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Carlo Maria Martini. Apostolo della comunicazione

CARLO MARIA MARTINI APOSTOLO DELLA COMUNICAZIONE

I giornali e i mezzi di comunicazione di massa sono pieni di notizie circa la morte di CARLO MARIA MARTINI, grande cardinale del nostro tempo.

Nei giorni scorsi le sue condizioni si erano particolarmente aggravate. Per questo l’arcivescovo di Milano, il cardinale Angelo Scola, aveva invitato «tutti i fedeli della Diocesi e a quanti l’hanno caro» a pregare per lui.

Nel pomeriggio di venerdì 31 agosto è arrivato la notizia della sua morte.

Nato a Torino nel 1927, Carlo Maria Martini, 85 anni, è stato arcivescovo di Milano dal 1979 al 2002.

Da anni per le sue precarie condizioni di salute aveva dovuto rinunciare ai suoi studi biblici nell’amata Gerusalemme, dove si era ritirato nel settembre del 2002, alla fine dei 23 anni di episcopato milanese.

Malato di Parkinson da tempo, sette anni fa era dovuto rientrare in Italia per farsi assistere in modo appropriato. Da Gallarate, dove risiedeva all’Aloisianum casa della comunità dei Gesuiti, Tuttavia Martini in questi anni ha continuato a predicare e a studiare, ricevendo in visita privata fedeli e cittadini che chiedevano di incontrarlo.

Ha celebrato messa fino alla vigilia della morte ed è rimasto lucido fino alle ultime ore di vita  rifiutando tutto ciò che riteneva “accanimento terapeutico”.

I suoi funerali sono stati celebrati in forma solenne nel duomo di Milano lunedì 3 settembre 2012 e poi il cardinale Carlo Maria Martini è stato seppellito nella stessa cattedrale.

Numerosi i messaggi di cordoglio e di elogio alla figura del grande cardinale:

Benedetto XVI, “pensando con affetto a questo caro fratello che ha servito generosamente il Vangelo e la Chiesa”,  ha ricordato «con gratitudine» l’intensa opera apostolica di Martini, «profusa quale zelante religioso figlio spirituale di Sant’Ignazio, esperto docente, autorevole biblista e apprezzato rettore della Pontificia Università Gregoriana e del Pontificio Istituto Biblico», solerte e saggio arcivescovo dell’arcidiocesi ambrosiana.«Penso altresì – ha aggiunto il Pontefice – al competente e fervido servizio da lui reso alla Parola di Dio, aprendo sempre più alla comunità ecclesiale i tesori della Sacra Scrittura, specialmente attraverso la promozione della Lectio Divina».

Padre Lombardi della Sala Stampa Vaticana ha ricordato l’abbraccio di Martini con Benedetto XVI durante la Giornata mondiale delle famiglie quale sigillo del suo cammino di pastore. «L’incontro a Milano due mesi fa è stato un momento altamente significativo e la dimostrazione della continuità nel servizio pastorale dell’arcidiocesi, Martini era consapevole di essere arrivato al termine della sua vita e incontrare il Papa è stato per lui il dono e il riconoscimento più belli per il servizio svolto in tanti anni sulla cattedra di Sant’Ambrogio», ha puntualizzato padre Lombardi.

Il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano ritiene la scomparsa del Cardinale Carlo Maria Martini “una dolorosa grave perdita non solo per la Chiesa e per il mondo cattolico ma per l’Italia, il paese di cui era figlio e cui ha dedicato tanta parte del suo impegno e del suo insegnamento”. “Nella metropoli lombarda – prosegue la nota del capo dello Stato – ha lasciato l’impronta profonda della sua attività pastorale così ispirata e socialmente sensibile. La sua sapienza e la sua visione universale si sono proiettate nell’area più vasta della Cristianità e lungo i percorsi innovativi del dialogo inter-religioso. Anche negli ultimi anni di personale sofferenza ha saputo dialogare con gli italiani da grande maestro di vita intellettuale e morale”.

Il giornale Avvenire afferma: “Dopo una lunga vita spesa a farsi eco della Parola di Dio, Martini era rimasto quasi senza parole. Quando gli ultimi suoni che dovevano esserci consegnati – puri respiri, quasi – sono stati consegnati, il cardinale Martini ha consegnato anche lo spirito. L’ha consegnato a Dio, certamente. Ma tutte le sue parole, fino all’ultimo respiro, le ha prima consegnate a noi”.

Ferruccio De Bortoli, direttore del Corriere della Sera ci parla della difficoltà del cardinale a comunicare:

«Carlo Maria Martini è stato un grande uomo di chiesa, un arcivescovo straordinario, un presule insostituibile, un teologo raffinato. Ma è stato soprattutto un maestro, una guida spirituale per tutti noi, anche per coloro che non avevano il dono della Fede. E ha insegnato a coltivare la speranza, ha dato una risposta a tutti coloro che si rivolgevano a lui come a un padre. Questo è il tratto più significativo dell’esperienza che Martini ha avuto come collaboratore del Corriere della Sera. Ha risposto a tutte le lettere dei lettori, a quelle più scomode per un uomo di Chiesa, nelle quali si parlava dei temi della bioetica, del divorzio, della Fede persa. Ha saputo in qualche modo dare una risposta a tutti, un maestro che ha saputo parlare anche e soprattutto a coloro che non hanno la Fede. Credo che ci mancherà molto perché la nostra è una società orfana dei maestri e lui sapeva trovare le parole per comunicare. Ha comunicato anche quando ha perso la voce, quando è venuto a trovarci alla metà dello scorso giugno per dirci che non poteva più collaborare con il Corriere. Non aveva la voce, non parlava più, c’era soltanto un soffio. E quell’immagine del suo soffio tradotto in parole da Don Damiano mi ha fatto venire in mente l’immagine celebre di Giovanni Paolo II che d’un tratto non riesce più a parlare e batte un pugno, cerca di ribellarsi. Ecco, quel pugno, quel giorno Martini non lo batté sul tavolo della nostra sala Albertini: fece un sorriso e poi ci lasciò. Quella è l’ultima immagine che abbiamo, dolcissima, di una persona che ha segnato il nostro tempo. E’ stato un testimone della Fede, ma anche un testimone della nostra civiltà e ci mancherà moltissimo».

*****

Anche la comunità delle persone sorde partecipa al cordoglio della perdita di un amico e pastore, buon cono-scitore dei loro problemi.

Il cardinale Carlo Maria Martini ha più volte invitato a contemplare Gesù nel momento in cui sta facendo uscire un uomo dalla sua incapacità di comunicare. Si tratta della guarigione del sordomuto in pieno territorio della Decapoli (Alture del Golan).

Lo ha fatto in modo mirabile nel 1990 quando scrisse un’importante lettera pastorale diretta a tutti i parroci e i fedeli della sua diocesi dal titolo Effata “Apriti” impostando il programma pastorale sull’importanza del comunicare, azione tipica della Chiesa.

La lettera inizia con un commento al Vangelo di S.Marco (7,31-37), che narra il miracolo di Gesù, quando guarisce il sordomuto.

Con attenzione e ammirazione possiamo rileggere assieme il capitolo introduttivo che ci interessa direttamente, eccolo:

A tante domande sulla malattia del comunicare umano contrapponiamo ora una scena di risanamento. Contempliamo Gesù nel momento in cui sta facendo uscire un uomo dalla sua incapacità a comunicare. Si tratta della guarigione del sordomuto raccontata in Mc 7,31-37.

S. Ambrogio chiama questo episodio – e la sua ripetizione nel rito battesimale – “il mistero dell’apertura”: “Cristo ha celebrato questo mistero nel Vangelo, come leggiamo, quando guarì il sordomuto” (I misteri, I, 3).

Dividiamo il racconto in tre tempi: la descrizione del sordomuto, i segni e gesti di apertura, il miracolo e le sue conseguenze.

1. La narrazione evangelica precisa anzitutto il disagio comunicativo di quest’uomo. E’ uno che non sente e che sì esprime con suoni gutturali, quasi con mugolìi, di cui non si coglie il senso. Non sa neanche bene cosa vuole, perché è necessario che gli altri lo portino da Gesù. Il caso è in sé disperato (7, 31-32).

2. Ma Gesù non compie subito il miracolo. Vuole anzitutto far capire a quest’uomo che gli vuol bene, che si interessa del suo caso, che può e vuole prendersi cura di lui. Per questo lo separa dalla folla, dal luogo del vociferare convulso e delle attese miracolistiche. Lo porta in disparte e con simboli e segni incisivi gli indica ciò che gli vuol fare: gli introduce le dita nelle orecchie come per riaprire i canali della comunicazione, gli unge la lingua con la saliva per comunicargli la sua scioltezza. Sono segni corporei che ci appaiono persino rozzi, scioccanti. Ma come comunicare altrimenti con chi si è chiuso nel proprio mondo e nella propria inerzia? Come esprimere l’amore a chi è bloccato e irrigidito in sé, se non con qualche gesto fisico? Notiamo anche che Gesù comincia, sia nei segni come poi nel comando successivo, con il risanare l’ascolto, le orecchie. Il risanamento della lingua sarà conseguente.

A questi segni Gesù aggiunge lo sguardo verso l’alto e un sospiro che indica la sua sofferenza e la sua partecipazione a una così dolorosa condizione umana. Segue il comando vero e proprio, che abbiamo scelto come titolo di questa lettera: “Effatà” cioè “Apriti!” (7, 34). E’ il comando che la liturgia ripete prima del Battesimo degli adulti: il celebrante, toccando con il pollice l’orecchio destro e sinistro dei singoli eletti e la loro bocca chiusa, dice: “Effatà, cioè: apriti, perché tu possa professare la tua fede a lode e gloria di Dio” (Rito dell’Iniziazione Cristiana degli Adulti, n. 202).

3. Ciò che avviene a seguito del comando di Gesù è descritto come apertura (“gli si aprirono le orecchie”), come scioglimento (“si sciolse il nodo della sua lingua”) e come ritrovata correttezza espressiva (“e parlava correttamente”). Tale capacità di esprimersi diviene contagiosa e comunicativa: “E comandò loro di non dirlo a nessuno. Ma più egli lo raccomandava, più essi ne parlavano”. La barriera della comunicazione è caduta, la parola si espande come l’acqua che ha rotto le barriere di una diga. Lo stupore e la gioia si diffondono per le valli e le cittadine della Galilea: “E, pieni di stupore, dicevano: “Ha fatto bene ogni cosa: fa udire i sordi e fa parlare i muti”“ (7, 35-37).

In quest’uomo, che non sa comunicare e viene rilanciato da Gesù nel vortice gioioso di una comunicazione autentica, noi possiamo leggere la parabola del nostro faticoso comunicare interpersonale, ecclesiale, sociale. Possiamo anche individuare le tre parti di questa Lettera: 1. rendersi conto delle proprie difficoltà comunicative; 2. lasciarsi toccare e risanare da Gesù; 3. riaprire i canali della comunicazione a tutti i livelli.

Il comunicare autentico non è solo una necessità per la sopravvivenza di una comunità civile, familiare, religiosa. E’ anche un dono, un traguardo da raggiungere, una partecipazione al mistero di Dio che è comunicazione.

Tutte queste riflessioni ci inducono a dedicare un biennio del nostro cammino pastorale al tema del comunicare. Non è un tema accessorio o “di lusso”. Si tratta di una condizione dell’essere uomo e donna e dell’essere Chiesa.

(Carlo Maria Martini, EFFATA “APRITI”, Centro Ambrosiano, Milano, 1990, pp. 13-15)

Il Cardinale Martini nella lettera EFFATA ”APRITI” propone una sorta di teologia della comunicazione a partire dall’autocomunicazione di Dio all’uomo. La comunicazione dell’uomo, afferma, è piena di difficoltà e non può che ispirarsi alla comunicazione di Dio quale viene espressa dal mistero della Trinità.

L’Arcivescovo propone anche alcuni itinerari significativi di comunicazione, dal silenzio contemplativo alla liturgia, dalla Parola alla carità. L’invito che ne deriva alla Diocesi, e a noi oggi, è quello di verificare tutte le occasioni e le forme di comunicazione per purificarle alla luce della comunicazione propria di Dio.

Oggetto di particolare attenzione sono le forme di comunicazione non verbale della fede, quali il canto e la musica, la comunicazione simbolica e il linguaggio proprio della Chiesa.

Nel 1991 durante la ricorrenza della XXIII domenica, ordinaria nella liturgia “B” dedicata alla guarigione del sordomuto, quella stessa che ci accingiamo a celebrare il prossimo 9 settembre, egli celebrò con entusiasmo la S. Messa per i non udenti nella cattedrale di Milano predicando il suo messaggio di viva ammirazione verso i sordi che resterà nella storia della diocesi.

Il racconto di quella “memorabile giornata del sordo” lo abbiamo trovato nel Bollettino Informativo Ens di Milano, Dicembre 2000, Anno 2, n.4, in cui si legge:

La 10ª edizione della «Giornata del Sordo di Lombardia» ha visto la partecipazione di quasi un migliaio di soci ENS da tutta la Regione, mentre da Roma è intervenuta la Presidente nazionale ENS, Ida Collu, che hanno presenziato alla Messa solenne nel Duomo di Milano, concelebrata dal Cardinale Arcivescovo, Carlo Maria Martini e da una decina di alti prelati.

Nell’omelia, il Card. Martini ha sottolineato la condizione di disagio dei sordi, già nell’infanzia, per apprendere il linguaggio con la logopedia, poi nella scuola, non ottimale per i sordi, per avere accesso all’apprendimento e alla cultura, ed ha aggiunto che i problemi dei non-udenti sono molto sentiti anche dopo la scuola, nella difficile ricerca di un posto di lavoro che soddisfi le loro aspettative e la necessità, per essi, di formarsi una propria famiglia. I sordi anziani, infine, trovano quasi sempre, al termine di un difficile cammino, solo la compagnia della solitudine nel silenzio che li circonda. Ha avuto tuttavia parole d’incoraggiamento: il Vangelo di quel giorno (Mc. 7, 31-37) narra della guarigione del sordomuto, e con gli interpreti che traducevano le parole del Cardinale Arcivescovo, ai sordi pareva di sentire benissimo!”.

Grazie cardinal Carlo Maria Martini, resterai nella storia e nei cuori delle persone che non sentono.

Da lassù intercedi per noi, perché possiamo rendere sempre più attuale quell’ammirabile messaggio dell’EFFATA divino.

P. Vincenzo Di Blasio
Procuratore Generale della PMS
Assistente Ecclesiastico Nazionale del Mas

nw132 – 1 settembre 2012

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