquisizione del cognizione e della lingua. Gli scienziati dando per scontato l’equipotenzialità delle due lingue trovarono validi riscontri alle loro teorie innnatiste, genetiche, modulariste. La lingua in quanto da essi ritenuta un prodotto biologico, un linguaggio della mente, un linguaggio senza parole, un linguaggio fatto di immagini non era necessario che fosse orale: le immagini potevano essere sia segni che parole. La Lingua dei segni poteva giustamente essere considerata una lingua a tutti gli effetti. I sordi non partecipavano e non erano inizialmente interessati a queste discussioni teoriche. loro continuavano ad usare il loro linguaggio come avevano sempre fatto, anche quando, praticamente da sempre, l’obiettivo degli educatori era la lingua orale. In Italia fino agli inizi degli anni ’90 l’Ens difendeva il linguaggio mimico gestuale. Ma intorno agli anni ’60 la tecnologia mise a disposizione dei sordi la protesi acustica, una tecnologia che rivoluzionò culturalmente, organizzativamente e socialmente il “mondo” dei sordi: si cominciò a prendere atto che molti sordi e “sordastri” potevano apprendere più facilmente la lingua orale e molti potevano e volevano essere integrati nelle scuole normali e nella società.  Un vero pericolo per le grandi Istituzioni private e per le lobby dei sordi che temevano di perdere “clienti”. In questo quadro, seppur per ragioni diverse, l’interesse degli “scienziati” coincideva con quello delle lobby dei sordi. E, strumentalmente, non solo si esaltò la lingua dei segni, ma anche tutto ciò che ovviamente ne consegue: minoranza, etnia, cultura, storia dei sordi, ecc. I Sordi (lettera maiuscola) sono un popolo, la sordità non è un deficit ma uno status. Niente di meglio per le grandi lobby dei Sordi! Oggi le teorie rigidamente cognitiviste vengono messe in discussione e sta prendendo campo una visione bio-psico-sociale della lingua. La parola non è una immagine da “immagazzinare” ma è un concetto risultato di uno sviluppo poli e intersensoriale dove il soggetto e l’ambiente hanno un ruolo determinante. La parola non è più costituita dall’associazione significato-significante ma è il segno convenzionale di un concetto che non può non avere in sé tutte le connotazioni e quindi anche quella uditiva.  Nessun linguaggio per quanto strutturato come la lingua dei segni può avere dignità di lingua. A questo proposito nonostante studi approfonditi gli scienziati non sono ancora giunti alla determinazione del numero dei fonemi/cheremi e molti studiosi mettono in discussione la presenza della doppia articolazione ritenendo i fonemi- cheremi dei morfemi. Una cosa è certa, è impossibile fare lo spelling e, come ha fatto il Corriere della sera (26/09/2011), è assolutamente errato e fuorviante inserire a supporto di un articolo sulla lingua dei segni la dattilologia che altro non è che un alfabeto manuale che può tradurre una lingua orale, non una lingua dei segni.

Bilinguismo. Il bilinguismo è un fenomeno che noi italiani conosciamo molto bene in quanto siamo quasi tutti bilingui e sappiamo che è possibile solo se il bambino ha pari opportunità linguistiche, cioè se vive in un contesto bilingue. Alcuni studiosi sostengono che per la sopravvivenza di una lingua sia necessaria una comunità con almeno 100.000 abitanti. A questo punto per comprendere se è possibile il bilinguismo lingua dei segni/lingua orale è necessario sapere quanti sono i sordi. Non è facile, infatti nessuno sa quanti sono. L’unico dato certo che abbiamo è che i sordi profondi sono lo 00,4 per cento . Ciò significa che in Italia nascono circa 250 sordi profondi all’anno. Per rendere comprensibile il fenomeno ne nascono 2/3 per provincia. Ma i sordi non sono solo questi e fino a quando verrà tenuta in considerazione solo la definizione audiologica e, contrariamente alla cecità, la sordità verrà quantificata senza protesi, sarà estremamente difficile sapere quanti sono. Sicuramente sono molto pochi per consentire la sopravvivenza della lingua dei segni sia perché dispersi geograficamente su tutto il territorio nazionale, sia perché non essendo la sordità una patologia dominante, la minoranza sorda sarà sempre “diversa” perché determinata da un deficit e non da vincoli di parentela, di lingua e di cultura.

Proposta. Le lingue dei segni dei segni sono state studiate sotto tutti gli aspetti ed è veramente strano che nessuno abbia preso in considerazione la verifica delle potenzialità della lingua dei segni. È una prova semplice e determinante perché se la lingua dei segni è una lingua a tutti gli effetti deve essere equipotente. Forse non è stata fatta perché tutti gli udenti che conoscono la lingua dei segni e tutti i sordi che la utilizzano continuativamente sanno perfettamente che con la lingua dei segni si parla solo di cose concrete e di argomenti quotidiani. Premesso che non esiste una lingua italiana dei segni ma tante lingue (quale lingua verrà riconosciuta?), premesso che le persone sorde sono disperse geograficamente su tutto il territorio nazionale, premesso che il 95% dei genitori dei bambini sordi sono udenti, qualcuno dovrebbe spiegare dove, come e quando sia possibile il bilinguismo. Tra l’altro anche se si riuscisse a creare una comunità di tutti sordi ( esperienza proposta in America) non ci sarebbero comunque pari opportunità linguistiche in quanto la lingua dei segni viene imparata dai sordi con un feedbak normale a differenza della lingua orale. Ovviamente i bambini sordi privilegeranno la lingua dei segni, è per questo motivo che i gradi educatori del passato affermavano che il gesto uccide la parola. Ma a prescindere da queste considerazioni pratiche, c’è un problema culturale molto più importante che va tenuto presente. Il riconoscimento della lingua dei segni che per la verità non spetta allo Stato, ma alle autorità scientifiche, comporta implicitamente il riconoscimento della minoranza sorda obiettivo vero di tutte le lobby dei sordi nel mondo. Su questo punto nessuno fa chiarezza, eppure è l’aspetto più importante: le persone faranno parte di una minoranza in base a un deficit! Ma non è tutto. Le lobby dei sordi vogliono che la sordità sia considerata uno status e non un deficit, vogliono che venga riconosciuto il diritto di essere Sordo (con la S maiuscola), di essere considerati una minoranza linguistica con una propria cultura e una propria lingua, vogliono essere considerati un popolo. Questo è ciò che sta dietro al riconoscimento della lingua dei segni! Il riconoscimento della lingua dei segni è un falso obiettivo perché nessuno vuole togliere ai sordi la possibilità di usare in caso di necessità il linguaggio mimico gestuale. Dietro al riconoscimento della lingua dei segni c’è il riconoscimento della minoranza e della cultura sorda.  Possiamo accettare che un gruppo di italiani si dichiarino minoranza in base a un deficit? Possiamo accettare che bambini, genitori, parenti e amici facciano saltuariamente parte di un altro popolo? È possibile pensare che il figlio sordo di genitori udenti faccia parte di una minoranza diversa dalla loro? È incredibile, ma questo è quanto sostenuto da tutte le lobby mondiali dai Sordi e anche da moltissimi scienziati. E allora? Allora siccome i bambini sordi anche grazie alle nuove tecnologie hanno la possibilità di apprendere la lingua, hanno il diritto, ma anche il dovere di apprenderla per vivere insieme alle loro famiglie nella società di tutti.

Se vogliono la minoranza linguistica e la lingua dei segni come prima lingua e se lo Stato, riconoscendo la lingua dei segni, glielo consente, facciano pure, ma debbono essere giustamente riconosciuti come Sordi, come minoranza linguistica. In quanto Sordi non possono essere considerati disabili (non può esistere una minoranza disabile!) e quindi dovranno rinunciare a tutte le previdenze che la Legge prescrive in favore delle persone sorde che si ritengono disabili ed essere trattati come tutte le altre minoranze linguistiche . Non si può essere disabili o Sordi a giorni alterni! Credo che il Parlamento abbia un compito estremamente difficile e culturalmente molto impegnativo. In una società civile è difficile sostenere che un gruppo di persone possano autodeterminarsi, possano decidere di costituirsi in minoranza linguistica in base a un deficit, a una difficoltà a raggiungere determinati obiettivi. Sarebbe il riconoscimento della mancanza di solidarietà, del diritto/dovere all’inclusione e un precedente per l’autoderminazione di altri gruppi. Concludo con una proposta che, se non esistono pregiudizi e interessi, dovrebbe trovare il favore di tutti. La persona sorda con tutto ciò che è già previsto delle attuali Leggi, con la diagnosi precoce, l’abilitazione, l’educazione e l’utilizzo della moderna tecnologia, può raggiungere una adeguata competenza linguistica nella lingua italiana. Se è così perché non uniamo gli sforzi, le competenze, le risorse, perché non promuoviamo una unica grande Associazione affinché tutti i sordi possano imparare la lingua di tutti e possano disporre di tutte le tecnologie sanitarie e sociali possibili per vivere con tutti insieme a tutti, senza interpreti. Certo ci saranno alcuni, non certo a causa della sordità, che avranno difficoltà a parlare, per loro, abbiamo sempre a disposizione l’antico e utilissimo linguaggio mimico gestuale che nessuno vuole abolire. È solo la lingua che ci fa uguali (Don Milani)

Prof. Giuseppe Gitti . Fonte: superabile.it

 

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