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Devi essere sordo per capire

Devi essere sordo per capire

Che cosa c’è di più terribile che “sentire” una mano?

Devi essere sordo per capirlo!

Che cosa c’è di più terribile che essere un bambino,
a scuola, in una stanza vuota di suono
con una maestra che parla e parla e parla;
e che quando ti viene vicino
si aspetta che tu abbia capito le sue parole?

Devi essere sordo per capire.

O quando la maestra pensa che per farti felice
basti insegnarti a parlare con la tua voce;
come se tu fossi un giocattolo nelle mani di un bambino ignaro
che ti strapazzi per ore ed ore senza fine e pietà,
prima che venga fuori un verso che assomigli a un suono?

Devi essere sordo per capire.

Che cosa c’è di più terribile che avere la tentazione di conoscere
tutte le verità del mondo
e di volerle conoscere con le tue sole forze,
e poi scoprire che questo tuo desiderio è destinato
ad andare in fumo
e allora ti rivolgi a un fratello, a una sorella, a un amico
perché ti guardino per darti una risposta
e che invece ti dicono, “Ma di che t’impicci, lascia perdere!”?

Devi essere sordo per capire.

Che cosa c’è di più terribile che starsene in un angolo in castigo,
pur sapendo di non aver fatto niente di male,
se non di esserti azzardato a usare le mani
per comunicare a un fratello del silenzio
un pensiero che ti è venuto in mente proprio in quel momento?

Devi essere sordo per capire.

Che cosa c’è di più terribile che vedere qualcuno gridare,
qualcuno che è solo convinto di aiutare a sentire;
e interpretare male le parole di un amico
che non vuole far altro che aiutarti a capire,
mentre tu credi che voglia prenderti in giro?

Devi essere sordo per capire.

Che cosa c’è di più terribile di quando ti ridono in faccia,
solo perché tu cerchi di ripetere le parole degli altri
proprio per essere sicuro di aver capito bene,
e poi ti accorgi che non avevi capito niente
e allora vorresti gridare, “Ti prego, fratello, aiutami!”?

Devi essere sordo per capire.

Che cosa c’è di più terribile che pendere dalle labbra
di qualcuno che sente per te al telefono un amico;
e far telefonare a una ditta
ed essere costretto a svelare le tue cose più intime,
e poi scoprire che le tue parole
non sono state “tradotte” chiaramente?

Devi essere sordo per capire.

Che cosa c’è di più terribile che essere sordo e solo
in compagnia di quelli che possono sentire
e tu non puoi far altro che tirare ad indovinare mentre si cammina,
perché non c’è nessuno che ti tenda una mano
mentre tu cerchi di destreggiarti fra le parole e i suoni?

Devi essere sordo per capire.

Che cosa c’è di più terribile che incontrare per strada
uno sconosciuto che all’improvviso apre la bocca
per chiederti qualcosa
le parole corrono veloci sulle sue labbra
e tu non riesci a capirci nulla,
perché lui non sa che tu ti sei smarrito a rincorrere la sua voce?

Devi essere sordo per capire.

Che cosa c’è di più terribile che capire
le agili dita dei sordi che descrivono una scena
e che ti fanno sorridere ed essere sereno
con la « parola parlata » di una mano che si muove
e che ti aiuta in qualche modo a far parte del mondo?

Devi essere sordo per capire.

Com’è terribile sentire. una mano.

Sì, devi essere sordo per capirlo!

WILLARD J. MADSEN
(traduzione dall’inglese di P. Mazza)


Devi essere sordo per capire…

É questo il ritornello di una poesia composta dal sordo americano dott. Willard J. Madsen, avente per titolo lo stesso ritornello.

A me questa poesia piace. Mi commuove, mi convince, mi esalta. Contiene essa, delle grandi e profonde verità intorno alla sordità che, confesso, non avevo afferrato prima e che, penso, solo un poeta con forte sensibilità sociale e umana, soprattutto con alto grado di osservazione interiore, poteva mettere in lice. Come me, la pensano i sordi che ho conosciuto sia in Italia che all’estero.

Ma ci sono quelli che giudicano la poesia in questione in modo negativo perché susciterebbe il sospetto che il sordo si compiaccia ad atteggiarsi a vittima, persino a martire.

Madsen, lo conosco bene: è un professore che insegna al Gallaudet College, ed è direttore del “Sugn Language Programs”.

Sposato, con tre figli, è un tipo che sa essere serio e allegro con buona vera umoristica, secondo i momenti. Ma anche fiero per sé e per i fratelli sordi. Per ciò non dubito che componendo quella poesia egli voleva unicamente mettere in evidenza il peso della sordità, le sofferenze che ne derivano, che chi non è sordo non potrebbe mai comprendere in pieno. Da qui quel grido poetico: “devi essere sordo per capire”. Forse un compiacimento potrebbe esserci, ma non certo l’intenzione di suscitare pietà, compassione…

Chi è stato in America e ha potuto stare un po’ con sordi di là, può dire se si atteggiano a “vittime”… Tutt’altro!.

Quei sordi americani non si rinchiudono affatto nel lamento della propria minorazione; sanno arrangiarsi e per di più non si lasciano imporre, in ciò che concerne la loro organizzazione sociale, niente che non vada bene  per loro, meglio, che non sia da loro eccetto. Agli udenti, guardate un po’, riescono, in certi posti, a far loro imparare l’alfabeto manuale e fianco a far impiantare, in posti importanti come aeroporti, uffici di informazione turistica, polizia, eccetera. Il loro speciale telefono. E tante altre cose.

Inoltre hanno un esercito di interpreti, iscritti in regolari albi professionali dopo regolari, difficili esami. Grazie a questi interpreti – che possono perfezionarsi giovandosi dei libri che la NAD (la loro Associazione nazionale) stampa per diffondere la lingua dei Segni e per insegnare come comunicare agevolmente con i sordi, e dei frequenti corsi di perfezionamento – quei nostri fratelli possono sentirsi a loro perfetto agio nel seguire un qualsiasi discorso in sede pubblica, nell’assistere a processi, dibattiti… Comprendendo in pieno hanno la possibilità di rispondere, replicare, ribattere…

Quindi, in pratica, si inseriscono benissimo nel mondo, nella società (ma – attenzione! – sempre come e quando vogliono) pur rimanendo sordi, con tutte le “difficoltà” costituenti il bagaglio insopprimibile della minorazione sensoriale.

La “difficoltà”, le tengono sempre presenti, ma non ci piangono sopra. Non perché abbiamo l’animo storico degli antichi greci, ma perché sanno trovare in sé la risorsa giusta per superare le inevitabili amarezze e guardare in avanti con quella serenità che è pur coraggio e fiducia nel proprio avvenire di uomini liberi.

Così come fanno anche i sordi italiani e di tutti gli altri paesi del mondo, più o meno, a seconda delle rispettive contingenze sociali.

Se avessi l’estro poetico dell’amico Madsen, o anche del nostro Renato Pigliacampo, scrivere un altro “devi essere sordo per capire”. Perché tanto cìé da dire sull’argomento della sordità… ancora oscuro per tante persone.

Francesco Rubino da La Settimana del Sordo, 11 dicembre 1976.

ns004 (1976)

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