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Santuario di Nostra Signora del Boschetto in Camogli (Genova)

In quegli anni lontani, Tombeto era una villa che apparteneva alla Giurisdizione di Borgotaro. Il suo territorio era diviso in due dal torrente Gotra. Da una parte, in sponda sinistra, la chiesa e i nuclei più importanti, dall’altra, in sponda destra, alcuni sperduti casolari che si spingevano verso l’alto: Caselle,  Beccarini, Signorastri.
Boschetto ancora non esisteva.
Eravamo verso la fine del seicento, si erano da poco acquietati i rapporti tra Zeraschi e Borghigiani per via delle lotte accadute per i confini, quando cominciò a spargersi la voce intorno a certe grazie che s’ottenevano da una Madonna dipinta su un grosso masso d’arenaria.
L’immagine della Vergine con in braccio il Bambino,  si trovava in un boschetto di castagni, subito dopo il torrente Lecora, lungo la strada mulattiera che da Albareto portava verso il passo del Lupo, oggi della Cappelleta. Per quella strada s’andava in Liguria.
Se ne parlava da tempo tra i contadini della sponda destra, che gelosi cercavano di custodire il segreto, finché accadde un fatto che ebbe risonanza in tutta la Val Gotra.
Angela, una ragazzina figlia di contadini che abitavano a Case Nicola, in un giorno come tanti altri, si trovava a pascolare le pecore nel boschetto che custodiva il masso con la Madonna. Come andarono le cose, nessuno potrà mai dirlo. Forse, come tante altre volte, avrà raccolto qualche fiore per abbellire il dipinto, forse quel giorno le sarà pesato più del solito la sua condizione di sordomuta, avrà forse pregato e implorato la Madonna perché la rendesse uguale alle altre ragazze. Supposizioni…quel che è certo è che Angela, quella sera, ritornò a casa risanata, tra la meraviglia di tutti. Parlava e ascoltava come le altre. Per tutta la settimana successiva, da Albareto, Mamponeto, San Quirico, Folta, Cacciarasca, Groppo, Buzzò e altri luoghi, arrivarono gruppi di fedeli, per vedere, pregare, toccare quella immagine miracolosa.
Quei di Tombeto, riva sinistra, capitanati da Gio Lacchini, allora Aiutante delle Milizie e Consigliere Rurale del Borgo, scesero in basso e con l’appoggio del Parroco don Stefano decisero che la faccenda riguardava la religione e quindi il masso con la Madonna dipinta doveva finire per forza nella chiesa parrocchiale. Quelli di riva destra, abituati da anni ai soprusi, alle prepotenze dei più forti non seppero, o non vollero, opporsi alla decisione, anche se la Madonna la sentivano loro.
Forse avranno pensato: “Se la Madonna è davvero miracolosa, può darsi che sia lei ad opporsi ai prepotenti”.
Il masso venne comunque caricato sopra una slitta trainata da buoi e condotto alla Chiesa parrocchiale di Tombeto.
Il mattino seguente Don Stefano, prima ancora di andare a suonare il primo della Messa dell’alba, passò in chiesa per dare un’occhiata alla Madonna. Non c’era più, sparita.
Corse alla casa di Pietro, il Sacrestano. Lo fece scendere da letto: – Pietro, la Madonna non c’è più!.
“Sono stati quei di là dall’acqua, reverendo. Son venuti a rubarla”.
“No. Tutte le porte sono chiuse, nessun segno di sfondamento. Mistero”.
“L’ hanno rubata, don Stefano. Lei non li conosce quei di là dall’acqua. Andiamo a chiamare Gio e gli altri. E si va giù a riprenderla”.
Scesero in un decina, con il carro trainato da buoi. Passato il Gotra bussarono alla porta di  Francesco, lo tirarono giù dal letto e l’apostrofarono violentemente: “Cos’avete combinato stanotte! Ladri. Sacrileghi. Ora ci riprendiamo la Madonna e se succede ancora non vi lasceremo nemmeno entrare nella nostra chiesa. A Messa andrete a Groppo”.
Lui a spergiurare su questo e quello che non s’era mosso. E nemmeno aveva sentito qualcosa di strano nella notte.
Si portarono al boschetto. Il masso stava là, come se nessuno mai l’avesse toccato. Non c’era terra smossa, tutto come prima.
Con cura lo caricarono sul carro, lo legarono ben bene e via.
Quando i buoi arrivarono al guado sul Gotra, si fermarono. Anzi, s’impuntarono. Non v’era modo di farli procedere.
Disse uno: “Hanno paura dell’acqua”.
Si prese del cretino: “ Forse che quando siamo scesi non hanno attraversato senza paura? E ieri non hanno guadato per ben due volte? Stai attento come si fa”.  E ciò detto cominciò a battere la verga sulle spalle delle povere bestie. Inutile, i buoi restavano fermi, immobili.“Spingiamo il carro”. Una parola, fermo nemmeno fosse una montagna.Gio Lachini, poco abituato agli insuccessi, prese una decisione: “Non stiamo qui a farci deridere, lega i buoi a quell’albero, andiamo a desinare e poi torniamo”.Se n’andarono con la coda bassa, salendo in silenzio la stradina che portava verso l’alto.Quando, finito di desinare, si ritrovarono giù al Gotra, s’accorsero che il carro con i buoi non c’era più. Senza aprir bocca cominciarono a correre verso il boschetto. Là giunti, trovarono il carro, i buoi e il masso al suo posto. Nessun segno dello scavo fatto in mattinata.Don  Stefano, si tolse la berretta, si segnò, si mise in ginocchio e disse: “Il suo posto è qui”. E lì rimase.Qualche tempo dopo, la Madonna trovò uno sponsor in una persona di grande prestigio: Matteo Bonti. Era il Commissario di Borgotaro, in nome del Duca di Parma Ranuccio II. Uomo di grande personalità e importanza, se è vero che venne inviato a Venezia per seguire da vicino la  faccenda dei confini con il Granducato di Toscana.

Era a Venezia perché quel Senato aveva avuto l’incarico di mediare e decidere definitivamente sulla lite. Lui doveva segnalare al Duca la posizione dei singoli senatori, suggerire le mosse idonee per averli dalla propria parte,  trovare “l’olio adatto” per ungere certe ruote. Un uomo di mondo, quindi, alquanto spregiudicato, non un bigotto.
La fortuna non sempre accompagna i potenti, così al Commissario Bonti, ormai tornato al Borgo, accadde di essere vittima di una grave caduta da cavallo. Si spezzò le gambe; lo rimisero in piedi con i mezzi d’allora: guarito sì, ma destinato a servirsi di due stampelle per tutta la vita.
Faceva davvero pena, lui uomo potente e rispettato, vederlo ridotto in quel modo, costretto a farsi portare a braccia su per le scale del Comune, quando doveva assistere al Consiglio della Comunità.
Quando gli giunse all’orecchio la notizia di quanto stava accadendo a Tombeto, decise di rivolgersi anche lui a quell’immagine dispensatrice di grazie.
“Se guarisco – pare abbia detto – erigerò in Suo onore un santuario”.
Oltre che uomo di prestigio, doveva essere anche uomo di fede. Dopo la prima visita, gettò le stampelle. Non gli servivano più. Quelle stampelle che per molti decenni restarono nel Santuario da lui fatto erigere. Quello che ancora possiamo oggi ammirare. Nel frattempo il boschetto che custodiva il masso con l’effigie della Madonna, divenne il nome di una località: Boschetto.
Non era più la Madonna del boschetto, ma del Boschetto.

Fonte: www.giacomobernardi.it


 

Percorrendo in direzione levante la via a monte dell’abitato, si raggiunge in pochi minuti il Boschetto, località che trae il nome dal piccolo bosco di castagni, roveri e olmi che un tempo interrompeva con un poggio l’ampio declivio coltivato a viti e ulivi. In esso, nel secolo sedicesimo, all’incrocio di tre stradicciole sorgeva un pilastro sormontato da un quadro raffigurante la Vergine Maria con il Bambino Gesù sulle ginocchia. Presso questa sacra effigie, secondo le testimonianze raccolte agli inizi del secolo diciassettesimo da padre Serafino da Genova, il 2 luglio 1518 la Madonna apparve ad Angela Schiaffino, una pastorella di soli dodici anni, la quale espresse il desiderio prontamente realizzato di veder sorgere in quel luogo una cappella.
Le vestigia di questo primo edificio religioso, ora celate nel terrapieno sottostante il piazzale, vennero alla luce le 11845, quando crollò il muro di sostegno: si potè allora calcolare che il sacro tempio, con la porta rivolta a settentrione e l’abside a mezzogiorno, misurava in lunghezza poco più di dieci metri ed in larghezza poco meno di cinque. Nel 1612, con l’arrivo dei padri serviti, si  procedette all’ampliamento della cappella e alla costruzione  dell’attiguo convento. I lavori si protrassero per circa vent’anni,  con il contributo di tutta la popolazione che offrì generosamente la mano d’opera e concorse alle spese donando i prodotti della terra e del mare: barili d’olio, di vino e di pesce salato. La civica amministrazione, da parte sua, volle destinare alla fabbrica i redditi dei pascoli di Capodimonte ed alcuni contributi straordinari. La nuova chiesa misurava circa trenta metri in lunghezza e dieci metri e mezzo in larghezza: l’altare maggiore, in cotto, fu fasciato in marmo alcuni anni dopo; successivamente venne eretta la parte superiore, che fu modificata nel corso dei restauri ottocenteschi. La soppressione degli ordini religiosi e I’incameramento dei loro beni decretato in età napoleonica, colpirono anche il Santuario del Boschetto, che potè essere tenuto aperto al pubblico solo grazie all’intervento del Comune di Camogli. Nel 1810 l’immobile, venduto all’incanto, divenne proprietà del genovese Bartolomeo Denegri che provvide a resitaurarlo. Nel 1947 il complesso fu acquistato e donato al Santuario dall’allora rettore mons. Giacomo Crovari.

Oggi
L’attuale chiesa conserva pochi elementi seicenteschi essendo stata sottoposta a numerose trasformazioni nei secoli successivi. Vi si accede attraverso un piazzale il cui manto d’asfalto copre l’acciottolato del 1818.
Il primo altare che si incontra entrando, a destra, è dedicato a un santo dell’ordine servita, Pellegrino Laziosi, canonizzato nel 725. La tela settecentesca che lo adorna raffigura un episodio della sua vita, quando la sua gamba inferma fu miracolosamente sanata da Cristo disceso dalla Croce. Segue l’altare della Madonna Addolorata, patrona e titolare dell’ordine dei Serviti e della confraternita dell’oratorio attiguo alla chiesa. Furono i confratelli dell’Addolorata a commissionare al camogliese Pellegro Olivari la pregevole statua lignea che vi si può ammirare e a Francesco Ravaschio, discepolo degli Schiaffino, i sette medaglioni ovali raffiguranti i dolori di Maria.
Il terzo altare, ornato con un grande dipinto, è dedicato al Sacro Cuore. Accanto all’altar maggiore, a destra, è ricordato San Filippo Benizi, fondatore dei Servi di Maria. La tela rappresenta una visione del Santo, nel corso della quale la Vergine, su un carro trionfale trainato da un leone e da un agnello, dona a San Filippo l’abito dell’Ordine. Nelle volte della navata laterale destra si possono ammirare i recenti dipinti del prof. Ferruccio Poggi.
Al centro della navata principale si nota il grande affresco del prof. Isola (sec. XIX) raffigurante l’ Assunta, con i quattro profeti.
Sull’altar maggiore spicca la tavoletta con la sacra immagine della Madonna che tiene sulle ginocchia il figlio. È un’opera di pregevole fattura, attribuita a Teramo Piaggio da Zoagli, un pittore della scuola di Antonio Semino, che lavorò molto nella Riviera di Levante.

Nel 1887 fu inserita in una preziosa cornice d’argento, dono dei Camogliesi devoti. Nella volta, l’affresco del Paganelli (sec. XVII) rappresenta l’apparizione della Vergine ad Angela Schiaffino. Ai lati dell’altar maggiore due tele, opera di Paolo De Servi di Lucca (sec.XIX), illustrano la visitazione e I’incoronazione della Madonna. Nella navata sinistra si nota l’altare li Sant’Agostino, eretto dalla corporazione dei tessitori di seta agli inizi del diciottesimo secolo, sul quale è esposta la reliquia di San Giovanni Bono, originario di Camogli e vescovo di Milano nel settimo secolo.
Segue la cappella un tempo dedicata all’Assunta, oggi a San Giuseppe, con un pregevole altare marmoreo ed una statua lignea ottocentesca, opera li Antonio Canepa.
Infine si può ammirare l’altare di Santa Maria Maddalena, eretto nel diciassettesimo secolo dalla famiglia Lardone. L’ancona rappresenta la Santa sul letto di morte, circondata dagli angeli venuti a scortare il volo dell’anima verso il cielo.

Il chiostro e l’oratorio
Sul lato a levante della chiesa si può visitare il chiostro seicentesco, sottoposto ad un lungo intervento di restauro iniziato nel 1974 e concluso nel gennaio de11986, con la solenne inaugurazione del cardinale arcivescovo di Genova Giuseppe Siri.
Il locale accoglie un centinaio di quadri votivi, alcuni dei quali di buona fattura, tutti comunque significativi della devozione dei marinai camogliesi verso Nostra Signora del Boschetto. Sempre del diciassettesimo secolo è l’oratorio addossato al braccio del convento, con ingresso sul piazzale. Esso è ancor oggi sede dell’antica confraternita intitolata a Nostra Signora Addolorata, che ogni anno, il venerdì santo organizza dal santuario alla basilica una processione  con l’arca della Madonna.

Fonte: www.apt.genova.it

Le altre notizie e bellissime foto sul Santuario della Madonna del Boschetto vedere questo sito:
www.nsboschetto.com


  Il Santuario di Nostra Signora del Boschetto in Camogli (Genova)

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