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Disabili e media, ancora non ci siamo

Disabili e media, ancora non ci siamo. Non solo scalini e porte strette. Le barriere, per i disabili, non sono solo architettoniche. Anche l’accessibilità ai media è spesso problematica. Accessibilità intesa come fruizione dei mezzi di comunicazione, dalla tivù a internet.

Ma anche come attenzione che i media prestano ai temi della disabilità. Proprio per superare questi ostacoli è nato il Tavolo permanente di confronto attorno al quale siedono Consiglio nazionale degli utenti (Cnu), Autorità delle comunicazioni (Agcom) e le due federazioni delle associazioni dei disabili Fish e Fand, le due sigle che raccolgono tutto l’associazionismo di settore.

Due i punti all’ordine del giorno decisi alla prima riunione di ieri. Il primo è una rilettura analitica delle tante carte dei servizi delle aziende che erogano servizi pubblici, per rilevare se gli impegni assunti sono stati rispettati. Il secondo è un albo dei referenti della comunicazione delle associazioni delle persone con disabilità.

I disabili in Italia sono circa tre milioni e di questi il 20% ha un pc e cerca di usare internet e gli altri media. «Ma la loro accessibilità – dice il presidente del Cnu Luca Borgomeo – è una delle criticità emerse».

La legge Stanca 4/2004 ad esempio prevedeva il pieno accesso ai disabili dei siti della pubblica amministrazione e dei servizi pubblici, ma solo il 5% ­secondo il Cnu – adempie alle norma. «L’altra criticità denunciata dalle associazioni – aggiunge Borgomeo – è la rappresentazione superficiale e spesso non corretta della disabilità nei media». Giornali e tivù spesso si occupano del problema solo per i casi eclatanti di discriminazione o di falsa invalidità.

Dice Giulio Nardone, presidente dell’Associazione disabili visivi: «Siamo noi i primi a condannare i falsi invalidi e chi li certifica. Ma attenzione ai ‘falsi­falsi invalidi’». E cita il cieco accusato di truffare perché sorpreso a infilare da solo le chiavi nella toppa: «Lo faccio anch’io tutti i giorni». Nardone chiede anche di «cancellare la definizione ‘diversamente abili’: io non sono diversamente vedente, sono cieco. Siamo persone con disabilità, come ci definiscono le Nazioni unite».

Fonte: L’Avvenire.it

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