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Omaggio a Mons. Puricelli

E’ doveroso rendere omaggio a Monsignor Emilio Puricelli

Ho trovato in archivio della Benefica-Cardano la sottostante “Lettera aperta” scritta da Don Emilio Puricelli nel gennaio 1986, penso sia stata pubblicata sul periodico “Giulio Tarra” di allora.
Ricordo molto bene che nel novembre 1985 era stata organizzata una manifestazione di protesta dinanzi alla sede del Pio Istituto, in via Prinetti 47 a Milano, mentre si teneva colà una seduta del Consiglio Direttivo del Pio Istituto stesso. Era ancora in vita il Rettore Mons. Giulio Broggi e faceva parte del Direttivo del Pio Istituto il Comm- Manlio Marcioni, che era pure Presidente della Associazione Benefica-Cardano. Il Documento l’ho rinvenuto proprio in un catalogo conservato da Marcioni. Credo sarebbe utile farlo conoscere ai sordi, dando atto dell’impegno profuso da Mons. Puricelli a un anno – è morto il 12 giugno 2016 – dalla sua dipartita.

Marco Lué

Ricordando Mons. Emilio Puricelli 2017

Lettera aperta ai sordomuti di Milano e provincia
La vostra presenza presso l’Istituto di Via Prinetti in quel pomeriggio inoltrato, freddo e nebbioso, di giovedì 19 dicembre u.s. – 1985 -, con un cartello e con qualche volantino, non è stata certo per porgere gli auguri di Natale, ma per … “protestare”.
Vi voglio subito dire che la vostra iniziativa, in certo senso, mi ha fatto anche piacere perché “moltissimi di voi, essendo ex allievi, considerano il Pio istituto, una loro Istituzione” e quindi protestavate “affinché l’Istituto di Via Prinetti non venisse eliminato e lo volevate difendere in quanto sarebbe servito a voi e ai vostri figli sordi”.
A ora vorrei rivolgermi direttamente a voi “ex allievi” dell’Istituto, che avete firmato quel documento di protesta e dirvi che eravate ben pochi quella sera e, tra i pochi, pochissimi quelli che seguono normalmente e con interesse l’attività che il Pio Istituto svolge da sempre a vostro favore.
Come mai, da parte vostra, quell’improvviso risveglio a favore dell’Istituto? Sapevate benissimo che la sua situazione era da tempo così precaria tanto da correre il rischio di chiudere!
Qualcuno forse potrebbe anche sperare in questa chiusura, così da cancellare ogni presenza cristiana nella nostra società!
Perché allora vi siete accorti solo adesso che esiste il vostro Istituto, di cui però tanti di voi, presenti quella sera, avevano sempre disatteso i suoi inviti e, dopo il compimento degli studi, varcavano per la prima volta ancora, la sua soglia?
Nel momento attuale, cari amici, non vale tanto difendere dei muri e degli spazi, ormai inadeguati alla legislazione odierna, ma vale la pena, sia pure con tanto rincrescimento, di sacrificarli per poter continuare un’Opera che possa garantirvi ancora un’istruzione e un’educazione cristiana!
Quello che il Consiglio di Amministrazione sta tentando di fare, e che io condivido pienamente. È proprio per la salvaguardia e per la continuazione di quella Istituzione che anche voi, del resto, volete difendere. E dobbiamo far presto, altrimenti sarebbe la fine!
Non abbiate dunque paura, perché non sarete né traditi, né abbandonati!
L’Istituto, con una nuova e moderna sede, potrà ancora provvedere all’istruzione e all’educazione dei sordomuti, con particolare attenzione alla prevenzione e alla diagnosi, alla scuola dell’obbligo e alla formazione professionale.
Per quanto riguarda invece l’assistenza successiva, l’Istituto collaborerà ancora, come ha sempre fatto, con la Sezione Provinciale ENS, che ha proprio il compito di assistere voi ex allievi e che ha assunto direttamente quella assistenza che il Pio Istituto ha sempre svolto dalla sua fondazione.
Ho sentito il bisogno di dirvi tutto questo, perché ho un forte dubbio che molti di voi non sono esattamente informati.
Vi saluto e vi auguro un felice anno 1986.

Don Emilio

Ricordando Mons. Emilio Puricelli 2017 con ens

Intervista a Monsignor Emilio Puricelli (2002)
Responsabile Nazionale della Catechesi dei Sordi

Nato a Venegono (Varese) l’11 agosto 1930, «don Emilio», come continuano a chiamarlo affettuosamente i sordi milanesi che lo considerano uno di loro, ossia un sordo…parlante e segnante, è figlio primogenito di una famiglia di modeste origini: papà muratore e madre casalinga. ha una sorella.
Da bambino, ha frequentato l’oratorio di Venegono , entrando a far parte del gruppo di chierichetti, gli è piaciuta la tonaca e ha fantasticato di diventare prete, mortificando il precoce corteggiamento delle sue coetanee.
E’ entrato nel seminario di San Pietro martire, a Seveso, a 12 anni, quando frequentava la 2a ginnasio. E’ passato poi al seminario di Venegono Inferiore per la quinta ginnasio, il liceo e la teologia, sostenendo poi gli esami presso il liceo Cairoli di Varese.
Conobbe i sordi nel 1948, quando il suo compaesano di nascita, monsignor Giulio Broggi, lo invitò a trascorrere le vacanze estive a “Villa Santa Maria” di Verzago, nel comune comasco di Alzate Brianza. Dopo quella vacanza con i bambini sordi, il giovane seminarista Puricelli confidò al Rettore del Pio Istituto Sordomuti di Milano il vivo desiderio, quando fosse diventato prete, di essere destinato a quell’Istituto… e la richiesta fu esaudita: la sua prima S. Messa il novello sacerdote don Emilio Puricelli, la celebrò lunedì – giorno non festivo- 28 giugno 1954, nella chiesa di Verzago, fra i numerosi, piccoli sordomuti che già lo conoscevano da diversi anni, e coi quali già dialogava in Lingua dei Segni che a quel tempo non si chiamava LIS ed era ufficialmente “proibita”, ma universalmente utilizzata.
Abbiamo rivolto a Monsignor Puricelli, responsabile nazionale della catechesi dei sordi, alcune domande cui di buon grado il prelato ha risposto:

Domanda:Che significato ha per te essere Responsabile dell’Assistenza spirituale dei sordi italiani?
Risposta: Essere responsabile dell’Assistenza spirituale dei sordi italiani valorizza di più quella missione che il Vescovo mi aveva affidato nel 1954, quando mi aveva ordinato sacerdote, e vedo allargato il mio campo di azione sacerdotale tra i sordi, in tutto il territorio italiano. Così mi sono espresso quando ringraziai, con una lettera, la presidente Ida Collu e il Consiglio Direttivo dell’ENS, quando il 2 agosto 1997n mi affidarono quell’incarico.
Sono quasi cinquant’anni che vivo tra i sordi e che mi dedico a loro, prima come insegnante, poi direttore, e ora come coordinatore della pastorale dei sordi nella Regione Lombardia.

D.: Come sacerdote, che significato ha per te l’Ente Nazionale Sordi
R: A differenza del modo di pensare di qualche direttore di altri Istituti per sordi, ho sempre considerato l’Ente Nazionale Sordomuti un’istituzione utile e necessaria per l’assistenza degli stessi sordi, specialmente quando essi erano dimessi dagli Istituti di istruzione. Ho sempre sostenuto che invece di essere “contro”, bisognava essere “dentro” all’ENS, valorizzando quella possibilità che avevamo quando in ogni Sezione Provinciale dell’Ente Nazionale Sordomuti c’era un Assistente Ecclesiastico.
Il mio Istituto, allora, seguiva spiritualmente i nostri ex allievi sia in campo spirituale, sia sociale, anche prima della costituzione dell’ENS, e s’interessava del loro collocamento al lavoro e interveniva all’occorrenza anche in qualche diatriba familiare o d’altro genere.

D.: Quindi essere sordo o udente, secondo te, è fondamentale per… trovare la “dritta via”?
R.: Spiegami cosa intendi per “dritta via”?

Puricelli Emilio Famiglia Luè-Mauri

Intervistatore: E’ una frase che ho preso dalla “Commedia” di Dante, «Nel mezzo del cammin di nostra vita/mi ritrovai per una selva oscura/che la dritta via era smarrita…», sta a te interpretare il significato implicito nella mia domanda e dare una risposta appropriata. Acconsenti?
R.: Io non analizzo Dante. Resto al tempo attuale e al mondo dei sordi. Per trovare la “dritta via”, cioè per vivere onestamente, non è fondamentale essere sordo o udente. Dentro ciascuno di noi è scolpita una legge naturale che ci fa capire il bene ed il male e ciò che è giusto o ingiusto, che ci presenta quindi una norma di vita.
Poiché qualche volta le cosiddette “passioni”, ossia le forze contrarie, possono farci deviare da questa “dritta via”, ecco allora una legge scritta sia dal codice civile, sia dall’etica morale, la cui osservanza aiuta anche i sordi al pari degli udenti. Tutti possono e devono conoscere quella legge, anche se il sordo trova più difficoltà, non tanto per un’incapacità intrinseca, ma per diversi fattori attinenti alla sua minorazione sensoriale.

D: Tu sei stato, per molti anni, insegnante al Pio Istituto Sordomuti di Milano, sei stato testimone diretto del massimo fulgore di quell’Istituto e della sua decadenza come scuola, ti senti in qualche modo coinvolto in quella trasformazione?
R.: Sono entrato giovanissimo nel mondo dei sordi, della loro educazione e istruzione, e mi sono buttato con grande entusiasmo. Era il tempo in cui imperava la “scuola speciale”, con il metodo orale e nessuna voce contraria si faceva ancora sentire.
Ricordo molto bene la reazione suscitata nel “nostro mondo” quando cominciarono ad affiorare altri metodi, altre voci, altre scuole nell’istruzione dei sordi. Anche allora, conservavo un atteggiamento di “ascolto” e di “confronto”, più che di rifiuto. Ma il sistema era quello: noi eravamo nel giusto e gli altri erano degli illusi, ma la nostra scuola non fu in grado, se non in minima parte, di mettersi al passo dei tempi.
Al presente, accetto questa “trasformazione”, ma avrei voluto che si realizzasse a piccoli passi, a gradi, e non di colpo, sconfessando tutto quello che di buono era stato fatto in passato.

D: Cultura e Religione: quanto serve la “fede” e quanto la ragione?
R.: Un individuo può essere una persona di cultura anche se non é religioso, come un altro può essere una persona religiosa pur non possedendo cultura. La fede è sempre un dono, una luce in più, che quando si accende non spegne certo la cultura di una persona, ma dovrebbe portarla ad una più profonda riflessione.

D: Qual è il più bel ricordo che hai della tua vita fra i sordi?
R.: La mia vita fra i sordi è costellata di tantissimi ricordi, bellissimi e gratificanti, e ringrazio ogni giorno il buon Dio di essere prete per loro e tra di loro.
Il più bel ricordo non ce l’ho! In questa dimensione, per me ogni bel ricordo è bellissimo!

D.: E quale un ricordo triste?
R.: Alcuni ricordi sono tristi, come la vendita, per forza di cose, del convitto femminile di Via Settembrini, che già era un indice amaro. Poi l’abbandono definitivo della scuola speciale, con la chiusura totale dei convitti.

D.: “Famiglia, Scuola, Religione e Lavoro”. Puoi sinteticamente esaminare ciascun coinvolgimento nella comunità dei sordi e magari fornire qualche suggerimento?
R: Il concetto di ogni educazione è di aiutare il ragazzo ad un inserimento in ogni ambito sociale e di vita, fornendogli opportune indicazioni. I sordi che hanno frequentato la nostra scuola di un tempo hanno avuto in abbondanza quelle avvertenze e erano così preparati. Si additava l’esempio dei loro genitori, la loro onestà, laboriosità e anche i tanti sacrifici che sostenevano per il loro mantenimento, infondendo il concetto che la scuola serviva di preparazione alla vita futura. La religione doveva essere non tanto una somma di verità da mandare a memoria, ma un coinvolgimento di tutta la persona ad una visione trascendente dell’esistenza.
Il lavoro era preparato con la frequenza già durante il corso di istruzione delle scuole-laboratorio, dove più che a una mansione, gli allievi erano preparati a un ritmo di dipendenza, di sacrificio, ma anche di inventiva. Mi chiedo: “E adesso?”

D.: L’attuale politica dell’ENS ha scelto il “Bilinguismo” e di “essere protagonisti della propria vita”. Tu credo condividi questa scelta, ma era necessario chiudere quasi tutte le scuole specializzate per capirlo?
R.: Dal metodo orale “puro”, che avevo trovato imperante quando sono entrato, giovane maestro, nella scuola dei sordi, mi sono convertito al “bilinguismo” quando cominciai a frequentare i sordi adulti presso la Sezione Provinciale ENS di Milano, e fui a contatto con sordi di diverse provenienze, sia di metodo, sia di educazione. Mi convinsi di ciò perché avevo in mano la chiave per farmi capire subito e bene.
Giudico quindi indovinata l’attuale politica scelta dall’ENS e la condivido pienamente, rammaricandomi assai che il “bilinguismo” non sia entrato a suo tempo anche nelle “nostre” scuole.
Vorrei però mettere in guardia dal pericolo di dare eccessiva importanza al “segno”, più che alla “parola”. Il sordo ha assolutamente bisogno di una base orale sicura, per poi potersi servire anche del segno.

D.: Essere sordo oggi cosa può significare nella Società: ci sono prospettive? Voglio dire: si può guardare fiduciosi verso il futuro o no?
R: Il sordo di oggi, con la sua cultura e con i mezzi a sua disposizione, ha il futuro nelle proprie mani. Non deve continuare a stare a guardare, a subire, deve esprimere la sua opinione, perché é in grado di farlo. E’ terminato il tempo della “delega” e deve agire in prima persona. Senza dubbio, la minorazione uditiva è un ostacolo non indifferente, ma può superarlo se è consapevole del suo stato, e tale consapevolezza può dargli la forza per rompere quella “crosta” che avvolge il suo handicap. Il suo cammino non si deve arrestare di fronte agli ostacoli, e il sordo non deve cedere alle forze contrarie, né rinunciare a guardare sempre più avanti, a tentare percorsi fino ad oggi mai provati. Il futuro è tutto da scoprire.

Grazie, Monsignor Puricelli.
Marco Lué

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