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L’Uomo della Carità – Il Servo di Dio Mons. Giovanni Antonio Farina (1803-1888)

L’Uomo della Carità. Il Servo di Dio Mons. Giovanni Antonio Farina (1803-1888). Vescovo e Fondatore. Profilo biografico spirituale apostolico articolo di Gianna Rosa Stermini. (Vicenza, 1989, Tipografia La Grafica Veneta)

Domenica 4 novembre 2001 il Papa Giovanni Paolo II ha elevato agli altari Monsignor Antonio Farina (1803-1888), noto per aver fondato, nel 1836 la Congregazione delle “Suore Maestre di S. Dorotea – Figlie dei SS. Cuori per l’educazione delle fanciulle povere abbandonate ed anche l’Istituto “EFFETA” per sordomuti e ciechi. Suor Gianna Rosa Stermini, Superiora dell’attuale Congregazione, dove hanno preso il velo anche due reverende sordomute, le Suore Vittorina Carli e Tina Tarantino, ha voluto ricordare la figura di Monsignor Farina con un agile volume, “L’uomo della carità”, dove in 254 pagine suddivise in tre parti, presenta Monsignor Farina sotto il profilo biografico, spirituale e apostolico.

Uomo della caritàNella prima parte, l’autrice traccia una approfondita biografia di mons. Farina e della sua volontà e capacità persuasiva di creare l’Istituto con istitutrici, le «Suore Maestre» che sapessero dare il loro massimo impegno con generosità e di «…non accattare la collaborazione di persone che lavoravano per un salario…». La seconda parte del libro narra della spiritualità di Giovanni Farina come uomo, sacerdote, vescovo e Fondatore di una Istituzione che, dopo 150 anni, può ora considerarsi una inventiva del coraggio della carità. La terza parte del libro tratta il «Profilo apostolico di Monsignor Farina», dove è rappresentato con una particolare sensibilità caritativa che l’ha portato a comprendere, quando s’imbatté con la miseria della fanciullezza, che solo l’istruzione poteva riservare un futuro dignitoso per quelle bimbe, essendo l’ignoranza una cattiva compagna dell’ozio, del vizio, del male. Istruire significa illuminare e aprire le intelligenze al vero e al non vero, al bello e al non bello, ossia promuovere la formazione umana, cristiana, sociale della donna, iniziando dall’infanzia. Quando, nel 1840, i genitori di una bambina sordomuta chiesero a don Farina, per la loro figliola, istruzione ed educazione, il prelato accolse la bimba nel suo istituto ed assicurò i genitori che si sarebbe occupato di lei. Non perse tempo, cercò subito chi aveva una certa esperienza sulla menomazione uditiva e si impegnò egli stesso ad apprendere il metodo per comunicare con i sordomuti, quindi avviò una scuola specializzata per sordomute, che considerava le più trascurate fra le giovani abbandonate a se stesse. Nell’archivio dell’Istituto Farina, in Contrà San Domenico, a Vicenza, si sono trovati documenti e schemi di allora: “metodo di istruzione per le sordomute”, “orario settimanale per la scuola delle sordomute”, “elenco completo delle sordomute accolte nell’Istituto di S, Dorotea in Vicenza”, tutti dell’anno scolastico 1844-45, e già allora oltre cento erano le allieve sordomute accolte da don Farina. Nel libro è narrato anche che fra gli educatori del tempo si fa vivace il dibattito sul metodo più appropriato per insegnare ai sordomuti, e Farina partecipa ai dialoghi con maestri quali il Provolo di Verona e il Fabiani di Modena. Anche nell’Istituto Farina, pertanto, era ed è riconosciuto necessario, per i sordi, saper parlare, per non correre il rischio di divenire dei disadattati nella società per il solo difetto di udito: ma tutti i sordomuti e le sordomute usciti dall’Istituto di Marola (Vicenza) sanno parlare sia a voce sia a segni, ed anche le due giovani suore sorde “Maestre di Santa Dorotea e figlie dei Sacri Cuori”, Vittorina Carli e Tina Tarantino, che domenica 7 ottobre hanno presentato pubblicamente il libro, hanno parlato a voce per chi le poteva ascoltare, e a Segni per i molti sordi e sorde, per la maggior parte ex allieve dell’Istituto.

rc009 (2001)

Farina Giovanni Antonio (Santo)

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