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Udito. Problemi per 7 milioni di italiani

Udito. Problemi per 7 milioni di italiani. Ma il 56% li ignora, anche per vergogna

I dati arrivano dal Congresso della Federazione Audioprotesisti appena concluso a Rimini. L’Italia è fanalino di coda in Europa per prevenzione, numero di audioprotesisti e apparecchi acustici applicati. Lo indossa solo il 20% di chi ne avrebbe bisogno.

Nessuno si vergogna a indossare un paio di occhiali. Tanti invece rifiutano di portare l’apparecchio acustico se non sentono bene: vi ricorre appena il 20% dei sette milioni di italiani con problemi di udito. Tutti gli altri preferiscono ignorare il problema per paura, pudore o anche perché nel 56% dei casi non hanno mai fatto una vera visita di controllo della funzione uditiva.

Così in media passano 10 anni fra i primi sintomi di deficit dell’udito e l’applicazione dell’apparecchio acustico, oggi sempre più discreto ed efficace, mentre la maggioranza della popolazione non conosce affatto la figura dell’audioprotesista (riconosciuta normativamente solo 18 anni fa), l’unico professionista sanitario abilitato che fornisce, adatta e controlla gli apparecchi acustici e segue i pazienti nel tempo.

L’Italia è in estremo ritardo nei confronti del resto d’Europa, dove la percentuale dei pazienti con deficit che portano l’apparecchio sale ben oltre il 40% rispetto al nostro 20%. Nel nostro Paese esistono appena 1200 centri per le audioprotesi dove lavorano circa 3.200 professionisti, mentre in Germania, dove i pazienti ipoacusici sono circa 10 milioni, i centri sono oltre 4000 e gli audioprotesisti ben 8.000. In Francia, dove i pazienti con deficit dell’udito sono quasi 8 milioni, i centri sono ben 3.200.

E nonostante la certificazione che dopo solo un anno un laureato audioprotesista in Italia trova lavoro, i corsi di laurea in tecniche audioprotesiche restano una chimera per molti a causa del numero chiuso.

Sono questi alcuni dei temi affrontati nell’ambito del Congresso Nazionale della Federazione Italiana Audioprotesisti svolto nel fine settimana a Rimini. Ma per avere informazioni e consigli appropriati c’è ancora tempo. È online infatti da oggi il sito www.icentriacustici.it affiliato all’Associazione Italiana Audioprotesisti per aiutare chi ha problemi di udito a trovare un punto di riferimento e una soluzione al suo disturbo.

“Ogni anno – spiegano gli esperti – in Italia vengono applicati 350 mila apparecchi acustici per circa 240 mila pazienti: l’audioprotesista è la persona a cui guardare con fiducia per tutti i dubbi e le necessità relative a questi strumenti”. Anche considerato che “costa molto meno rimediare a un difetto uditivo che gestire pazienti con ipoacusia ‘non rimediata’”. Si stima infatti che la sordità in Europa costi circa 280 milioni di euro l’anno, mentre per dare il giusto apparecchio acustico a ciascun paziente bastano 80 milioni.

“Oggi sarebbe impensabile non mettere gli occhiali se c’è un difetto visivo – spiega Gianni Gruppioni, presidente Associazione Nazionale Audioprotesisti Professionali (Anap) – ma c’è invece ancora moltissima resistenza a controllare e correggere i deficit uditivi. Eppure non sentire significa tagliarsi fuori dal mondo, correre rischi, avere una qualità di vita scarsa. Manca innanzitutto un’adeguata informazione da parte del medico di medicina generale. Sarebbe auspicabile, per riuscire a fare una vera prevenzione, indirizzare ai controlli adeguati la popolazione e soprattutto i pazienti che riferiscono di sentire ronzii o che si accorgono di aver necessità di farsi spesso ripetere le parole. Non mancano neppure seri rischi: guidare l’auto senza un udito perfetto aumenta il pericolo di incidenti”.

Con la popolazione che invecchia l’ipoacusia è in continua crescita così come accade con la presbiopia, tanto che si parla di ‘presbiacusia’. Un fenomeno che riguarda almeno il 30% delle persone fra 65 e 75 anni e addirittura il 50% dopo i 75 anni, con una prevalenza maggiore fra chi abita in città per la presenza di un ‘carico’ di rumore più elevato e costante.

“Le ipoacusie – spiega Elio Marciano, presidente della Società Italiana di Audiologia e Foniatria – interferiscono sulle possibilità relazionali, sul cognitivo, sulla memoria e altro. Il ritardo o la mancata correzione della disabilità uditiva, anche per le forme minori, può comportare danni irreversibili a carico delle vie uditive centrali e/o periferiche, nell’adulto e a maggior ragione nel bambino, dove un udito adeguato è la condizione fondamentale per imparare il linguaggio. Occorre perciò sensibilizzare i cittadini all’importanza dei controlli, a partire dallo screening neonatale e dei bambini in età scolare fino all’età adulta. Poi, dopo i 50-55 anni, sarebbe opportuna una visita annuale di controllo. L’audioprotesista è fondamentale: in collaborazione con le altre figure che partecipano al percorso di cura (audiologo-foniatra, audiometrista, logopedista) coopera alla creazione del progetto abilitativo/riabilitativo e consente il miglior approccio possibile, sanitario e psicologico, all’uso dell’apparecchio acustico”.
Ancora oggi tuttavia l’apparecchio acustico è visto e vissuto come qualcosa di invasivo, meno comodo dell’occhiale anche se non è più così: i prodotti odierni sono semplici da usare e leggeri, possono arrivare a pesare appena un grammo ed essere praticamente invisibili.

“La tecnologia è molto migliorata negli ultimi anni – aggiunge Salvatore Regalbuto, vicepresidente nazionale Anap – e oggi è possibile personalizzare al massimo l’applicazione. Esistono strumenti che possono interfacciarsi via bluetooth con il cellulare o la televisione, per sentire meglio e senza interferenze, altri che sono del tutto invisibili nell’orecchio: ma la scelta deve essere però fatta dall’audioprotesista. Non si può pensare di acquistare un apparecchio acustico come fosse un telefonino o in farmacia quando trattasi di un amplificatore qualsiasi e non c’è un audioprotesista che assiste la persona con problemi di udito. Lo stesso ausilio infatti può dare risultati completamente diversi a seconda del tipo di taratura e di applicazione: è l’audioprotesista che, sulla base delle caratteristiche dell’ipoacusia, delle esigenze del paziente e del suo stile di vita, deve trovare il miglior compromesso fra l’estetica e la funzionalità dell’apparecchio”.

“L’audioprotesista – conferma Gruppioni – è l’unica figura sanitaria abilitata che può guidare con competenza – derivante dal percorso di laurea e dall’aggiornamento continuo in medicina obbligatorio – il paziente nella scelta: un ausilio per l’udito non è un prodotto da fai da te, non si devono preferire scorciatoie a basso costo. È inutile, per esempio, dare un prodotto complesso da gestire a un anziano con poca manualità che ha difficoltà con un telecomando. Oggi la tecnologia mette a disposizione dispositivi completamente automatici. L’apparecchio vale il 30, 40% del successo dell’applicazione, il resto dipende dall’adattamento, personalizzato e unico per ogni singolo paziente, compiuto dall’audioprotesista, che, attraverso incontri successivi, arriva a dare al paziente il prodotto su misura per lui, che gli calzi come un guanto”.

Fonte: quotidianosanita.it – nw175 – 27 novembre 2012

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