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Lo sforzo (inutile?) dei pionieri della cultura

Lo sforzo (inutile?) dei pionieri della cultura. Conseguita nel 1970 la maturità magistrale, dopo aver lasciato  gli studi tecnici, il Rettore dell’Istituto Superiore per sordi  “A. Magarotto” di Padova, Dr Vittorio Ieralla e pure Presidente dell’Ente Nazionale Sordi (ENS), mi volle a Roma perché – letto il curriculum scolastico sia del preside dove sostenevo  gli esami di maturità annuale per il passaggio  alla  classe superiore (allora il famoso Magarotto non era statizzato né paritario, s’era organizzato per aprire corsi  di scuola  superiore, vale a  dire per geometri, ragionieri e magistrali) e del  preside prof. Lino Stimamiglio – mi iscrivessi all’Università per dimostrare al Ministero dell’Istruzione che, i sordi, erano in grado di frequentare i massimi studi.

Ero titubante nell’accogliere la proposta. Il grande presidente  dell’ENS mi stimolò proponendomi l’incarico di «assistente  di disciplina» nell’Istituto di  via casal Lumbroso, sull’Aurelia, che, in quel periodo, corrispondeva  all’educatore di oggi. Il mio stipendio era di 80mila lire  al mese, più vitto e  alloggio. In quell’Istituto fruivo di una mia  cameretta. Il mio compito era svegliare, la  mattina,  i collegiali, seguirli sino all’inizio delle lezioni e, la  sera, ad una  certa ora, controllare che andassero al letto nel grande camerone.

Nell’Istituto svolgevano l’incarico di “assistenti di disciplina”, nel mio primo anno, tutti giovani udenti che, perlopiù,  frequentavano l’Università  La Sapienza di Roma.

Per la verità non era facile tenere  a bada quasi 60 studenti  per camerone. I “miei”  facevano un gran casino, approfittando  d’alzare al massimo il volume della TV,  al massimo c’erano taluni che, per farli scendere  dal letto, bisognava strappar via le coperte:  urlacci e gesti sconci imperavano in un’anarchia che facevo faticare a bloccare!  Per  dire il vero non li seguivo come  avrei dovuto perché molto impegnato  a preparare gli esami, a riassumere,  per iscritto, capitoli e brani dei libri del programma degli insegnamenti universitari. I miei colleghi si lamentavano col direttore dell’Istituto, Gino Zorzo, il quale  riferiva – puntuale – al Presidente dell’ENS, Dr  Vittorio Ieralla, che  era consueto dormire in  una cameretta della foresteria dell’Istituto.

Una sera, ricordo,  il direttore Zorzo si lamentò con Ieralla per il fatto che ero sempre “uccel di bosco”, abbandonando i ragazzi per passare ore e ore fra i libri. Ieralla  gli rispose: «Lo lasci studiare, per ora. Vedremo!»  Il vedremo era  esplicito nell’attesa che mostrassi la  capacità di superare  gli esami.  Nella prima sessione estiva, in una settimana dette tre esami. Ieralla mi chiamò una  sera al tavolo, dove cenava insieme al direttore, al capo degli assistenti e a qualche  ospite che  capitava all’Istituto. «Allora, Pigliacampo, come vanno gli esami?» Senza pronunciar parola, quella sera, giacché mi attendevo la  richiesta,  gli allungai il libretto universitario. Ieralla lo sfogliò notando i miei voti, tre Trenta di fila in una settimana.  «Bravo!» disse contento.  «Domani sera mi porti la fotocopia del libretto».  Così feci. Non seppi mai  sotto a quali occhi autorevoli  finirono i miei primi voti universitari! Ricordo solo le frasi del Presidente  dell’ENS al direttore Gino Zorzo, quella sera: «Lasci studiare  questo giovane. Egli conosce l’obiettivo per cui è qui!»

Quanti sacrifici mi costavano  dimostrare le potenzialità dei sordi  che potevano frequentare i massimi studi!

Quando compivo questi sforzi pensavo:  “Nei prossimi anni i sordi non dovranno dimostrare  niente, la loro inclusione all’Università sarà routine.”

Oggi siamo nel 2013. E’ vero che molti sordi e ipoacusici frequentano le scuole superiori residenziali, avendo accanto assistenti e docenti di sostegno.

Qui si apre una parentesi che esporremo nei prossimi interventi.

Per quanto concerne la frequenza universitaria: oggi gli atenei accolgono, senza problemi, i sordi che hanno a disposizione, secondo la  loro richiesta, il prendi – appunti delle lezioni, l’ interprete di LIS, in qualche Facoltà sono consuete le lezioni  fondamentali sottotitolate o tante  altre opportunità didattiche.  La Riforma della Scuola con la Legge Falcucci  n. 517/1977 ha favorito un’apertura utile per quei protagonisti desiderosi di apprendimento che puntavano a vincere la  sordità per mezzo del processo culturale.

La Rivoluzione c’è stata, eccome! Anche qualche sordo si è adeguato, nei primi anni della Riforma, nel processo d’integrazione sociale  e culturale. Ma, invero, siamo stati pochi. Qualcuno ormai ha fatto il suo tempo, è in quiescenza!  I nuovi professionisti sordi della  scuola, penso agli psicologi, a docenti con laurea specifica, ossia ad architetti, a ingegneri sono  troppi pochi.  Qualcuno brama una legge ad hoc per le assunzioni. Non credo  possa esser utile alla lunga per le professioni  che implicano il superamento dell’esame di Stato e l’iscrizione negli ordini professionali.

Oggi siamo chiamati a compiere una selezione fra i sordi in grado di “saper fare”! Ce ne  sono alcuni in gamba.  C’è qualcuno che vive bene con la propria professione, ma ce ne sono anche parecchi che hanno  ‘strappato’, come si vuol dire, il titolo di studio. La cultura professionale e accademica non fanno loro onore rinverdendo di pregiudizi la  «categoria», tanto per dire, sebbene io non creda nelle categoria, bensì nelle capacità culturali e intellettive dei sordi. Classificarci in settori ristretti significa costruirsi steccati per questuare, alle Istituzioni ufficiali, un titolo professionale  o di studio che può venire solo dal tenace impegno  individuale e dall’apporto di professionisti e  docenti ad hoc. Ormai è accertato che, i sordi, possono apprendere tutto (cfr Scuola di Silenzio, Lettera ad una Ministro (e dintorni), Armando editore, Roma 2005) per aprire un dialogo del fare nell’autonomia delle scelte.

Eppure c’è sempre qualcuno che ancora stoppa il loro progresso, la capacità di prendere coscienza del proprio status. C’è chi afferma che  manca un processo di selezione, di confronto fra i diversi  saperi per maturare l’indipendenza di giudizi che, oggi, sono delegati agli udenti. É ipotizzabile che talune associazioni di sordi si siano adagiate pensando che, aperte le porte delle Università,  il titolo di «dottore» conseguito, possa bastare per aprire tutte le porte e vivere  di rendita (sic!). Non credo che pensando così si possa migliorare la condizione del sordo o dell’ipoacusico! Non basta imparare  a segnare bene, dire che la LIS è lingua e tutte le frasi scontate dette e ridette; è  – invece – molto opportuno giovarsi della nostra  lingua italiana per approfondire le  parole e conoscerle nei significati, arricchendoci nella lettura di  giornali, riviste e, soprattutto, di libri!

Ecco che il percorso  culturale ex-novo va proposto subito. Una generazione nuova si appresti  ad utilizzare e   adattare le tecnologie dei media.  Sia chiamata a compiere, con le stesse, una  rivoluzione culturale, dando l’ostracismo alle lusinghe dei  pressappochisti e dei samaritani affinché il Silenzio diventi la bandiera di distinzione d’essere Migliori.
Renato Pigliacampo. Fonte: Di tutto e di tutti circa il mondo della sordità – nw096 – 2013

PER SAPERE DI PIU’

Legge Falcucci

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«Bisogna avere il coraggio di amare il Silenzio, scritto con la S maiuscola, perché dietro, tout-court,  c’è tutto un mondo di persone “meravigliosamente speciali”, vale a dire bambini e adulti che non possono udire intelligibilmente la parola tramite la percezione acustica. Nel corso dei secoli, a seconda dei momenti, sono stati indicati: sordomuti, sordi, sordastri, non udenti, maleudenti, anacusici, ipoacusici, audiolesi, deboli d’udito, duri d’orecchio, cofotici. Io li chiamo semplicemente persone del Silenzio, miei fratelli: e so che,  pronunciandone il nome, mi attribuisco il merito di far parte di quel mondo migliore, che procede con una marcia in più.» (Renato Pigliacampo da Pensieri e riflessioni sul Silenzio)
«La storia è testimonio dei tempi, luce della verità, vita della memoria, maestra della vita» (Cicerone)
«La storia non è utile perché in essa si legge il passato, ma perché vi si legge l’avvenire» (M.D’Azeglio)
«Bisogna ricordare il “passato” per costruire bene il “futuro”» (V.Ieralla) .
Per qualsiasi segnalazione, rettifica, suggerimento, aggiornamento, inserimento dei nuovi dati o del curriculum vitae e storico nel mondo dei sordi, ecc. con la documentazione comprovata, scrivere a: info@storiadeisordi.it.
“Storia dei Sordi. Di Tutto e di Tutti circa il mondo della Sordità”, ideato, fondato e diretto da Franco Zatini

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