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La mia esperienza sulla sordità

La mia esperienza sulla sordità. “Io mi chiamo Marco e sono sordo impiantato. Adesso sono diventato bilingue: ho imparato l’italiano e la lingua dei segni. Prima non conoscevo la LIS ma soltanto parlavo. Quando ero un bambino, avevo le difficoltà a scuola.

Perché:
– stavo insieme agli amici udenti. Quando parlavano, non capivo niente;
– quando la maestra spiegava, non seguivo;
– ero solo in classe. Io e i miei compagni comunicavamo poco;
– la scuola diceva che la LIS non serviva niente.

Quando facevo il primo superiore del Liceo classico Rende, in provincia di Cosenza, sono affiancato dall’assistente alla comunicazione, che si chiama Teresa. Lei mi ha insegnato la lingua dei segni. Grazie alla LIS, la vita è cambiata e ho imparato velocemente.

Ad esempio, ho aperto il libro. Mentre leggevo, ho visto una parola “ospitalità”, che il significato non conoscevo. I professori mi hanno spiegato, ma non capivo e avevo i dubbi. Per questo ho chiesto all’assistente alla comunicazione, lei mi ha spiegato e mi ha dato un segno “ospitalità” e poi ho capito perfettamente il significato di questa parola. Grazie ai segni.

A tutti i sordi consiglio di imparare la LIS. Alcuni dottori e alcune famiglie dicono che i sordi segnanti parlano male o dimenticano l’italiano. Ma non è vero, io ho provato: non ho dimenticato l’italiano. Al contrario il mio italiano è migliorato. L’impianto serve sicuramente. La vita migliora, ma la sordità rimane, impossibile guarire, e le difficoltà delle comunicazioni rimangono. Non capisco perché gli udenti possono parlare 2, 3 lingue e i sordi no?”

Marco e’ sordo, ma la sua insegnante di sostegno lo umilia
Frequenta il quarto anno di un liceo di Rende (Cs). Per la sua disabilità gli é stata assegnata un’insegnante di sostegno sin dalla scuola dell’infanzia. Per fortuna nel tempo lui ha fatto grandi progressi ma rimangono problemi dal punto di vista della comunicazione. Per questo da qualche anno oltre al canale vocale orale segue anche la lingua dei segni come misura compensativa. Così può usufruire anche di un assistente alla comunicazione (figura prevista dalla legge 104/92).

In realtà l’unica figura a lui necessaria è proprio quella dell’assistente alla comunicazione. Questo però non garba alle istituzioni che proteggono la figura ministeriale (insegnante di sostegno) a discapito dell’assistente alla comunicazione.

Nessuna sorpresa. La sorte di Marco é la sorte di tutti i ragazzi sordi. Il loro parere non conta. Sono destinati a essere dei mediocri perché senza un assistente alla comunicazione non sono in grado di comprendere l’informazione in tutte le sue sfaccettature é come se noi dovessimo vivere sempre in un ambiente dove le persone si esprimono in una lingua diversa dalla nostra. Detto questo, sentite cosa é capitato.

Marco doveva conferire in letteratura inglese, e ha chiesto di poter fare una prova scritta (la legge 104 prevede la possibilità di prove equipollenti che mettano il disabile in grado di svolgere le verifiche in situazione di pari opportunità). Il ragazzo preferisce così perché pur avendo imparato a parlare ha qualche problema di pronuncia anche in italiano, figuriamoci in inglese. Ma di fronte a questo desiderio, peraltro legittimo e tutelato dalla legge, l’insegnante di sostegno si è opposta. Dice, l’insegnante in questione, che Marco può conferire oralmente perché è come gli altri. E dice che l’insegnante di inglese vuole a tutti i costi valutare la sua pronuncia… La pronuncia di un ragazzo disabile. Mi fermo qui.

Lascio giudicare voi perché non ci sono parole per esprimere tutto il disagio provocato da questa situazione. Voglio solo denunciare il comportamento di queste insegnanti. Voglio chiedere loro, chiedere a tutti voi, per quale ragione Marco è stato sottoposto ad una così grande umiliazione.

Voglio denunciare la loro incompetenza, la loro superficialità e la leggerezza che le ha contraddistinte nel contravvenire alla legge. Perché non hanno tenuto conto, al di là di tutto, che Marco é un ragazzo di 18 anni ed il suo pensiero merita rispetto?

Occorre che questo problema già venuto a galla tante volte venga sollevato ogni volta con sempre maggiore determinazione. Questa non è una scuola inclusiva. È semmai una scuola che penalizza il disabile. Marco, i tanti Marco della scuola italiana, spesso sono affidati alle ”cure” degli insegnanti di sostegno. Ci si dimentica però che tutti i ragazzi, e anche i ragazzi come Marco, vanno a scuola per imparare. Non per essere curati. Ma la storia si ripete. Tutti danno lezioni, ma nessuno, a quanto pare è abbastanza umile da impararla.
Valeria Valeri. Da Il Garantista del 29 gennaio 2015

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Assistente alla comunicazione

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