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La questione della Lingua dei Segni (Newsletter della Storia dei Sordi n.220 del 6 aprile 2007)

La lingua gestuale divide le associazioni tra chi la promuove e chi la contesta. Il ministro della Solidarietà favorevole: “Va riconosciuta, si tratta di un’opportunità”
Sordomuti, la guerra dei segni. “Sono utili”. “No sono un ghetto”  di Cinzia Sasso  (La Repubblica, 28 marzo 2007)
Firenze – L’appuntamento è alla pasticceria di via Marconi, Francesca ha le sneakers argento, il pullover corto, i capelli neri sulle spalle. Sotto, ma le nasconde solo adesso, che ha 17 anni, ha le protesi per poter sentire: racconta la sua vita di bambina – alta, magra, bella e anche sorda, sì – i suoi sogni, i suoi desideri. Qualche volta chiede “come?”, tu ripeti e lei risponde. Con le parole, non con i segni. È l’unica lingua che ha imparato: quella dei segni, lei, non la conosce. Eppure in Parlamento ci sono dieci proposte di legge, avanzate dai gruppi più diversi, che rivendicano, anche per lei, il diritto di veder riconosciuta quella, la LIS, come la sua lingua naturale.

Dietro Francesca e tutti quelli come lei si combatte una guerra tra due correnti: tra chi rivendica quasi con orgoglio la diversità e vuole vederla riconosciuta e rispettata, e chi dice che i sordi possono parlare e che dunque bisogna aiutarli a farlo per essere uguali, non diversi. Da una parte l’Ens, l’Ente Nazionale Sordi; dall’altra la Fiadda, Federazione famiglie audiolesi.

Felici, i primi, delle dichiarazioni del ministro della Solidarietà sociale, Paolo Ferrero, che ha annunciato una legge “che riconosca il linguaggio dei segni come lingua a tutti gli effetti”; disperati i secondi, che in quella legge vedono il ghetto. E se l’Ens, orgogliosamente, annuncia “La Pasqua del sordo” e invita tutti il primo aprile a Salerno; se organizza “il sit in del silenzio” all’insegna dello slogan “vogliamo essere chiamati sordi e basta”; se condanna la genetica “che mira all’eliminazione delle persone sorde dalla razza umana”, quegli altri spiegano: “Abbiamo lottato per dare la parola ai nostri figli e per dare loro una vita senza barriere. Vogliamo il diritto alla cura, all’istruzione, al lavoro; non vogliamo fare parte di una minoranza culturale e lingustica, non vogliamo che i nostri bambini abbiano bisogno di un interprete per comunicare col mondo”.

In via delle Porte Nuove, a Firenze, ha sede il Cro, Centro Rieducazione Ortofonica, e lì ogni giorno decine di bambini sordi vanno a scuola di logopedia per imparare a parlare. Oggi c’è anche Massimo Morganti, 50 anni, cassiere in banca, due figli e una moglie, nessuno ipo-udente. Racconta: “Io per fortuna ero un rompiscatole, e quando mi hanno chiuso in istituto non smettevo di piangere. Così mia madre mi ha portato qui e ho imparato a muovere le corde vocali”. Lo prendono in giro: sarà anche nato sordo, ma adesso non smette mai di parlare. Alessandra, mamma di Francesca, 7 anni, dice: “A sette mesi emetteva solo dei suoni, come un animale. Mi chiedevo: mi chiamerà mai mamma?”. La chiama mamma eccome, ora; e non è la sola parola che dice. Giuseppe Gitti, che dirige il centro e che insegna all’università, spiega che quello che ha cambiato la prospettiva sono “le protesi acustiche e la cultura dell’integrazione”.

Gitti ha lavorato con don Milani a Barbiana, poi a lungo in un istituto per sordi, e proprio lì ha deciso che avrebbe dovuto inventare qualcosa di diverso. Il risultato, ad esempio, è Francesca. Che fa la quarta liceo scientifico dai Salesiani e che racconta: “Dopo vorrei fare qualcosa nella moda, disegno vestiti da quando ero bambina. Ma magari prima mi laureo in architettura”. Parla del futuro, il passato non importa. Il passato è passato, no?

Era il giugno del ’90; aveva sei mesi e, ricorda adesso Lorena, sua madre, quel vestitino bianco con i papaveri rossi: “Battevo le mani e vedevo che non si girava”. Pochi mesi dopo una diagnosi confermerà i dubbi: Francesca è sorda. Sordità bilaterale profonda. Lorena: “È stato un colpo: senti una voragine che ti inghiotte. La prima immagine è stata la mia bambina che parlava a gesti, come i sordomuti del mio paese”. Sono passati diciassette anni – di protesi, logopedia, fatiche, angosce – ma non è andata così: Francesca parla. Come tutti, è andata alla scuola pubblica; ha preso il certificato al British, in camera ha le coppe vinte con la squadra di sci e la sciarpa dei Viola, quella che mette per tifare con gli amici allo stadio.

Alle parole di Ferrero, Lorena salta su: “Se mia figlia avesse imparato a muovere le mani, non sarebbe la ragazza che è. Sarebbe come i sordi del mio paese: isolata, emarginata, uguale solo a quelli come lei. E diversa da tutti gli altri”. Francesca a 9 mesi ha messo la protesi e fino ai 9 anni, ogni giorno, il suo dopo-scuola è stata un’ora di logopedia. Poi il lavoro a casa, giochi con la mamma: gli oggetti in una mano, il loro nome pronunciato con chiarezza. Alle elementari aveva un’insegnante di sostegno: “Poverina – racconta adesso – mi coccolava in continuazione. Come fossi scema”. Imparare a sentire e a parlare è stato faticoso: “Adesso quello che non capisco bene è la tivù: è come se sentissi quella dei vicini tenuta a volume troppo alto, ma il professore che spiega filosofia non è un problema”.

Anche loro, i Pulcinelli, scoperta la sordità si sono trovati di fronte al bivio: imparare comunque a parlare oppure scegliere la lingua dei segni? “Che voleva dire: aiutare mia figlia a vivere nel mondo di tutti o spingerla nel ghetto?”. Di là Francesca chiacchiera con la sua migliore amica; il sabato va al pub con la compagnia; tra due anni sarà all’università; poi cercherà un lavoro. Come tutti i ragazzi della sua età.
Fonte: Repubblica.it

Il metodo “tedesco” di Samuele Heinicke, educatore dei Sordi, uno dei padri del medoto orale, noto oppositore al metodo “francese” di Carlo Michele De L’Epee, educatore e fondatore dell’Istituto dei Sordi a Parigi
(immagine inviata da Giuseppe Bolzoni)


Sordomuti, la guerra dei Segni. Comunicato Stampa ENS

L’Ens nei suoi 75 anni di vita mai ha ingaggiato guerre ideologiche su ciò che è o deve essere la persona sorda! Per questa ragione, sorprende e indigna l’articolo strumentale di pag.17 de La Repubblica dove tra l’altro vengono elencate una serie di situazioni e circostanze non veritiere e strumentali.
Senza scivolare nella polemica, va subito detto che è umanamente comprensibile il terrore  della fiadda  – da sempre contraria alla Lingua dei Segni – di veder riconosciuta con una legge la predetta lingua, utilizzata in ogni contesto socio -culturale-educativo, dalla stragrande maggioranza dei Sordi e da un numero sempre crescente di udenti operatori in settori diversificati del sociale, sanitario, nonchè del mondo accademico e medico scientifico.

L Ens pertanto contesta in toto la contrapposizione fittizia che la fiadda cerca di dare all opinione pubblica riguardo la sordità e chiunque ne è colpito.
Primo punto: non chiamateci SORDOMUTI!  Abbiamo fatto del termine una questione di civiltà e di diritti e con Legge n.95 del 20/02/2006 SIAMO SORDI E BASTA!
Secondo punto: lo screening, è un obbligo per lo Stato che ogni Regione disponga di Centri altamente qualificati e all avanguardia per la diagnosi precoce, lo screening neonatale per tutti i bambini che presentano patologie sospette e/o genetiche di tal natura, INDIPENDENTEMENTE DALLA SCELTA RIABILITATIVA DELLA FAMIGLIA;
Terzo punto: prima la parola, NO, PRIMA LA PERSONA, I SUOI DIRITTI, IL SUO ESSERE! Il che significa che al centro del progetto di vita del bambino, qualunque sia la SCELTA della famiglia va rispettata la sua essenza di  ESSERE UMANO!
Quarto punto: lingua di stato, in nessun disegno di legge,in ogni richiesta dell Ens MAI è stato chiesto il riconoscimento della LIS quale lingua di Stato ma LINGUA DI MINORANZA, quale strumento di integrazione e di inclusione sociale delle persone sorde che LIBERAMENTE SI RICONOSCONO E UTILIZZANO LA LINGUA DEI SEGNI, scientificamente LINGUA visiva con tutte le caratteristiche delle altre lingue vocali,così come ampiamente riconosciuto in 44 paesi del mondo, nonchè da due risoluizioni del Parlamento europeo, da trattati internazionali, nonchè dalla recente Convenzione ONU sui diritti delle persone con Disabilità;
Quinto punto: minoranza/etnia; il mondo dei sordi esiste al di là del fatto che piaccia o no ed esiste perchè esiste un sentimento di Comunità, esistono norme di comportamento, Valori caratterizzanti, usi, struttura sociale, linguaggio ed Arte; esiste una STORIA dei Sordi che è patrimonio di tutta l Umanità.

Ed infine la storia di Francesca….. usata ad arte per persuadere che SOLO la PAROLA è integrazione.
Può essere, ma storie diverse da Francesca vanno raccontate per far conoscere il rovescio della medaglia; sordi nativi e non, (come la sottoscritta) che hanno fatto un percorso diverso da quello di Francesca, che li ha portati oggi ad essere persone perfettamente integrate e che, grazie alla lingua dei segni hanno raggiunto ottima competenza del “parlato” e dello scritto, ma non per ciò rinnegano la loro identità di persone!
Smettiamola di innescare crociate e guerre ideologoche che non portano da nessuna parte, i percorsi educativo/riabilitativi sono possibili e alternativi, l’Ens chiede RISPETTO, LIBERTA DI SCELTA, CHIEDE CHE IL RICONOSCIMENTO DELLA LINGUA DEI SEGNI ITALIANA POSSA ESSERE STRUMENTO LEGITTIMO DI PIENA CITTADINANZA PER LE PERSONE SORDE NELLA SCUOLA, NEL LAVORO, NELLA FORMAZIONE, NEI MEDIA, IN POLITICA! CHE I CITTADINI SORDI SI SENTANO LIBERI DI VIVERE COME TUTTI  e non “cloni” di modelli stereotipati!
La nostra rivendicazione è il RICONOSCIMENTO DELLA LINGUA DEI SEGNI per chiacchierare con gli amici, per andare a ballare, per esserCI nella vita della comunità, per prendere decisioni politiche, per decidere della nostra qualità della vita, per amare e per dissentire, nel rispetto delle differenze che sono RISORSA e ricchezza per ciascuno e per l’intero Paese. Infine BASTA CONSIDERARE LA SORDITA’ COME MALATTIA E IL SORDO COME PERSONA DA CURARE!!
Ida Collu, sorda profonda dall’ età di cinque anni, Presidente Nazionale dell ENS


La risposta del Ministro Ferrero all’intervista di Stefano Carreda su Il Manifesto del 31 marzo 2007.
Oggi siamo impegnati nel tentativo disporre un disegno di legge sulla questione della lingua dei segni (Lis), un argomento sul quale non sono mancate le polemiche anche fra le stesse associazioni. Deve essere chiaro che per noi la Lis non deve affatto sostituire le politiche che puntano a rimuovere il problema all’origine. Vogliamo cioé che il ddl sia in grado da un lato di valorizzare tutti gli elementi possibili di educazione che possano permettere il raggiungimento di una comunicazione verbale (sopratutto nel bambino, che deve essere aiutato giù in età precoce), e dall’altro che si riconosca ufficialmente anche la Lingua dei Segni. Ci sembra questo in modo corretto per affrontare la questione”  – Fonte: Il Manifesto


 

 La solita storia!
Il conflitto del “pro” e “contro” della lingua dei segni nell’attività didattica e pedagogica speciale non é una novità per il mondo dei Sordi. Vedi la nota del Congresso Internazionale degli Educatori dei Sordi a Milano nel 1880.
Da quella decisione in poi la Comunità Sorda continua ad usarsi la propria lingua difendendo, fino all’ultimo osso, tutto il suo patrimonio culturale, linguistico e storico. Leggiamo, fra l’altro, l’articolo dell’Educatore dei Sordi Prof. Arrigo Saggion.

Solita storia perché è da secoli che si polemizza sul metodo da usare per i nostri ragazzi sordi: se quello orale o quello dei gesti. Roba vecchia: se ne parlava già nel ‘600. Oggi l’evoluzione, il progresso tecnico, lo sviluppo sociale ha portato qualcosa di nuovo? Direi di sì. Almeno una maggior apertura di colloquio, di sensibilità verso i fratelli sordi. A questa apertura deve corrispondere un più doveroso impegno da parte dei giovani sordi per affrontare la società che ora più di allora s’interessa di loro. Il lavoro, le comunicazioni, le situazioni varie della vita devono impegnare di più e facilitare questa comprensione e l’inserimento sociale.
Un mezzo utile per questo inserimento è la lettura labiale: il sordo deve trovare facile leggere sulle labbra degli altri, come sulle pagine d’un libro. Lo sforzo oggi di questa lettura labiale è tanto più necessario quanto più la vita e la società si aprono ad accogliere il sordo. Non si può pretendere che gli udenti imparino i gesti dei sordi, anche se la trasmissione televisiva del martedì ha suscitato un certo interesse per questi simboli tracciati nell’aria, Molto più utile sarebbe invece una trasmissione con le didascalie, come avviene facile per il sordo abituarsi ai movimenti labiali degli amici, delle persone che incontra, con le quali può parlare, colloquiare con una certa bravura.
A questo proposito è anche da tener presente i rovinosi effetti grammaticali, sintattici, stilistici e lessicali che reca con sé la mimica.
Essa uccide la grammatica, non coniuga un verbo; non ha punteggiatura, ha gesti uguali per parole spesso anche differenti. I sordi devono usare del gesto come un grande amico della parola, ma non un amico insostituibile, non un amico unico.
L’utilità del gesto tra i sordi è stata sempre dimostrata in vari congressi anche internazionali. Ma si tenga presente, e con ragione, con le due forme di espressioni sono inscindibili. La parola però esprime il pensiero, il gesto lo commenta. Il gesto non deve mai sostituire la parola. Sono due anici, la parola e il gesto che vanno benissimo d’accordo, ma p il gesto che ha sempre bisogno della parola. Essi sono fenomeni sincronici, concomitanti e spesso espressione anche del carattere. Le persone loquaci gestiscono di più, quelli silenziose di meno. Ma imparino i nostri giovani sordi a parlare di più. E’ il consiglio che io do sempre a loro: amici, parlate. Oggi in un mondo dove le chiacchiere sono perfin troppe, almeno servano ai nostri fratelli sordi per esprimere una parola più assennata e precisa.
Mi fa sempre ridere l’aneddoto riportato da una rivista australiana dei sordi. Durante un viaggio della Regina Elisabetta d’Inghilterra in Australia, fu programmata una visita ad un Istituto i sordi. C’era un’afa terribile e tutti si stringevano attorno alla Regina per salutarla e stringerle la mano. Il duca Filippo, marito della regina, sempre premuroso ed attento, notò che la regina sembrava stancarsi. Le si fece vicino e le bisbigliò qualcosa all’orecchio. Immediatamente, con meraviglia del duca e imbarazzo della regina, tutti i giovani sordi scoppiarono in una sonora risata. Il duca Filippo aveva dimenticato che i giovani sordi erano abilissimi nel leggere sulla labbra e avevano perfettamente capito quello che aveva bisbigliato all’orecchio della regina: «Avanti, patatina, scuotiti e prendi un’aria un po’ più energica!»
La parola e la lettura labiale per voi amici sordi, sono un mezzo insostituibile, sono tesori preziosissimi che vi arricchiranno di coraggio e di personalità. Fonte: La Settimana del Sordo, 1976. – nw220 (2007)


Newsletter della Storia dei Sordi n.220 del 6 aprile 2007

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