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Santuario della Madonna di Ariadello in Soresina (Cremona)

Sorge a 2 chilometri da Sorsina nella provincia di Cremona, in piena campagna. L’origine è collegata alla guarigione operata dalla Madonna col Bambino (esistente sotto un porticato) della figlia sordomuta del marchese Pietro Maria Barbò.  La prima pietra fu posta l’11 maggio 1864.   Da “Santuari mariani legati alla storia dei sordomuti”

 

Il significato della preghiera a Maria:
La devozione verso la Madre del Signore diviene per il fedele occasione di crescita nella grazia divina: scopo ultimo, questo, di ogni azione pastorale. Perché è impossibile onorare la “Piena di grazia” (Lc 1, 28) senza onorare in se stessi lo stato di grazia, cioè l’amicizia con Dio, la comunione con lui, l‘inabitazione dello Spirito. Questa grazia divina investe tutto l’uomo e lo rende conforme all’immagine del Figlio di Dio (cfr Rom 8, 29; Col 1,18). La Chiesa, basandosi sull’esperienza di secoli, riconosce nella devozione alla Vergine un aiuto potente per l’uomo in cammino verso la conquista della sua pienezza. Ella, la Donna nuova, è accanto a Cristo, l’Uomo nuovo, nel cui mistero solamente trova vera luce il mistero dell’uomo, e vi è come pegno e garanzia che in una pura creatura, cioè in lei, si è già avverato il progetto di Dio, in Cristo, per la salvezza di tutto l’uomo.

All’uomo contemporaneo, non di rado tormentato tra l’angoscia e la speranza, prostrato dal senso dei suoi limiti e assalito da aspirazioni senza confini, turbato nell’animo e diviso nel cuore, con la mente sospesa dall’enigma della morte, oppresso dalla solitudine mentre tende alla comunione, preda della nausea e della noia, la beata Vergine Maria, contemplato nella sua vicenda evangelica e nella realtà che già possiede nella Città di Dio, offre una visione serena e una parola rassicurante, la vittoria della speranza sull’angoscia, della comunione sulla solitudine, della pace sul turbamento, della gioia e della bellezza sul tedio e la nausea, delle prospettive eterne su quelle temporali, della vita sulla morte.
Sigillo della nostra Esortazione ed ulteriore argomento del valore pastorale della devozione alla Vergine nel condurre gli uomini a Cristo, siano le parole stesse che Ella rivolse ai servitori delle nozze di Cana: “Fate quello che Egli vi dirà “(Gv 2, 5); parole, in apparenza, limitate al desiderio di porre rimedio a un disagio conviviale, ma, nella prospettiva del quarto Evangelo, sono come una voce in cui sembra riecheggiare la formula usata dal Popolo di Israele per sancire l’alleanza antica, o per rinnovarne gli impegni, e sono anche una voce che mirabilmente si accorda con quella del Padre nella teofania del monte Tabor: “Ascoltatelo! “. Da Il parroco don Irvano


Il rinnovamento della Chiesa e il culto della Madonna
Il culto della Madonna ha origini molto lontane poiché affonda le radici nei primi secoli del Cristianesimo. Quando ai segni religiosi pagani si vanno sostituendo quelli cristiani, l’immagine della Madonna è subito la più diffusa a rappresentare il bisogno della protezione divina e di una mediatrice tra Dio e il fedele. La Vergine è raffigurata in tutti gli aspetti più cari della devozione mariana e soprattutto più vicini alla sensibilità popolare: la maternità, la bontà, il dolore, la misericordia. Agli inizi del ‘500, la crisi della Chiesa e del papato, l’incertezza dottrinale, la corruzione dei costumi, la diffusione delle eresie, portano alla grande protesta di Lutero che, nel tentativo di un ritorno all’autentico cristianesimo del Vangelo, nega dogmi della fede come l’Eucarestia, il sacerdozio, la divina maternità della Madonna, il culto dei santi e della Vergine come intermediari presso Dio.
Dopo la scomunica di Lutero nel 1521, la Chiesa cattolica sente la necessità di convocare un concilio che, dopo molti ostacoli e opposizioni, si apre a Trento nel 1545 con lo scopo di definire le dottrine da credere, i dogmi da confermare e le eresie da condannare.
Dopo il Concilio di Trento la Chiesa di Roma, per riaffermare il suo primato, ravvivare la fede e confermare le istituzioni negate dai protestanti, incoraggia ogni forma di devozione, soprattutto quella della Madonna e dei santi. S. Carlo Borromeo, dopo aver contribuito in modo determinante alla conclusione del Concilio, provvede a renderne esecutive le deliberazioni e in Lombardia promuove la realizzazione dei suoi grandi ideali di vescovo e di pastore; l’amore della chiesa e l’amore del popolo.

San Carlo vuole riformare la Chiesa in tutti i suoi aspetti della vita spirituale: rinnovamento morale e culturale del clero, rafforzamento della Fede con le pratiche di culto e con la frequenza ai Sacramenti, riavvicinamento del popolo a Dio con le devozioni della Madonna, dei Santi e delle Reliquie.
A qualche decennio dal Concilio di Trento il rinnovamento della vita religiosa è riscontrabile anche nel territorio soresinese con un rapido intensificarsi delle attività di culto, delle pratiche devozionali, assistenziali e caritative.
Sono erette numerose confraternite laiche; sono edificati quattro conventi di ordini religiosi; sono costruite cinque chiese previa demolizione dei piccoli oratori preesistenti o ex novo.
Agli edifici sacri maggiori, santuari, chiese parrocchiali, oratori, monasteri, si aggiunge la grande quantità di manufatti e di costruzioni minori: cappellette votive, santelle e immagini dipinte sia nell’abitato che nella campagna circostante. Una visione topografica complessiva della dislocazione dei luoghi di culto maggiori e minori ci permette di riconoscere anche sul territorio soresinese un reticolo di sacralizzazione come era nel progetto di San Carlo.

 
Lo spazio sacro e i luoghi di culto
Nei primi decenni del Seicento le nuove strutture sacre lasciano sia nel territorio urbano che in quello rurale un’impronta così profonda che rimarrà per secoli.
Chiese, parrocchie, monasteri, oratori, cappelle fanno dell’abitato quasi un’unica chiesa dove tutto il popolo può pregare.

Il progetto del Borromeo organizzato secondo una precisa gerarchia simbolica è un reticolo di sacralizzazione ai cui vertici sta il santuario o la chiesa parrocchiale, poi le chiese minori da cui si diramano le trame di tutta l’architettura e l’iconografia religiosa minimale fatta di cappellette e immagini affrescate sui muri.

Tutta questa struttura è a sua volta legata da quei fili connettori che sono i percorsi delle processioni e i percorsi delle rogazioni che legano come in un tessuto spirituale gli elementi maggiori ai minori segnandone le dipendenze gerarchiche. Non c’è spazio nel territorio abitato in cui non si faccia sentire l’influenza protettiva di qualche presenza religiosa.

Gli edifici sacri più importanti rientrano nel disegno progettuale del Borromeo, la grande quantità di quelli minori si sviluppano in maniera autonoma e spontanea perchè si innestano sulla tradizione popolare che risale alla storia più remota dell’umanità e della sua religiosità.

In S.Carlo vescovo l’imperativo religioso ed apostolico era infatti quello di aiutare gli uomini a vivere il Cristianesimo anche mediante il segno del sacro: questa opera si estende in maniera capillare nel riassetto fisico, religioso ed artistico del territorio.

Così quei segni che ripropongono tutto un bagaglio religioso caro al mondo cattolico e combattuto dai protestanti, vengono esaltati non solo dalla predicazione popolare e dall’opera pastorale dell’arcivescovo, ma anche dall’aspetto del paesaggio stesso che va modificandosi. Anche questo coinvolgimento del paesaggio dà originalità e grandezza al processo organizzativo del Borromeo.

Nel suo progetto anche i pellegrinaggi devono costituire un filo di collegamento e di saldatura tra i vari luoghi di culto per completare quel reticolo di sacralizzazione teso ad occupare tutto lo spazio religioso.

Il culto delle immagini nella devozione popolare
Nella devozione popolare i Santi sono coinvolti nei bisogni più elementari della sopravvivenza; le ricorrenze dell’anno liturgico sono sincronizzate sul ritmo del lavoro dei campi e le scadenze della vita rurale vengono contrassegnate dal nome di un santo.

Tanta familiare devozione ai santi soprattutto alla regina di tutti i santi, la Beata Vergine Maria, trasforma il paesaggio rurale con una costellazione di cappelle, edicole, croci, immagini dipinte che sono le ultime terminazioni capillari di quel reticolo sacro che era nel progetto borromaico di sacralizzazione del territorio.

Questo bisogno istintivo di manifestare la propria fiducia nell’aiuto di Dio e dei suoi santi, di avere vicino un segno della loro presenza e della loro benevolenza anche al di fuori della chiesa, nell’ambiente dove si vive e si lavora, spiega il sorgere delle immagini sacre all’aperto. La santella diventa un punto di riferimento ambientale ed una componente caratteristica del nostro paesaggio; è la meta di manifestazioni devozionali anche comunitarie.

La gente dei campi, da sempre esposta a mille avversità, vi accorre a cercare aiuto e protezione, a pregare per i guai personali o per scongiurare un comune pericolo ed in primavera, con la processione delle rogazioni per sentieri campestri, ad implorare la pioggia o il sereno o il buon raccolto.

Dopo il Concilio di Trento, con nuovo impulso in funzione antiprotestante al culto dei Santi e della Madonna, anche queste forme di devozione popolare, le santelle e le immagini dipinte, si moltiplicano in maniera autonoma e spontanea fino a marcare coi segni del sacro tutto lo spazio urbano ed extraurbano; sono i luoghi dove il popolo trova uno sbocco semplice e naturale alla propria fede, dove i fedeli di un territorio rinsaldano i rapporti personali con un forte senso di solidarietà. La devozione determina uno spazio sacro che, con una dimensione prevalentemente spirituale, si estende a tutta l’area nella quale la devozione si è diffusa.

Nel progetto di S. Carlo Borromeo per la sacralizzazione del territorio il santuario occupa il vertice del reticolo piramidale dei luoghi di culto.

Questa supremazia è intuibile perché, mentre per una chiesa urbana o parrocchiale lo spazio sacro è limitato dalla giurisdizione pastorale, per un oratorio dalla partecipazione confraternale, lo spazio sacro del santuario si estende a tutto il territoro che si riconosce nella stessa pratica devozionale.
Ariadello: da Santella a Santuario
Il santuario di Ariadello nel territorio soresinese rappresenta dal punto di vista artistico e religioso l’evoluzione ultima della santella. Le motivazioni della costruzione di questo santuario sono tramandate solo da una forte e costante tradizione popolare. La presenza di ruderi di un antico edificio in un campo del fondo di Ariadello di proprietà della famiglia Barbò, feudataria di Soresina, è indicata già nelle carte di Antonio Campi nel 1583. .

 Famiglia Barbò.

Sulla parete di un portico di quei ruderi è dipinta una Madonna col Bambino ritenuta miracolosa e fatta oggetto di particolare devozione dagli abitanti delle vicine cascine e del borgo.

Nel caso di Ariadello l’intervento finanziario del nobile Barbò feudatario del luogo, dopo la miracolosa guarigione della propria figlia sordomuta, permette il rapido passaggio dalla santella a santuario con la costruzione della chiesa.

La prima notizia documentata della vicenda è del 26 settembre 1663 quando il capitano Pietro Maria Barbò, fratello del marchese Giovanni Battista istituisce un ” beneficio semplice ” per l’altare maggiore della costruenda chiesa, dotandolo di un cospicuo patrimonio terriero.

L’11 maggio 1664 il parroco di Soresina don Orazio Malossi pone la prima pietra della chiesa che viene benedetta il 30 maggio 1666. Sull’ altare maggiore viene trasportato il lacerto di muro dell’antico portico con l’originaria immagine della Madonna col Bimbo. Nel settembre 1670 viene costruito un portico per i pellegrini accanto alla chiesa e nel 1674 la comunità di Soresina dona al santuario il terreno per la costruzione dell’abitazione del custode eremita.

Il santuario, nonostante la profonda trasformazione nell’assetto rurale, conserva ancora il senso del luogo remoto e le caratteristiche originali: il portico dei pellegrini sul fianco della chiesa, lo spazio antistante delimitato da paracarri e da grandi alberi, la strada sterrata che ancora si snoda in aperta campagna, tra rogge e siepi di sambuco, per collegarlo al paese.

Come il santuario è un ponte tra la fede spontanea popolare e la divinità, che spesso scavalca la stessa mediazione della gerarchia ecclesiastica, così anche gli aspetti artistici accorciano i comuni cammini culturali dell’arte scegliendo espressioni più immediate e spontanee con un linguaggio primitivo e sincero: gli ex voto.

Una espressione di arte popolare: gli ex voto.
Gli ex voto sono l’elemento artistico che esalta la devozione popolare, documentano materialmente l’avvenuto scioglimento, da parte del devoto, della promessa fatta alla Madonna nel momento del bisogno. Gli ex voto di Ariadello ancora esistenti sono circa una ottantina e ci permettono di ripercorrere la storia del santuario dal ‘600 al ‘900.

Sono purtroppo scomparsi alcuni tipi di ex voto usati per attestare una malattia o una menomazione superata: occhi, cuori, polmoni, fegati, soprattutto arti che venivano riprodotti in cera, legno o gesso; protesi e attrezzi sanitari divenuti inutili dopo la grazia ricevuta come le stampelle che si appendevano alle pareti della chiesa. La gratitudine era espressa anche col dono di oggetti preziosi come lampade votive, portaceri, paramenti sacri, pizzi e tovaglie ricamate per l’altare.

Gli improvvisati pittori si esprimono con spontaneità ignorando le convenzioni stilistiche della loro epoca, preoccupati solo di rappresentare il fatto miracoloso con fedeltà ed esattezza. Queste tavolette, aldilà dell’aspetto devozionale, hanno un valore di documento storico perché offrono, con ricchezza di particolari, informazioni sugli usi, sui costumi, sull’ambiente di lontane epoche storiche.

Il più vistoso ex voto conservato nel santuario è un grande dipinto di un certo pregio artistico, unica testimonianza del fatto miracoloso che motivò la costruzione della chiesa: la parola riacquistata dalla figlia sordomuta del feudatario Marchese Pietro Maria Barbò.

Le tavolette votive di Ariadello, dipinte in gran numero negli anni successivi alla fondazione del santuario (com’è documentato nel verbale della visita pastorale del Vescovo Visconti nel 1688) consentivano di ricoprire tutte le pareti della chiesa stessa.

Questo vasto patrimonio si è enormemente assottigliato per varie cause: il disinteresse e l’incomprensione per opere considerate arte minore, per la crescente appetibilità nel piccolo mercato antiquario, per l’utilizzo dell’edificio sacro come lazzaretto nel 1817.

Gli ex voto: documento storico di ambienti e costumi
Diversi ex voto del ‘600 sono eseguiti con una certa finezza come dimostra la tavoletta della signora Lucia Valcarengha con le figlie, smilze figure nelle vesti aristocratiche dell’epoca. Gli anonimi pittori mettono in evidenza la posizione sociale dei devoti raffigurati, differenziando i ceti di appartenenza col fasto degli abiti e degli interni, con precisi riferimenti alla vita quotidiana come uno scorcio di bottega o un’indicazione paesaggistica.

Questi dipinti ci dicono come vestiva la popolazione soresinese due, tre secoli fa, come funzionava un mulino a macine o quale fosse la foggia di un calesse di famiglie ricche. Da queste tavole si possono trovare informazioni preziose sul mondo rurale. Protagonisti di tanti fatti miracolosi sono spesso gli animali scampati a pericoli di morte o a malattie, per intercessione della Beata Vergine.

Gli animali, unica risorsa per il lavoro e il sostentamento della povera gente, sono cari quanto le persone. In un ex voto del 1662 il devoto Gaspar Zuc prega in ginocchio per la mucca e il vitello, in un altro un asino gronda sangue sotto gli occhi della Vergine, in un altro ancora un uomo che tiene per mano un bambino e un cavallo per la cavezza, invoca la protezione della Vergine su una mandria di mucche bianche.

Una serie di tavolette mostra l’intervento della Madonna sulle conseguenze drammatiche di cavalli imbizzarriti, di carretti rovesciati, di ” incidenti stradali ” o di lavoro. Notevole è la tavoletta settecentesca della signora in atto di trattenere i cavalli del proprio biroccino per non travolgere un viandante; quella del fulmine che penetra nella stalla e risparmia i cavalli; quella del contadino atterrato da un toro gigantesco.

Le stesse formule iconografiche si ripetono e propongono continuamente il confronto fra il quotidiano e il soprannaturale: la scena umana è rappresentata nella parte inferiore del dipinto, in alto a sinistra l’intervento rassicurante della Madonna col Bambino, nella luce che squarcia le nubi, affiancata da S. Antonio col giglio o da S. Francesco, chiara testimonianza della presenza a Soresina dei tre conventi francescani impegnati nella diffusione del culto mariano. In particolare i Minori Osservanti del convento di S. Francesco degli Argini che avevano la direzione spirituale del Santuario.

Mutano ambiente e riferimenti storici ma non cambia in questi dipinti naif ante litteram, il rapporto dell’uomo col sacro, il bisogno istintivo del cielo dal quale dipende la vita umana.
Gli ex voto: testimonianza di fede
L’ex voto è la dimostrazione di un rapporto personale che si stabilisce tra devoto e santo e rappresenta l’intervento del protettore celeste come risposta ad un’invocazione: il protettore è raffigurato uscente dalle nuvole del cielo mentre il devoto in stato di necessità è raffigurato in atto di invocazione. Spesso a lato sta un intercessore, un parente, un santo protettore, le anime del purgatorio. Nel ridimensionamento post tridentino anche la devozione per le anime purganti diventa divulgatissima ed entra come termine di mediazione abbastanza frequente nella devozione popolare.

La tavoletta presenta in questi casi tre zone distinte: da un lato in basso le anime purganti in atto di intercedere, in mezzo la scena del devoto in pericolo, dall’altro lato in alto in una sfolgorante luce tra le nubi, il Soggetto che elargisce la grazia.

Il dipinto siglato Gio. Mon. ne è un bellissimo esempio: un sacerdote prega inginocchiato nell’angolo di un locale disadorno attraverso la finestra del quale si profila un sereno paesaggio con nubi ed alberi mentre al di sopra appare la Vergine con S. Antonio e in basso in una vampata di fiamme si levano come faville le anime del purgatorio.
Con molta semplicità il pittore avvicina la terra al cielo e accomuna nella preghiera il devoto con le anime purganti alla Vergine.

Il prezioso contributo alla storia miracolosa della Madonna di Ariadello
Già nella grande pittura del ‘ 500 troviamo tele di autori illustri che possono essere considerate degli ex voto col devoto in preghiera davanti al santo che concede la grazia (ex voto possibili solo ai ricchi ).
Nel ‘600 la tavoletta votiva diventa nella maggior parte dei casi un genere di devozione a sé stante, con un proprio linguaggio e propri strumenti espressivi: elementare, rozza, primitiva, perfettamente popolare.
Per ogni grazia ricevuta un ex voto; ogni graziato o miracolato si sdebita con la pubblicazione del proprio caso che si inserisce nella storia delle mille vicende miracolose del santuario, rafforza la devozione, esalta il potere taumaturgico della Madre celeste.
Una collezione di ex voto va considerata documentazione della tradizione della vita religiosa del santuario e costituisce la rappresentazione simbolica dei suoi fasti.
La storia dei singoli devoti beneficati contribuisce alla storia più generale dell’immagine prodigiosa e della sua leggenda. Questo diventa ancora più evidente quando l’ex voto assume la forma di un cuore d’argento: nella serie di cuori tutti uguali è accomunata ed assorbita completamente la storia dei singoli fedeli graziati per diventare solo gloriosa storia dell’immagine.
Gli ex voto contribuiscono a creare l’atmosfera particolare del santuario, luogo privilegiato dove il miracolo entra nella vita dèl quotidiano ed hanno la specifica funzione di testimoniare e dimostrare la premurosa presenza divina nelle vicende umane.

Edizioni il Galleggiante : stampato nel Maggio 2001. Compendio storico e apparato iconografico a cura dell’architetto Rinaldo Vezzini

Fonte: www.digilander.libero.it/crsoresina/chiese/ariadello.htm
Altre foto del Santuario: www.suresina.it/Soresina_Ariadello.htm


 Il Santuario della Madonna di Ariadello
in Soresina, Cremona

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