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Associazione Giovanile di Azione Cattolica fra i Sordoparlanti (1921)

L’Associazione Giovanile di Azione Cattolica fra i Sordoparlanti fu fondata a Milano sotto il pontificato di Benedetto XV nel 1921. “Alle giovinezze virtuose che nella famiglia, nella scuola, nel lavoro sotto l’occhio amorevole del Padre che é nei cieli vengono a formarsi alla coscienza del dovere queste pagine di Fede e di Vita. I giovani Cattolici Sordoparlanti dedicano nel ventennio di loro associazione” (1941).

Premessa
Sarebbe ozioso fissare una data precisa. Si può dire, senza paura di essere smentiti, che l’Associazione Giovanile di Azione Cattolica fra i Sordoparlanti risale al tempo di Gesù, quando il Divin Maestro, operando quello che Pio XI di s.m. chiamava uno tra i più grandi miracoli usciti dal Cuore SS. di Gesù, obbligò in coscienza il primo  sordomuto fatto parlante ed udente a farsi banditore della lieta novella tra i suoi fratelli.
Quando poi, sotto il pontificato di Pio IX, si rinnovellò di nuova fronda la Gioventù Cattolica Italiana ci furono ancora anime ardenti e generose di sordoparlanti che si affiancarono ai fratelli per rivendicare i diritti di Dio e delle anime troppo spesso negletti, in un mondo miscredente.

E, accanto al Cardinal Ferrari, che – sull’esempio di San Carlo – girava infaticabilmente tra le parrocchie a suscitare le scuole della  Dottrina cristiana, a edificare associazioni di giovani cattolici, ci  furono sempre dei giovani sordoparlanti, i quali alle volte si  rivelarono “eroi” nelle manifestazioni, in un passato triste, ma  glorioso. Quando il Ven. Card. Andrea Ferrari indisse il primo Congresso Diocesano della Gioventù Cattolica in Duomo vi si ritrovarono per una mirabile coincidenza anche tre o quattro giovani sordoparlanti e il numero andò sensibilmente “crescendo” in altre manifestazioni indette dal “Cardinale dei giovani”. L’idea di porre mano ad una Associazione vera e propria sorse sul letto di morte del  santo Arcivescovo, quando si ritrovarono accanto ben 5 giovani sordoparlanti che porsero piangendo l’ultimo commiato di figli al Padre che se ne andava benedicendo, sordo e muto come loro.

Si preparò il terreno, si lavorò tra i giovani e finalmente nell’ottobre 1921 si ebbe la prima adunanza solenne, una specie di assemblea generale. Il più era ormai fatto. L’Associazione navigava in acque aperte.

A primo presidente venne nominato il sig. Jucker Amedeo Carlo. I soci erano una dozzina, come gli apostoli.

Venne data notizia all’Assistente Diocesano di allora, Rev.mo  Sac.Giovanni Rossi, il quale sull'”Azione giovanile” si degnò di scrivere un infiammato articolo, ove tra l’altro si leggeva: “Quando il Conte Acquaderni e il Conte Fani fondarono la Gioventù Cattolica Italiana, io credo, certo non pensavano che anche i giovani Sordoparlanti si sarebbero uniti a questa grande famiglia. Al Carissimo Prof. Pasetti, Rettore della casa dei sordomuti di Milano, degno successore di quegli uomini insigni per la carità e per la fede, che furono Giulio Tarra e Casanova, vada dalle colonne dell’Azione, il più fervido omaggio di gratitudine e di compiacenza per averci dato  dei fratelli così cari, che noi tanto ameremo. L’Unione Giovani dei Sordoparlanti sarà per la Federazione Milanese la prediletta delle Unioni”.

E invitava coloro che non credono ai miracoli a recarsi alla Casa dei Sordomuti per ammirare il miracolo di primo ordine di questo convegno  di sordoparlanti giovani, voluto dall’Assistente Ecclesiastico Sac. Terruzzi e dal Rettore Don Pasetti.Vanno pure ricordati in modo particolare il m.r. Don Giovanni Penco, che presiedette la prima nostra riunione, e il presidente cittadino di allora avv. Edoardo Clerici che onorò spesso di sua ambita presenza e di sua parola le nostre adunanze.

Pochi ma buoni

L’Associazione contava sul principio 12 soci. Il numero salì poi a 51 ed infine si stabilizzò tra i 25 e i 30. Se si considera che la vita della nostra Associazione é data dalla qualità e non dalla quantità dei soci se si pensa che la vita cristiana da essa bandita costituisce per ogni giovane che l’abbraccia una vera aristocrazia dello spirito,  il numero dei giovani che milita nelle bandiere della nostra Associazione é giusto motivo di vero orgoglio. Il giovane ricco del Vangelo si rattristò e si allontanò, quando il Divin Maestro gli espose il suo programma di rinuncia e di apostolato; le folle si dispersero quando sentirono proclamare principii troppo duri e il Maestro chiese, amaramente, ai pochi discepoli rimasti: “Volete andarvene anche voi?”.

Fatti e non parole

In venti anni, la nostra Associazione vide passare una bella schiera di giovani: alcuni arrivarono a formarsi una propria famiglia cristiana esemplare; altri seppero affermarsi nella loro professione e nel loro mestiere fino a procurarsi una posizione di discreto benessere; molti portarono il profumo di loro virtù anche in ambienti refrattari ad ogni idea di religione.

Pagine di vita

La nostra Associazione mandò sempre i propri soci alle processioni, al pellegrinaggio ai Cimiteri, alle visite del Venerdì Santo. Fu presente alle adorazioni diurne e a quella notturna mensile di S.Raffaele.
I SS. Esercizi spirituali sono certo la pagina più bella, la pagina che più fece impressione al cuore sensibile dell’attuale Sommo Pontefice. Sentitemi. Lo scorso agosto anche la nostra Associazione fu inviata a partecipare all’Udienza Pontificia concessa in occasione della Domenica del Sordomuto. Per combinazione i giovani avevano già prenotato i posti per un Triduo di SS. Esercizi e pertanto non poterono inviare a Roma che due soli rappresentanti. I quali chiesero al S.Padre la Benedizione Apostolica per i fratelli forzatamente assenti. Il S.Padre quasi quasi non credeva che i SS. Esercizi fossero una cosa accessibile per i sordomuti. Si meravigliò, si rallegrò, e  impartì non una Benedizione, ma una Specialissima Benedizione. Farà certo piacere a tutti rievocare il nostro primo Pellegrinaggio a Roma, nel 1922, nella quale occasione fummo ammessi alla S.Messa con S.Comuniove per mano del S.Padre; la nostra attiva collaborazione al primo pellegrinaggio di sordoparlanti a Roma per l’Anno Santo del 1925, che riuscì quanto mai edificante per fede e per numero di partecipanti, tanto che il quotidiano “L’Italia” uscì in queste lusinghiere espressioni: “Va segnalata una caratteristica singolare del pellegrinaggio giovanile: la partecipazione dell’Associazione giovanile di A.C. fra i Sordoparlanti con ben quaranta soci. Quest’Associazione, unica in Italia, con la sua presenza a Roma tra i rappresentanti di tutto il mondo e di tutte le condizioni, assume uno speciale significato che ci é caro mettere nel dovuto rilievo”.
Di questo nostro pellegrinaggio che servì di base per quello più vasto del 1933, che richiamò a Roma i Sordoparlanti di tutta Italia e al quale poi pure partecipammo con tutte le nostre forze e con mai smentito fervore. Pagine che rievochiamo al solo fine di spingere i giovani di oggi e di domani a imprese ancora più meritorie, per la gloria del Signore e la salute delle anime dei fratelli.

Il programma
Quello che é stato posto a base del programma di allora serve anche oggi. Nell’ottobre del 1921 venne lanciato ai giovani il seguente programma:
Per la nostra Educazione! Per la nostra Fede! Per la nostra Patria! e questo che era il presupposto per la fondazione della nostra associazione é e sarà il fondamento su cui si costruirà la coscienza del giovane cattolico sordoparlante.
Quindi:
Attività religiosa innanzi tutto e soprattutto: preghiere in gruppo nella Cappellina della Casa, S.Comunione almeno mensile, assistenza in gruppo a tutte le funzioni religiose della Casa del Sordoparlante, servizio all’Altare. SS.Esercizi, Adorazione periodica, manifestazioni religiose, ecc.
Formazione culturale: spiegazione catechistica, conferenze periodiche, biblioteca interna, preparazione al grave problema familiare, sociale, ecc.
Educazione morale: insegnamenti ed esempi alla franchezza nella professione della Fede, all’esercizio della pietà, alla conquista della purezza, all’osservanza di ogni disciplina, all’amore del risparmio, al dominio dei sensi, ecc.
Poi vi sono trattenimenti, passeggiate, ecc., ciò che forma il così detto…divertimento. Finché ci troviamo a camminare su questa terra, anche il divertimento che assorbe parte dell’attività della nostra Associazione giovanile rappresenta più che altro una… forzata necessità.
San Paolo amava consigliare: “Su, su, ve lo ripeto, siate allegri, siate allegri nel Signore!”…

L’Associazione

Con tante associazioni che già c’erano a Milano, c’era proprio bisogno di quest’altra associazione? La risposta non può essere che affermativa e la più bella conferma ce l’hanno offerta i sordoparlanti della Spagna cattolica e falangista, i quali – all’indomani della riconquista a Dio ed alla civiltà cristiana della Spagna – hanno sentito il bisogno di fondare anche nella Spagna una Associazione di A.C.
Ma non c’é già la famiglia che provvede all’educazione morale e religiosa del giovane?, dirà qualcun’altro. Fosse almeno vero che i figlioli sordoparlanti siano educati moralmente e spiritualmente dalle parrocchie e dalle famiglie; invece si verifica tutto il contrario.  Quand’anche qualche rarissima mamma, qualche rarissimo babbo, qualche buon sacerdote o parroco, si interessasse come il santo Vescovo di Ginevra dell’anima del sordomuto o dei sordomuti che avesse a portata di mano, chi potrebbe dare al giovane sordoparlante il coraggio delle proprie idee, la franchezza della pratica della cristiana, l’incoraggiamento che deriva dal sentirsi numerosi nel combattere la  buona battaglia, la confidenza salutare con un Sacerdote che appieno li comprenda e che sia l’amico dell’anima?. Quando anche in una famiglia, in una parrocchia si potesse compensare la mancanza di questi insostituibili ausilii con altri aiuti, resterebbe sempre a domandarsi se il sacerdote, se il parroco può ripetere per ogni singolo sordoparlante le prediche, i quaresimali, la dottrina cristiana, tutto ciò insomma che forma l’insegnamento pastorale del parroco e che si svolge in Chiesa.
Ben lungi da noi l’idea di soppiantare l’azione – sempre richiesta e desiderata – della famiglia e del parroco. La nostra, notisi bene, é una azione parallela, che si svolge a fianco della famiglia e del parroco. La integra e la perfeziona, ma non la sostituisce e non la dispensa.

La forza del giovane
Già in passato questo problema é stato trattato da medici, igienisti, moralisti, pedagogisti, che hanno scritto opere pregevoli intorno al dovere della purezza del giovane.
Il nostro corpo, destinato ad essere tempio dello Spirito Santo, deve essere conservato scrupolosamente casto. Se tutto il cristianesimo si condensa in questa verità, manifestata nel sublime prologo del Vangelo di S.Giovanni, e cioé che la Fede in Gesù Cristo e il S.Battesimo ci rendono siccome “nati non per via di sangue, né per volontà della carne, né per volere d’uomo ma da Dio medesimo”, quanto e come noi  dobbiamo fare ogni sforzo per non perdere col peccato questa bellezza interiore che é l’espressione della nostra anima in grazia di Dio.
La forza vera, il problema principale del giovane cattolico é la purezza. Il giovane cattolico può e deve risolvere questo problema; perché si può e si deve puro. L’associazione facilita la risoluzione di questo importantissimo problema, mettendo a disposizione dei giovani due infallibili mezzi: la S.Confessione e la S.Comunione; la  confidenza con l’Amico dei giovani e il nutrimento dei forti.
Risolto questo problema basilare, la vita del giovane si rischiara e la giovinezza pura diventa come un campo ben coltivato e ben disposto a ricevere i doni della Grazia, dove il Sole divino fa risplendere i suoi raggi di Fede, Speranza e Carità.
Ma sentiamo ciò che ha scritto Don Cojazzi: “L’espressione Lo spirito é pronto: ma la carne é debole é una di quelle che nella storia dell’umanità incisero un solco indelebile. Qui é messa in tragica evidenza la composizione umana che é interferenza o reazione di uno spirito e d’organismo corporeo. Lo spirito ha battiti d’ala; la carne  ha fremiti di belva. Lo spirito anela alle più sublimi ascese; la carne ha paure e spaventi che fanno da zavorra. Tutte le tragedie sono imperniate in questo dissidio che San Paolo espresse nelle potenti parole della “Lettera ai Romani”: Non faccio il bene che voglio, ma faccio il male che non voglio… Prendo diletto, infatti, della Legge di Dio, secondo l’uomo interiore (lo spirito); ma vedo un’altra legge (tendenza) nelle mie membra (corpo) che combatte contro la legge della mia mente e mi trascina schiavo sotto la legge (tendenza) del peccato” (1,19-23).
Questo dissidio, conseguenza della prevaricazione originale, non può venire composto con le sole forze umane. Ci vuole l’intervento di Dio che é dato soltanto a coloro che lo desiderano e, quindi, che lo chiedono. Ecco il senso dell’esortazione del Maestro: “Pregate per non cedere alla tentazione”. S, Paolo vi fa eco nelle parole che seguono a quelle citate: “Misero me! Chi mi trarrà fuori da questo corpo (che produce frutti) di morte (spirituale)? La Grazia di Dio (che si ottiene) per mezzo di Gesù Cristo, Signore nostro” (7, 24-25).
Da ultimo, osserva che il Cristo per tre volte ripete la stessa preghiera al Padre e con le stesse parole. Dunque, Egli c’insegnò con l’esempio a ripetere certe formule di preghiera che alcuni sono tentati di chiamare meccanico esercizio, per esempio il Rosario.
No! L’amore dice sempre e non ripete mai. Ogni sua espressione, anche  se pare eguale, é invece sempre nuova, perché, come il piccolo blocco di neve che discendendo diventa valanga, così le parole si accrescono sempre di nuovo affetto.
L’esercizio invece diventa meccanismo, quando manca l’amore; ma,quando manca l’amore, anche la prima espressione é un meccanismo, perché é un’insincerità.
Osserva anche che il Padre, pur non esaudendo la preghiera del Cristo, perché quell’ora temuta arrivò, l’esaudì nella sostanza, perché diede alla volontà umana del Redentore la forza d’affrontare tutti i dolori della Passione.
Anche per molte nostre lotte e amarezze, la preghiera, se non ottiene sempre d’evitarle, ottiene almeno di superarle.
E questa forza spesso é la grazia più grande, come l’atto di un soldato che viene lasciato nel posto di lotta é più grande dell’atto di colui che viene richiamato, perché pauroso.
E’ questo lo stile di Dio; esaudire non esaudendo; cioé renderci vittoriosi di fronte alla lotta, anziché toglierci dalla lotta” (Cfr. San Pietro, Don Cojazzi, pagg.301-302).
Questa citazione é lunga, ma necessaria; perché oggidì, intorno al problema fondamentale della purezza e ai mezzi più atti per sostenerla si ha una visione diametralmente opposta.
Il Sordoparlante ha bisogno assoluto di tenersi unito al suo Redentore divino. Per tenersi uniti é richiesto lo “stato di grazia”, il senso di Cristo.
Unito a Cristo, il Sordoparlante può affrontare serenamente qualunque situazione; qualunque problema e li risolverà col tocco di un’anima cristiana.
Per lui si avverano le promesse del Cristo: “Cercate prima il Regno di Dio e la sua giustizia, e il resto vi sarà dato per soprapiù”.

Indifferenza

Per quasi mezzo secolo anche fra i sordomuti vi fu chi credette fare del laicismo e con ostinata opposizione al Vangelo ha indebolito e fiaccato in parecchi giovani le forze spirituali e le energie materiali. Tocca a noi richiamare anche questi sordoparlanti al senso cristiano della vita, e coll’esempio ricondurli a Cristo.
Cinema. – Attualmente i giovani si danno corpo ed anima al cinema, dal quale assorbono i deleteri e ingannevoli influssi di una vita creduta facile, comoda, ma assurda. Occorre controllare, almeno nei giovani cattolici, questa passione ed evitare che diventi causa di danni irreparabili per lo spirito.
Sport. – Lo sport oggidì tanto in voga dovrebbe dare, oltre al vigore fisico, impulso ed energie anche alla volontà, e invece pare che non raggiunga, per lo più, queste sublime intento e accresca, al contrario in molti, l’insaziabilità e la sete del divertimento. Anche su questo punto bisogna sfatare la leggenda che giovane cattolico e sportivo siano termini inconciliabili tra di loro. Lo sport sano, veramente  inteso a irrobustire il corpo ed a procurare energie alla volontà del giovane, non può che essere approvato da noi. Però i giovani non dimentichino di essere prima e sopratutto cattolici e poi sportivi.
Cultura. – Attualmente i giovani non si curano di leggere molto o comunque di studiare. La nostra biblioteca é trascurata. Nessuno la guarda e pochi sono coloro che chiedono libri in prestito.
E invece il problema della cultura é un problema assai importante per il giovane sordoparlante. Meno giornali, meno periodici illustrati e più libri, ecco quello che ci vuole per il sordoparlante. Noi non vogliamo dei dotti, ma semplicemente dei sordoparlanti istruiti, con un corredo di cultura bene intonato coi tempi.
Cerchiamo di salvare la gioventù; cerchiamo di conservarla sana e di anima e di corpo; educhiamola all’amor di Dio e della Patria, al culto della virtù. Sviluppiamo nelle anime dei giovani quei principii cristiani, immessi dall’insegnamento scolastico, i quali danno un divino ed eroico senso della vita e ne formano la disciplina interiore, senza della quale a ben poco varrebbe la disciplina esterna.
Ricordiamo che il giovane sordoparlante é anche un’anima immortale, i cui destini oltrepassano i brevi orizzonti di questa vita mortale.
Quindi si aiuti l’Associazione di A.C. Sordoparlanti a svolgere la sua azione di bene tra i sordoparlanti, non si sogna di attraversare la vita ad alcuna; ma chiama i sordoparlanti giovani ad essere veramente cristiani, ossequienti alle Leggi di Dio, per essere figli devoti della Chiesa, cittadini esemplari della Patria, coscienti dei loro diritti e dei loro doveri, capaci rispettivamente di farli valere e di osservarli scrupolosamente.
Sezione aspiranti
Fu inaugurata fin dall’inizio e il suo periodo d’oro si ebbe negli anni 1939-40, quando il pagellamento fu sospeso per una serie di difficoltà dovute anche allo speciale periodo di emergenza.
E’ però indispensabile ripristinarla, perché se non ci fosse… bisognerebbe istruirla.
Maggiori e migliori cure occorrono per questa sezione, per seminare l’idea della azione cattolica, come apostolato di bene, nelle tenere anime dei predesinati, che però non si identificano con la massa.

Finanze
La nostra Associazione giovanile é pressoché l’unica che abbia contenuto le spese nei limiti estremamente modesti. Il concorso domandato ai Superiori é stato infatti di appena qualche centinaio di lire lungo i venti anni di sua vita e il bilancio attuale chiude con un piccolo residuo attivo.
E’ però necessario che il concorso dei sordoparlanti buoni non le venga mai meno, onde consentirle di indire giornate e gare di cultura, settimane religiose, tridui di preghiere, giornate di catechismo con mezzi almeno proporzionati al fine elevato che si intende raggiungere.

L’aiuto più prezioso

Chi non può aiutarla finanziariamente, dia almeno quel contributo che anche i poverissimi sono in grado di dare e debbono dare. Intendiamo parlare della preghiera. E’ di stretta necessità.
Lo scopo che si propone l’Associazione é al di sopra e al di là di ogni possibilità umana: formare delle coscienze integralmente cristiane.
A questa opera sublime non bastano né sacerdoti, né istruzioni, né giochi, né denari. Occorre la grazia di Dio e bisogna, questa grazia, impetrarla con la preghiera.
Se la nostra Associazione giovanile non raggiungesse lo scopo di formare dei cattolici credenti e praticanti, perderebbe la sua ragion d’essere e potrebbe unirsi ad una qualunque delle infinite società sportive, sale di lettura, ritrovi di studio o di passatempo.
E’ dunque necessario che la Grazia di Dio scorra copiosamente nella vita dell’Associazione; é necessario che vi siano anime che offrano preghiere, SS.Comunioni, sacrifici per noi.
Pena il fallimento!

Lieti auspici
Il nostro ventennio cade nell’anno che celebra i fasti diciannove volte centenari dell’Assunzione Corporea della Beatissima Vergine Maria, Patrona speciale dei sordomuti, e nel ventennio di morte del Santo Cardinale dei giovani, sul cui letto di morte – testimoni gli Angeli di Dio – venne steso l’atto di nascita della nostra Associazione.
Il tentatore ha proposto ad Adamo ed ad Eva di essere “simili a Dio”. Simili a Dio é mai possibile? Si, é possibile, perché Gesù Cristo lo ha attuato. Con quel Sangue che corre perennemente dal mistico Calvario, noi possiamo realizzare ciò che il demonio suggeriva per trarre in inganno, ma che non avrebbe voluto. Ce lo disse il Successore attuale del Cardinale Ferrari, il Card. Schuster, quando ci parlò nella Cappella della Casa del Sordoparlante. La “via” al Paradiso, é tracciata col Sangue di Cristo e la “riconosce” facilmente chi cerca di custodire in sé il Preziosissimo Sangue di Cristo.  Immergiamo la nostra miseria di uomini peccatori nel Signore di Cristo e ci ritroveremo rivestiti, non più di ciò che faceva arrossire Adamo ed Eva, ma di una porpora regale che ci fa immensamente preziosi, che ci rende cari a Dio.
Maria SS. ci conservi in questo “stato di grazia” e ci conduca alla Vittoria ed al trionfo del Paradiso.
Milano, 8 settembre 1941 – XIX.
Giovanni De Carlis
Presidente dell’Associazione Giovanile di Azione Cattolica fra i Sordoparlanti.

L’Azione Cattolica Sordomuti Italiani negli scritti di Giovanni De Carlis

La lettera del Cardinale Schuster
Giovanni De Carlis (1901-1979), novarese trasferitosi successivamente a  Milano, è ricordato come uno dei protagonisti nella riorganizzazione dell’Ente Nazionale Sordomuti, per essere stato tra i dieci componenti della Commissione Nazionale cui i Congressi di Roma e di Milano, affidarono, nel 1946, la revisione legislativa dell’Ente Nazionale Sordomuti, che avvenne successivamente con la legge 698 del  21 agosto 1950, ed intanto, allora, la stessa Commissione, prima di arrivare alla promulgazione di quella legge, aveva nominato Giovanni De Carlis, Presidente Provvisorio dell’ENS, carica che ricoprì per due anni, dal 18/9/1948 al 1/10/1950, quando fu eletto presidente Vittorio Ieralla.

L’impegno associativo di De Carlis a Milano, sua città di adozione, fu soprattutto verso e con il movimento di Azione Cattolica, che lui volle fondare nel 1921, ma inizialmente si trovò a fronteggiare lo scetticismo da parte delle stesse gerarchie della AC nazionale.

Non si hanno molte notizie degli avvenimenti che riguardano l’«Azione Sordoparlanti Cattolici Italiani » nei primi anni di vita della stessa. Il periodico “Giulio Tarra” del 29 giugno 1929 pubblicava, ma senza precisare le date, due lettere, una di De Carlis, indirizzata a Monsignor Pasetti l’altra di questi in risposta al De Carlis, per confermargli di ben accettare la proposta di nomina di un Assistente ecclesiastico, cui affidare la coordinazione dell’Unione Giovani Cattolici Italiani, e la scelta per quel ruolo di don Luigi Girola.

Nessun altro documento è stato reperibile fino al 8 settembre 1939, quando l’Arcivescovo di Milano, il Cardinale Idelfonso Schuster, su un foglietto di quaderno a righe, scrive di suo pugno al De Carlis questo messaggio: «L’azione cattolica io propriamente la considero in Gesù, che per mezzo del suo corpo mistico, che è la Chiesa Cattolica, continua l’opera dell’umana redenzione. San Paolo la paragona al soave profumo di Cristo, che la Comunità Cristiana, pastori e cioè fedeli, effondono, traendo il cocchio trionfale di Cristo Re per le vie del mondo. Nella fragranza della virtù e la forza dell’apostolato. Milano, VIII settembre MCMXXIX +Alfredo I. Card. Schuster Arcivescovo»

«Vogliamo una società socialista, non di nome, ma di fatto!»
In data 6 aprile 1939, De Carlis firma una lettera, come responsabile dall’Associazione Giovani di Azione Cattolica Sordoparlanti, indirizzata alla Segreteria Amministrativa della Federazione Giovanile Diocesana Milanese, in cui si chiede il prezzo di acquisto del materiale per le bandiere del Gruppo di AC dei Sordoparlanti milanesi e approfitta per domandare, inoltre «… a che punto trovasi la pratica per l’affiliazione della nostra Associazione Sordoparlanti …», allegando un francobollo per la risposta.

Nel 1941 De Carlis dà alle stampe un opuscolo in elegante veste tipografica, in cui, in 16 pagine e 13 paragrafi, espone cosa si intende per «Associazione Giovanile di Azione Cattolica fra i Sordoparlanti», e precisa che gli aderenti sordi sono, e debbono essere, pochi ma buoni, che si esprimano coi fatti, più che con le parole, e che sappiano scrivere pagine di vita.

Le “pagine di vita” sono state scritte da lui stesso, dopo la catastrofe bellica: nel «Discorso ai Dirigenti dell’Azione Cattolica Sordoparlanti», tenuto dal De Carlis il 18 gennaio 1948. In quella epistola, De Carlis ricorda che l’Azione Cattolica ha bisogno “di anime convinte e generose”, di sacerdoti “illuminati e solerti”, di dirigenti “che si consacrino davvero alla propria associazione”(«… chi non ha tempo, non accetti cariche!»).

Per realizzare quegli obiettivi, De Carlis riteneva necessarie “molte preghiere ed opere penitenziali”, più “… qualche mezzo materiale …” ed anche “…un clima politico propizio, o quantomeno non ostile!”, e quindi, da buon intenditore e determinato esecutore dei buoni propositi che si era prefisso, il 13 aprile di quello stesso anno pubblica il «Bollettino d’Informazione Aziendale» in risposta ad un altro  Bollettino, questo del «Nucleo Socialista De Angeli-Frua», che evidentemente il De Carlis non condivideva. Il nostro afferma con decisione che «Noi vogliamo creare una società socialista non di nome, ma di fatto … noi vogliamo agire con onestà e tatto, vogliamo lavorare in pace con tutti e non essere servi di nessuno!», ed espone le sue idee anche politiche sul “Piano Marshall”, il programma di aiuti (European Recovery Program, ERP) realizzato dagli Stati Uniti nel periodo successivo alla seconda guerra mondiale, per ricostruire i paesi europei gravemente danneggiati dalla guerra, e che velatamente, ma non tanto, era stato contestato dal Partito Socialista di allora.

Azione, non “Associazione” Cattolica

Una “Chiarificazione” si è resa necessaria tra De Carlis e la rivista “Effeta” degli Istituti Gualandi per sordomuti, ed il chiarimento, firmato dal Padre Giuseppe Moschiano, fa osservare come la riunione dei sordomuti di Azione Cattolica tenutasi il 14 marzo 1948 a Firenze «… ha allarmato alcuni e turbato altri …», perché taluni temevano potesse mettere in pericolo ed incrinare il “Patto di Milano”, cioè una sottrazione di diritti all’Ente Nazionale Sordomuti e una sopraffazione di minoranze nella elezione delle cariche.

Cosa intendesse dire il padre Moschiano, non è molto chiaro, anche se  ad un certo punto dell’editoriale afferma testualmente che «… il Patto di Milano basa la sua ragione d’essere su due principi: l’unità e la libertà; per modo che non è possibile la prima, senza la seconda», ed aggiunge ancora, considerando la sordità una “comune sventura” dei sordomuti di quel tempo, «… perciò vi aderiscono sordomuti di ogni opinione, ed anche quelli di A.C. …», ma contesta il significato della sigla ACIS, che i sordi cattolici si erano dati “Associazione Cattolica Italiana Sordoparlanti”, suggerendo, come poi è stato fatto, che la sigla deve tradursi invece, in “Azione Cattolica ecc.”, per non dar luogo ad equivoci essendoci una sola comunità di cattolici.

De Carlis amava scrivere molto

Molte, tutte lunghissime e circostanziate, sono le lettere dattiloscritte da Giovanni De Carlis negli “Anni Cinquanta” in cui era attivo il movimento di Azione Cattolica Italiana Sordomuti:

– Ad Ali Vincenzo, l’8 settembre 1949, confidava che «I tempi sono maturi per consolidare l’Unione dei Sordomuti nel preventivato “Patto di Milano”». Ma affinché ciò avvenisse, poneva due irrinunciabili condizioni: che l’Associazione Benefica Sordoparlanti fosse la guida riconosciuta dei sordi milanesi, accorpando in se anche l’Associazione Girolamo Cardano fra i sordomuti della Lombardia e la Società Sportiva Silenziosa, ed adottando un unico Statuto, quello dell’Associazione Benefica Sordoparlanti, apportandovi alcune variazioni ed aggiunte.

– Al Padre Arturo Elmi, allora Assistente Centrale dell’ACIS, per contestare che in un articolo apparso su “La Domenica del Sordomuto”, il  religioso aveva scritto che “L’ACIS non è morta, ma sotto le ceneri il fuoco è ancora acceso …”, mentre un altro articolista, l’avv. Ciancio, aveva invece scritto in un altro servizio che “L’A.C. Sordoparlanti è una realtà, una fiamma che brucia, e più brucia, più aumenta di volume …” e, condividendo l’opinione dell’avvocato, elencava tali ragioni in tre fitte pagine, concludendo con la convinzione di essersi spiegato “nonostante la fretta e il lavoro sempre più intenso” che lo assorbiva.

– Ai soci ACIS per rammentare loro che il 1950 era un Anno Santo;

– all’allora sindaco di Milano – non è indicato il nome… – che il 7 maggio 1950 sarebbe volato negli USA, per portare ai sordomuti americani i loro confratelli italiani;

– per ciclostilare, il 5 agosto 1950, un numero straordinario del Bollettino Milanese, in previsione del viaggio a Roma per celebrare quell’Anno Santo;

– per la presentazione dei sordomuti milanesi all’Assemblea Diocesana di Milano il 12 novembre 1950;

– al vice presidente generale dell’ACI, a Roma, per elencare il lungo cammino compiuto e gli obiettivi raggiunti dall’ACIS milanese, che ha fatto germogliare in tutta Italia l’Azione Cattolica Sordomuti;

– a tutti in occasione della Festa dell’Immacolata 1950, per solennizzare quell’avvenimento ed esporlo in quattro fittissime pagine…e si identificava nel “sordomuto”del Vangelo

Oltre alle numerose lettere, De Carlis curava puntigliosamente e meticolosamente anche il suo impegno nell’Azione Cattolica Sordomuti Italiani coi periodici Bollettini Informativi, dove amava ricordare e commentare i ricorrenti avvenimenti religiosi nella relazione su «I venti anni dell’Associazione Giovanile dell’ASCI», egli traccia un memoriale che lo ha coinvolto emotivamente per tutta la sua vita, dove scrive che «… San Francesco di Sales si accorse di una persona che frequentava le sue prediche; la avvicinò e, con sorpresa, si accorse che si trattava di un povero sordomuto. La prese con sé, l’istrui alle verità eterne e la ammise ai SS. Sacramenti…», pare quasi voler dire di se stesso, egli forse si sentiva come quel sordomuto istruito alle verità divine. Giovanni De Carlis morì a Milano il 10 giugno del 1979.
Marco Lué (2002)

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«La storia è testimonio dei tempi, luce della verità, vita della memoria, maestra della vita» (Cicerone)
«La storia non è utile perché in essa si legge il passato, ma perché vi si legge l’avvenire» (M.D’Azeglio)
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